A voi men vegno al fine, a voi men vegno

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Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Letteratura A voi men vegno al fine, a voi men vegno Intestazione 28 luglio 2023 75% Da definire

Inclita Ninfa del'Argivo Ismeno Come dall'Oriente aprendo al Sole
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni eroiche di Gabriello Chiabrera


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XCII

AL SERENISSIMO GRAN DUCA DI TOSCANA

FERDINANDO II.

Per Firenze disappestata1.

A voi men vegno al fine, a voi men vegno,
     Amatissimo giorno,
     Care rive dell’Arno, a voi men vegno;
     E d’edera Dircea le tempie adorno.
     5Lieto, qual nuovo sposo,
     Impenno giocondissime parole;
     E con Dedaleo piè tesso carole
     Sotto alloro frondoso.
Antistrofe.
E perchè non cantar? sorge tra rose
     10La ben fregiata Aurora,
     Che d’ambrosia del Ciel son rugiadose;
     E ricco di più raggi onde s’indora
     La region celeste,
     Febo lucente la stagion rimena,
     15Sicchè Firenze mia torna serena
     Fuor di nubi funeste.
Epodo.
Talor su nostre colpe il gran Tonante
     Dal ciel fulmine vibra,
     E di giusto furor turba il sembiante,
     20E mostra chiaramente al popol rio,
     Chi dell’altrui fallir non prende obblio.
Strofe.
Le Ninfe di Sïon, coro verace,
     Se a’ lor cari concenti
     Rivolgiamo la mente, unqua nol tace:
     25Ecco Davidde numerò sue genti,
     Vago d’onor, ma forte
     Spiacque nel Ciel la vanità superba,
     E fra’ popoli suoi, come fra l’erba
     Regnò falce di morte.
Antistrofe.
30Cadeano madri, vedovelle, infanti,
     Alcun non fu sicuro,
     Da per tutto correva onda di pianti:
     Di foltissimi guai nuvolo oscuro
     Gerusalem coperse,
     35Venuta specchio d’ogni doglia al mondo;
     E vero fu, che d’ogni doglia in fondo
     Misera si sommerse.
Epodo.
Ma qual prendo cammino! ah che travio:
     Su quella grave etate
     40Lungo il Giordano il Regnator fu rio,
     Ma sul fresco dolor, che tanto crebbe,
     Per certo il nostro re colpa non ebbe.
Strofe.
Inghirlandato i crin sul fin degli anni
     Presso il Rettor de’ cieli,
     45Non sa lingua trovar, che lo condanni;
     Bear con larga mano i suoi fedeli,
     Dar bando a’ giorni armati,
     Se guernito d’acciar Marte risona;
     Tenere in seggio Astrea di sua corona
     50Son sì fatti i peccati.
Antistrofe.
Per noi fu, che dall’alto ira cadesse,
     Noi gli sfrenati e gli empi,
     E con virtute i nostri error corresse,
     Porse verace di pietate esempi,
     55Non paventò periglio,
     Ma le forze di Lachesi sostenne,
     Ed agli altrui martir manco non venne
     Con opra e con consiglio.
Epodo.
O dell’amabil Cosmo amato erede,
     60Cui sul punto di morte,
     Quasi astro di salute il Ciel ne diede;
     Qual farem risonar per tua memoria
     Sulle cime di Pindo inni di gloria?
Strofe.
Dell’ampio Nilo memorabil’onde
     65Egitto have a bastanza;
     Ne per suo scampo cerca piogge altronde;
     Noi paghi appien di tua gentil possanza
     Tuffiam dentro di Lete
     Di stranieri conforti ogni vaghezza;
     70E quinci ognor sentiam d’alta dolcezza
     Farsi l’anime liete.
Antistrofe.
Or quaggiù cresca suo valor, siccome
     Di Libano sul monte
     Cedro, che a meraviglia alza le chiome:
     75E come presso mormorar di fonte
     Bel Platano, che invita
     L’orme posar di Peregrino stanco;
     Ed ei s’adagia, indi, allenato il fianco,
     Lodandol fa partita.
Epodo.
80Ma come chiudi tu, popol Tirreno,
     Tanta ventura in petto,
     Ed alla lingua non disciogli il freno?
     Per minore cagion vantossi Delo,
     Che in lei nascesse il Sol pregio del cielo.

Note

  1. È la peste che desoló l’alta Italia e Firenze nel 1630. Dal Belvedere, in cui dimorava il Granduca, ogni giorno usciva per fare il giro della città a cavallo, invigilando ai provvedimenti di sanità. Seimila e novecento persone perirono vittima del contagio.