Ahi lasso! or è stagion di doler tanto (Lucas)

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Guittone d'Arezzo

XIII secolo Indice:The Oxford book of Italian verse.djvu Poesie Duecento Ahi lasso! or è stagion di doler tanto Intestazione 18 febbraio 2022 100% Poesie

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(A Firenze, dopo la rotta di Montaperti)

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A
HI lasso! or è stagion di doler tanto

A ciascun uom che ben amar ragione,
               Ch’io meraviglio chi trovi guarigione
               Che morte non l’ha già corrotto e pianto,
               5Veggendo l’alta fior sempre granata
               E l’onorato antico uso romano,
               Certo per lei crudel fatto e villano,
               S’avaccio ella non è ricoverata;
               Chè l’onorata sua ricca grandezza
               10E ’l pregio quasi e già tutto perito,
               E lo valore e ’l poder si disvia.
               Ahi lasso! or quale dia
               Fu mai tanto crudel dannagio udito?
               Dio, com’hailo soffrito
               15Che dritto pèra, e torto entri in altezza?

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          Altezza tanta in la sfiorata Fiore
               Fu, mentre ver se stessa era leale,
               Che riteneva modo imperiale
               Acquistando per suo alto valore
               20Province e terre, presso e lungo, mante;
               E sembrava che far volesse impero,
               Sì come Roma già fece, e leggero
               Gli era, ciascun non contrastante.
               E ciò gli stava ben certo a ragione,
               25Chè non se ne penava a suo prò tanto
               Come per ritener giustizia e poso:
               E poi fulli amoroso
               Di far cïò, si trasse avanti tanto,
               Ch’al mondo non è canto
               30U’ non sonasse il pregio del Leone.
          Leone, lasso! or non è, ch’io lo veo
               Tratto l’unghie e li denti e lo valore,
               E ’l gran lignaggio suo morto a dolore
               Ed in crudel prigion messo a gran reo!
               35E ciò gli ha fatto chi? quelli che sono
               Della gentil sua schiatta stratti e nati,
               Che fur per lui cresciuti ed avanzati
               Sovra tutt’altri e collocati in bono.
               E per la grande altezza ove gli mise
               40Innantir sì, che ’l piegâr quasi a morte.
               Ma Dio di guerigion feceli dono
               Ed e’ fè lor perdono;
               Ed anche il rifedir poi, ma ’l fu forte
               E perdonò lor morte:
               45Or hanno lui e sue membra conquiso.
          Conquiso è l’alto Comun fiorentino,
               E col Sanese in tal modo ha cangiato,
               Che tutta l’onta e lo danno, che dato

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               Gli ha sempre, come sa ciascun latino,
               50Li rende, e prende e tolle l’onor tutto.
               Chè Montalcino áve abattuto a forza,
               E Montepulcïan miso in sua forza
               E di Maremma e Laterina ha il frutto.
               San Gemignan, Poggibonizzi e Colle
               55E Volterra e ’l paese a suo tïene,
               E la campana e l’insegne e gli arnesi,
               E gli onor tutti presi
               Have, con ciò che seco avea di bene;
               E tutto ciò gli avviene
               60Per quella schiatta ch’è più ch’altra folle.
          Foll’è chi fugge il suo prò e chêr danno,
               E l’onor suo fa che in vergogna ’i torna,
               E di libertà bona, ove soggiorna
               A gran piacer, s’adduce a suo gran danno
               65Sotto signoria fella e malvagia,
               E suo signor fa suo grande nemico.
               A voi che siete or in Fiorenza, dico
               Che ciò ch’è divenuto par vi adagia.
               E poi che gli Alamanni in casa avete
               70Servitevi ben, e fatevi mostrare
               Le spade lor, con che v’han fesso i visi
               E padri e figli uccisi;
               E piacemi che lor deggiate dare,
               Perch’ebbero in ciò fare
               75Fatica assai, di vostre gran monete.
          Monete mante e gran gioi’ presentate
               Ai Conti ed agli Uberti e agli altri tutti
               Ch’a tanto grande onor v’hanno condutti
               Che miso v’hanno Siena in potestate!
               80Pistoja e Colle e Volterra fanno ora
               Guardar vostre castelle a vostre spese,

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               E ’l conte Rosso ha Maremma e ’l paese,
               E Montalcin sta sicur senza mura;
               Di Ripafratta teme ora il Pisano,
               85E ’l Perugin, che ’l lago no’ ’i togliate.
               E Roma vuol con voi far compagnia,
               Onore e signoria.
               Or dunque pare che ben tutto abbiate
               Ciò che disiavate:
               90Potete far, cioè, re del Toscano.
          Baron lombardi, roman e pugliesi
               E Toschi e romagnuoli e marchigiani,
               Fiorenza, fior che sempre rinnovella,
               A sua corte s’appella,
               95Che fare vuol di se re de’ Toscani,
               Da poi che li Alamanni
               Have conquisi per forza e i Sanesi.