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155 ATTO VANNUCCI - DISCORSO SU TACITO

bile arte ad una sublime moralità si rende benemerito del genere umano a difesa del quale fa risonare la sua potente voce nel mondo cangiato dalla tiranide in vasto e silenzioso deserto. E ogni studio adoprò perchè la sua parola riuscisse efficace. Vide che in quel tempo nè l’ira contro il male nè l’amore del bene potevano podurre nessun effetto sopra uomini corrottissimi se non si rivestivano di una parola energica e di un fiero stile che scotesse le fantasie con terribili imagini. Perchè si dette a cercare e creare le brevi e le forti espressioni che energicamente significassero i suoi vigorisi concetti, e fece dell’arte il suo Dio. Molto meditò ed osservò i casi umani: molto studiò gli storici antichi, gli oratori e i poeti per trovare in essi aiuto a ritrarre la vita e le grandi miserie dei popoli com’ei le sentiva. Nella prima gioventù si era esercitato nell’eloquenza e avea scritto il Dialogo sugli oratori, ove con stile abbondante e sonoro satireggiò i costumi, il gusto e l’educazione del suo tempo piuttostochè discorrere delle particolarità dello stile. Nelle mani di quest’uomo anche le disputazioni rettoriche divenivano questioni morali e politiche. Quando poi applicò l’animo a scrivere le Storie e gli Annali, sulle particolarità dello stile e della dizione fece lunghi e accuratissimi studi. Dopo aver meditato gli scrittori consultava gli amici e sopratutti l’amicissimo Plinio, a cui come discepolo a maestro mandava i suoi scritti, e caldamente il pregava di correggerne ogni difetto, di aggiungervi ciò che mancava e di torne via il superfluo. E Plinio amorosamente porgevasi all’opera e ne faceva un titolo della sua gloria.

Così il genio e l’arte coltivata con lungo e infaticabile amore insegnavano a Tacito quello stile che è tutto suo e che viene dalla sua anima fortemente temprata. Quando la paura, la schiavitù e la tirannide avevano colla mo-