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considerazioni 203

era uso che il sacrifizio si facesse sopra una cagna e non sopra un cane maschio. In conseguenza della confusione suddetta si perdette la purezza della tradizione e con essa quella del rito; già ai tempi di Vespasiano, se non prima, nelle Robigalia fu permesso di sacrificare un cane maschio, invece della cagnetta prima usata. Così almeno credo di dover intendere quanto scrive Columella nel suo poemetto già citato De cultu hortorum, (vv. 338-343):

Ipsa nova artes varia experientia rerum
Et labor ostendit miseris, usunque magister
Tradidit agricolis, ventos sedare furentes
Et tempestatem Thuscis avertere sacris.
Hinc mala Rubigo, virides ne torreat herbas
Sanguine lactenis catuli placatur et exitis.

Il qual passo riceve un’indiretta conferma dall’attestazione di Plinio contemporaneo di Columella circa l’uso dei piccoli cani nei sacrifizi: Mares catuli placandis numinibus hostiarum vice tenentur; ergo non solum hostorum pestes sed etiam numinum iras catulis evitamus.

5. Or basti di questi riti canicolari e ritorniamo ai testi di Orazio e di Seneca addotti in principio, come argomenti circa il color rosso di Sirio. Per quanto concerne Orazio, i versi già citati dell’ode 29a del libro III:

....Jam Procyon furit
Et stella vesani Leonis,
Sole dies referente siccos.

mostrano che egli era persuaso dell’influsso estifero di Procione cioè della stella rappresentante in cielo la cagna Mera di Erigone e in terra la cagna rossa dei Robigalia. Adunque nella sua rubra canicula che per effetto del calore findit infantes statuas, plausibilmente si potrebbe ravvisare la stella Procione. Per quanto sappiamo, questa non era rossa ai tempi d’Orazio, come non lo è adesso. Ciò non impedì il Poeta di applicare ad essa il color rosso della cagna Robigale, che simbolicamente la rappresentava. L’uomo che scrisse:

....pictoribus atque poetis
Quidlibet audendi semper fuit aequa potestas.