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Pagina:Troya, Carlo – Del veltro allegorico di Dante e altri saggi storici, 1932 – BEIC 1955469.djvu/213

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manorum: la famosa legge cioè di Costantino del 321, la quale si legge nei codici teodosiano e giustinianeo, e che permette: 1. ai padroni laici con qualunque sorta di parole d’affrancare i servi circa l’altare; 2. agli ecclesiastici d’affrancarli con qualunque atto che fosse per causa di divozione (religiosamente). Dopo il 721 adunque, non altrimenti che dopo la conversione dei longobardi al cattolicismo, gli ecclesiastici furono e gli scribi ed i giudici di siffatte manomissioni: delle quali se bisognava scrivere l’atto ad istanza del padrone longobardo, egli è chiaro che tale atto si scriveva secondo le forinole, cioè secundum legem Romanorum. Ciò, ripeto, è chiaro, da per sé: ma eccone due esempi non conosciuti dal Savigny.

1. In quello stesso anno 721 Pertuald, ricco longobardo lucchese, fatto piú ricco pei doni dei re longobardi, parti verso Roma in pellegrinaggio. Ritornato a Lucca fondò e dotò il monastero di san Michele (Berlini, tom. I, doc. n. XXXVI): ma poiché aveva due figli ai quali era per legge destinata una parte delle sue sostanze, cosi vi fu bisogno della sottoscrizione e del consenso loro per la fermezza dell’atto. Consentono dunque i figli Sundipert e Peritheo; e questo consenso basta per dimostrare che questa era famiglia longobarda, nella quale non il testamento paterno, ma la legge sola regolava la successione. Or questo Peritheo figlio di Pertuald divenne vescovo di Lucca; e nel 778 fece il suo testamento (Bertini, tom. I, doc. n. LXXXVI) dove parla dei suoi aldi, ciò che meglio dimostra essere stato egli un possessore longobardo. Ma questo possessore longobardo perché vescovo, manomette alcuni suoi servi, dichiarandoli simili a qualunque romano piú nobile. Or come un longobardo poteva conferire una cittadinanza che non aveva? Se un padrone ripuario poteva conferire la cittadinanza romana ai suoi servi, ciò era per una espressa legge d’eccezione pubblicata fra i ripuari (tit. LXI mercé l’apertura delle porte): la quale eccezione punto non leggesi fra i longobardi, ed è anzi solennemente riprovata dalle leggi 226 e 227 di Rotari. Come, ed in virtú di qual legge adunque il vescovo Peritheo affrancava i servi senza condurli nella chiesa? La legge di