Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) V.djvu/212

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ORESTE 209


elettra

Ahimè!
Esser potrà che un sol ferro ne uccida,
sola un’arca di cedro i corpi accolga?

oreste

Caro l’avrei; ma nello stesso tumulo
chi ci porrà? Ben pochi son gli amici.

elettra

E non s’adoperò, non perorò
perché la morte tu schivassi, il tristo
Menelao, traditor del padre nostro?

oreste

Neppure si mostrò; ma, volta avendo
ogni speranza sua verso lo scettro,
si guardò bene dal salvar gli amici.
Ma via, si muoia nobilmente, e in guisa
d’Agamènnone degna. Alla città
quale io mi sono mostrerò, nel fegato
immergendomi il ferro; e tu conviene
ch’abbia coraggio al mio simile. O Pilade,
e tu presiedi al nostro eccidio, e i corpi
dei defunti componi, e presso recali
alla tomba del padre, e seppelliscili.
E salve. Io muovo, ben lo vedi, all’opera.

Euripide - Tragedie, VI - 14