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M’accolse in grembo, in duo piedi m’alzai,
     Inchinò il suo bel labbro al labbro mio:
     Quando volea baciarmi, io mi svegliai.


XXIX.


La prima volta, che io m’avvenni in quella
     Ninfa, che il cor m’accese, e ancor l’accende,
     Io dissi: è Donna, o Dea Ninfa sì bella?
     Giunse dal prato o pur dal Ciel discende?
5La fronte inchino in umil atto, ed ella
     La mercè pur d’un sguardo a me non rende,
     Qual vagheggiata in Cielo o Luna o Stella,
     Che segue altera il suo viaggio, e splende.
Chi detto avesse a me! costei ti sprezza,
     10Ma un dì ti riderai del suo rigore:
     Che nacque sol per te tanta bellezza.
Chi detto avesse ad Essa! il tuo bel core
     Sai chi l’avrà? Costui ch’or non t’apprezza
     Or negate i miracoli d’amore!


XXX.1


Un giorno a’ miei pensier disse il cor mio:
     Fidi pensier, che mi sa dir di voi
     Quanta è la gloria de’ beati Eroi,
     E come stansi in Ciel gli Angeli e Dio?
5Ah non potete far pago il desìo!
     Stefano vide aperto il Ciel, ma poi
     Tutto ei non disse: e fe’ ritorno a noi
     Paolo, e si tacque; onde dispero anch’io.
Mentre pur fissa era mia mente in quelle
     10Forme, a cui l’uman senso indarno aspira
     Tanto comprese men quanto più belle,
Disse la Fama: e che? tuo cor sospira
     Scorgere il Ciel qual’è sopra le stelle?
     Vanne sul Ronco, entra nel Tempio, e mira.


  1. Per la Cupola della Catt. di Forlì dipinta da Carlo Cignani.