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Pagina:Poe - Storie incredibili, 1869.djvu/93: differenze tra le versioni

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tristo e pertinace fosse una specie di epilessia, che il più delle volte mutavasi in catalessi. Catalessi perfettamente simile allo stato di morte, da cui ella talvolta destavasi come di soprassalto, spaventala e lassa. Contemporaneamente, il mio proprio male (era stato assicuralo, essere della stessa origine) cresceva rapido rapido, sino a che — aggravandosi per un immoderato uso di oppio — prese in fine il carattere d’una monomania tutta straordinaria e nuova. D’ora in ora, di minuto in minuto la sua energia cresceva, e col volger dei dì giunse a tale che nella più singolare ed incomprensibil maniera dominava tutto il povero mio individuo. Questa monomania — giacchè è necessario la chiami con tali parole, — consisteva in una morbida irritabilità delle facoltà dello spirito, stato che in linguaggio filosofico si chiama facoltà d’attenzione. Probabilmente io non sarò qui compreso, o ben poco; ma temo davvero di trovarmi nell’assoluta impossibilità di dare alla comune dei lettori un’idea esatta di questa nervosa intensità d’interesse con cui nel mio caso (per evitare termini tecnici) la facoltà meditativa si fissava e si approfondava nella contemplazione degli oggetti i più volgari della vita.
tristo e pertinace fosse una specie di epilessia, che

il più delle volte mutavasi in catalessi. Catalessi
Indefessamente meditare per lunghe e lunghe ore condensando l’attenzione su qualche nota puerile tra il margine di un libro o l’intervallo del testo; restare intieramente assorto, la maggior parie del giorno, in un’ombra bizzarra obbliquamente projettantesi su’ damaschi polverosi, sul pavimento tarlato; lasciarsi ire per una notte intiera a fissare la fiamma vibrante di una lampada o le bragie rosseggianti del camino; fantasticare continui e {{Pt|con-|}}
perfettamente simile allo stalo di morte, da cui ella
talvolta destavasi come di soprassalto, spaventala
e lassa. Contemporaneamente, il mio proprio male
(era stato assicuralo, essere della slessa origine)
cresceva rapido rapido, sino a che — aggravandosi
per un immoderato uso di oppio — prese in line
il carattere d’una monomania tutta straordinaria e
nuova. D’ora in ora, di minuto in minuto la sua
energia cresceva* e col volger dei di giunse à tale
che nella più singolare ed incomprensibil maniera
dominava lutto il povero mio individuo. Questa
monomania — giacché è necessario la chiami con
tali parole , — cpnsislcva in una morbida irrita¬
bilità delle facoltà dello spirilo, stalo che in lin¬
guaggio filosofico si chiama facoltà d’attenzione.
Probabilmente io non sarò qui compreso, o ben
poco; ma temo davvero di trovarmi nell’ asso¬
luta impossibilità di dare alla comune dei lettori
un’idea esatta di questa nervosa intensità d' inte¬
resse con cui nel mio caso (per evitare termini
tecnici) la facoltà meditativa si fissava e si appro¬
fondava nella contemplazione degli oggelli i più
volgari della vita.
Indefessamente meditare per lunghe e lunghe ore
condensando l’attenzione su qualche nota puerile
Ira il margine di un libro o l’intervallo del lesto;
restare intieramente assorto, la maggior parie del
giorno, in un’ombra bizzarra obbliquamenle pro-
jetlantesi su’damaschi polverosi, sul pavimento
tarlalo; lasciarsi ire per una notte intiera a fissare
la fiamma vibrante di una lampada o le bragie-
rosseggiami del camino; fantasticare continui e con-

Versione delle 22:02, 17 ago 2016


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tristo e pertinace fosse una specie di epilessia, che il più delle volte mutavasi in catalessi. Catalessi perfettamente simile allo stato di morte, da cui ella talvolta destavasi come di soprassalto, spaventala e lassa. Contemporaneamente, il mio proprio male (era stato assicuralo, essere della stessa origine) cresceva rapido rapido, sino a che — aggravandosi per un immoderato uso di oppio — prese in fine il carattere d’una monomania tutta straordinaria e nuova. D’ora in ora, di minuto in minuto la sua energia cresceva, e col volger dei dì giunse a tale che nella più singolare ed incomprensibil maniera dominava tutto il povero mio individuo. Questa monomania — giacchè è necessario la chiami con tali parole, — consisteva in una morbida irritabilità delle facoltà dello spirito, stato che in linguaggio filosofico si chiama facoltà d’attenzione. Probabilmente io non sarò qui compreso, o ben poco; ma temo davvero di trovarmi nell’assoluta impossibilità di dare alla comune dei lettori un’idea esatta di questa nervosa intensità d’interesse con cui nel mio caso (per evitare termini tecnici) la facoltà meditativa si fissava e si approfondava nella contemplazione degli oggetti i più volgari della vita.

Indefessamente meditare per lunghe e lunghe ore condensando l’attenzione su qualche nota puerile tra il margine di un libro o l’intervallo del testo; restare intieramente assorto, la maggior parie del giorno, in un’ombra bizzarra obbliquamente projettantesi su’ damaschi polverosi, sul pavimento tarlato; lasciarsi ire per una notte intiera a fissare la fiamma vibrante di una lampada o le bragie rosseggianti del camino; fantasticare continui e con-