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362 | o giovannino o la morte |
— Sei cattiva: me lo darai un’altra volta — disse lui, ridendo un poco, per celare il suo imbarazzo.
Rientrarono, senz’altro. Ma la fanciulla disse che era stanca e che voleva andare a letto. In verità, da quella sera non trovò più sonno: il suo eccitabile temperamento, esaltato dal dolore e dall’amore, non le faceva aver pace. La notte riaccendeva il lume, passeggiava per la stanza, scriveva, poi lacerava le lettere piene di strazio che le uscivano dalla penna, dirette a Giovannino. Metteva la testa nella catinella dell’acqua fredda, per calmarsi: un brivido gelato la colpiva. Talvolta, dietro la porta, sentiva un lieve passo. Era Carminella che dormiva poco discosto e che veniva, a piedi scalzi, a origliare.
— Signorina?
— Che?
— Vi sentite male?
— No: ma non posso dormire.
— Ditevi le orazioni.
— Le ho dette.
— Ditele un’altra volta.
— Niente ci può, Carminella, niente ci può.
— Raccomandatevi alla Madonna.
— Si è scordata di me.
— Non parlate così.
— Buona notte.
— Buona notte. Dio vi guardi.