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ii - rime varie | 159 |
CCLXXVII
Per la guarigione dell’Emo e di un Tiepolo.
Porgi man, Febo, a l’erbe, e con quell’arte,
che suol render altrui salute e vita,
il mio buon Emo e ’l Tiepol nostro aita,
due che tengon di noi la miglior parte;
e l’empia febre e le reliquie sparte,
onde han la faccia pallida e smarrita,
sia da lor, tua mercé, tosto bandita,
se disii presso noi famoso farte.
Sí vedrai poi d’incensi e d’odor vari
e di votive tavole e di segni
carco il tuo tempio e’ tuoi sacrati altari;
et udrai mille e mille chiari ingegni
dir le tue lode e i fatti egregi e chiari,
onde fra gli altri dèi lodato regni.
CCLXXVIII
Encomiastico, ad Elena Barozzi Centani.
Ninfe, che d’Adria i piú riposti guadi
sacre abitate, e tu, dea degli Amori,
che da quest’acque prima uscisti fuori,
care sí che ’l tuo Cipro men t’aggradi,
a’ modi adorni a meraviglia e radi,
a la maggior beltá ch’oggi s’onori,
al soggetto piú degno di scrittori,
pur che sia stil ch’a sí gran segno vadi,
a la Barozza, a cui nulla è seconda,
dei piú ricchi tesor, che ’l mar vostro aggia,
ornate il crin e l’aurea treccia bionda.
E lungo questa erbosa e chiara spiaggia
canti l’una di voi, l’altra risponda,
la vostra donna bella, onesta e saggia.