Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) V.djvu/214

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ORESTE 211

O caro nome d’amicizia, addio:
Tu lo puoi pronunciare, e non piú noi:
ché privi sono d’ogni gioia i morti.

pilade

Dai miei disegni erri lontano assai.
Né la fertile terra alla mia salma
ricetto dia, né l’etere lucente,
se mai ti tradirò, se pormi in salvo
e abbandonarti potrò mai. L’eccidio
compiei con te, con tua sorella insieme:
devo morir: ché sposa mia la reputo,
poi che le nozze ne accettai. Che cosa
d’onesto dir potrei, quando tornato
fossi dei Delfi alla contrada, acropoli
dei Focesi, quand’io, che amico t’ero
prima della sventura, or che colpito
t’ha la sventura, non ti fossi amico?
Esser non può: con voi debbo morire;
e se moriamo insiem, cerchiamo il modo
che Menelao debba con noi soffrire.

oreste

Oh veder tanto, o caro, e poi morire!

pilade

Credimi, attendi prima di trafiggerti.