Pagina:La secchia rapita.djvu/213: differenze tra le versioni
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Versione delle 20:26, 24 gen 2012
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200 | CANTO |
XLIII.
345Il Conte dicea lor: Mirate bene,
Perchè la sopravvesta è insanguinata:
E non dite così per darmi spene;
Chè già l’anima mia sta preparata.
Venga la sopravvesta: e quella viene,
350Nè san cosa trovar di che segnata
Sia, nè ch’a sangue assomigliar si possa,
Eccetto un nastro o una fettuccia rossa
XLIV.
Ch’allacciava da collo, e sciolta s’era,
E pendea giù perfino alla cintura.
355Conobber tutti allor distinta e vera
La ferita del Conte e la paura.
Egli accortosi alfin di che maniera
S’era abbagliato, l’ha per sua ventura;
E ne ringrazia Dio, levando al cielo
360Ambe le mani e ’l cor con puro zelo;
XLV.
E a Titta e alla moglier sua perdonando,
Si scorda i falli lor sì gravi e tanti;
E fa voto d’andar pellegrinando
A Roma a visitar que’ luoghi santi,
365E dare intanto alla milizia bando
Per meglio prepararsi a nuovi vanti.
Così il monton che cozza, si ritira,
E torna poi con maggior colpo ed ira.
XLVI.
Ma come a Roma poi gisse, e trattasse
370In camera col Papa a grand’onore,
E l’alloggio per forza ivi occupasse
Nell’albergo real d’un mio signore;
E quindi poscia in Bulgaría levasse
Colla possanza sua, col suo valore
375A quel becco del Turco un nuovo stato,
Fia da più degno stil forse cantato: