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DI ALCUNI CAMBIAMENTI DI VOCALE PRODOTTI DALL’ACCENTO MOBILE.


Lo spostarsi dell’ accento da una in un' altra sillaba produce nella formazione dei verbi della l'ooniugazione un cambiamento della vocale a tematica in e, tutte le volte che esso da quella vocale si trasporta nella seguente. Cosl l'a di Cantate diviene e in Canterò, e Oantcrèi e loro persone, e solo rimane nella prima e seconda persona del plurale dell' im- perfetto: Camawîmo, Caniavlîte: dal che alcuni inferiscono, che non Cantavzîrm) ne Cim- tauîtc, ma Cantrîrmno e Cantdvatc si dovrebbe pronunziare, come in realtà si pronunzia nel comune linguaggio.

Lo stesso mutamento in luogo dell’ accento produce mutazione di vocale nella prima sillaba di tre verbi, i quali sono Oda, Esca e Devo. Finché adunque l' accento si mantiene nella prima sillaba, si mantiene anche la vocale o od a: ma passando oltre l’accento, l'0 di Oda e l’e di Esco si mutano in u, e l’e di Devo in o. Cosi: Oda, odi, ode, Udiuma, udita, odono. l'divo, ec. L'dirci, ec. l'dirò, e L'drò, ec. Udissi, ec.——Esw, esci, esce, Usciamo, uscite, escano, ec. Usciva, ec. Uscirà, ec. L'scisin', ec. -— Devo, devi, deve, Dobbiamo, dovete, devono. Dovevo, ec. Baretti, ec. Dovrò (sincope di Dorerò). Dovessi, ec.

DELL’ E E DELL’ O APERTI O CHIUSI, DELLA S E DELLA Z DOLCI O ASPRE.


È veramente per inon Toscani e più per gli stranieri una grave difficoltà dare il con- veniente suono alla pronunzia dell'6 e dell' a, dell'5 e della c ; poicliè quelle due vocali debbono essere pronunziato con suono ora aperto ed ora. chiuso, e queste due consonanti con suono ora dolce ed ora aspro. Le regole che si danno nei soliti trattatelli di pronunzia giovano a poco, poiché sono adogate in un mare d‘ eccezioni, ed oltre a ciò sono adatto materiali. Il meglio sarebbe accordarsi a fare uso di qualche semplice segno, che deter- Ininasse la pronunzia.

Rispetto all’2 e all’0 fino dal secolo decimoscsto si senti la necessita di un segno qual- siasi. Primo il Trissino introdusse l'r, e l‘a) de’ Greci per denotare l’e e l’a aperti, e Ii usò nella stampa de’ proprj scritti, volgendosi con un’ Epistola a Clemente VII, in cui pre» gara Sua Santità a dare ordine che questi nuovi caratteri fossero adottati nelle stamperia. Ma come il Trissino era trivigiano, così molte e e molti o divennero, secondo la pronunzia sua, di chiusi aperti, c di aperti chiusi. A lui si oppose con una dissertazione il giovane fiorentino Lodovico Martelli, dimostrando vana e ridicola la invenzione, e poi, con più ca- lore, Agnolo F irenzuola nel discorso 11 discacm'ammlo delle nuove lettere, come contrarie alla- sexnplicita e alla naturalezza dell’ antico e comune alfabeto toscano. Anche Claudio Tolomei, senese, volle tentare qualche modo per distinguere il doppio suono delle due vocali, scri- vendole di tondo nel carattere corsivo, e di corsivo nel carattere tondo. Nel 1544 Neri Dor- selata di Firenze, pubblicando la traduzione del commento di Marsilio I‘icino sul Convito di Platone, pose un accento sulle due vocali di suono aperto. Finalmente Antommaria Sal- vini, cercando di provvedere allo stesso bisogno, contrassegni) nella sua versione dell’Op- piano l’c e 1’ o aperti con un accento circonfimsso; né mamx‘) chi proponesse di scrivere le due vocali aperte con lettera di forma maiuscola. Quanto all’3 e alla z, non trovo che si pensasse in passato ad alcun mezzo per distinguemc il suono dolce od aspro.

Di tutti i modi proposti e tentati, il solo ragionevole ed accettabile sarebbe quello del Dorselata, vale a dire segnare con accento grave l’a e l‘ o larghi; e quanto all’3 e alla z, quello che modernamente si usa in multi vocabolaij, vale a dire, segnarle con un punto»