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156 ATTO VANNUCCI - DISCORSO SU TACITO

rale corrotto anche lo stile degli scrittori, Tacito serbandosi virtuoso preservò anche i suoi scritti dalla corruzione comune. Egli provò splendidamente la verità di quella sentenza, che per essere un buono scrittore, prima di tutto, bisogna essere un uomo onesto. La sua lingua prende qualità dalla forza e dalla virtù del suo cuore: pure non è la lingua elegante e spontanea dei tempi migliori, e non può esserlo. A ciò si opponevano i tempi mutati, il declinare del gusto, e la necessità che stringe gli uomini tutti a risentire l’influenza del secolo in cui sono vissuti. Egli lottò di tutta sua forza contro il vizio e la corruzione, ma questa lotta lo tenne in siffatta violenza che la sua lingua e il suo stile non poterono non averne l’impronta. Pone grande studio nella ricerca delle forme più brevi ed energiche: e questo medesimo studio lo porta sovente ad asprezze, a troppo ricercate espressioni, a modi contorti, a mettere il suo pensiero tanto lontano che non è dato vederlo se non agli sguardi più acuti. Ma per questa medesima via si conduce a virtù splendidissime, e spesso è grande e sublime per quella concisione che forma una delle nobili qualità del suo genio. Concepisce fortemente il suo pensiero e lo disegna a grandi tratti, e lo esprime compiutamente con una brevità senza pari. Con una parola sa fare un ritratto: con una frase ti mette il fremito e il terrore nell’anima. Non si vide mai più felice arditezza nelle espressioni: niuno scrittore conobbe meglio il segreto di avere più pensieri che parole, e di dar coll’espressione novità a pensieri non nuovi. Nel tempo stesso che in alcuni luoghi col soverchio ardimento fa sentire la decadenza del gusto, in altri è creatore di espressioni e di modi che danno alla lingua nuova energia senza allontanarla dalla sua semplicità primitiva. Alla portentosa sua brevità trovò modo di accoppiare lo