Antonio Rosmini/I

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Capitolo I

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Antonio Rosmini II


Nel dire ch’io farò di Antonio Rosmini, mi conterrò nelle cose ch’io posso attestare com’uomo che l’ha conosciuto dalla sua giovanezza; e mi sarà conforto al dolore rammentare come la vita di lui fosse tutta una tranquilla, e fin da’ primi anni preordinata, armonia.

Nato in Rovereto, l’amenità del paese cominciò bentosto a svolgere in lui il senso della pura bellezza alla quale aveva informato lo spirito e n’erano indizio i lineamenti del viso composti a modestia dignitosa, avvivati di subito rossore ch’esprimeva la schiettezza dell’anima e l’agilità del pensiero, n’era indizio la persona agile e forte, ritraente della materna delicatezza e un po’ del rigido vigore paterno. Le quali due doti si contemperarono anche nell’animo suo, e lo fecero umile nel decoro, nell’austerità mansueto. L’amore delle naturali bellezze più minute conciliavasi in lui, come suole nelle anime elette, all’amore del grande, e così un tremolare di fronde quasi vive allo spirito del vento, come l’ampio prospetto de’ poggi e de’ monti, lo commoveva. Ne’ giovanili suoi versi rammenta

. . . . . il mio dell’Adige alla sponda
Caro all’aurette mattutin passeggio

all’ombra de’ meli e de’ salici. E l’istinto e la elezione pensata, ben più che il caso, lo portarono a morire in paese ancora più ameno del suo natìo; e la Provvidenza che guida i suoi prediletti, gli diede vicino, fratello meglio che amico, Alessandro Manzoni ch’egli aveva conosciuto in Milano sin dal vensei; e mi gode l’animo ricordando che l’introduttore fui io, non ad altro titolo se non per avere conosciuto il Manzoni un po’ prima e confortatomi de’ colloqui di lui per solo merito di sua bontà sofferente. Ma d’introduttore il Rosmini non aveva di bisogno; già noto al cristiano poeta per un’operetta in cui questi sentiva il fare de’ grandi autori de’ quali la Chiesa s’onora. E il poeta ch’ebbe già co’ filosofi di Francia famigliarità, accolse, dopo meditate, le dottrine del filosofo italiano; taluna ne ha illustrata in quel dialogo che rimarrà, come tante altre delle opere sue, modello del genere, e porterà accoppiati insieme alla posterità grata due nomi per cui l’Italia è grande nel cospetto de’ popoli tuttavia. Oggetto ben meglio che di maraviglia, di consolazione per questa povera Italia da certi suoi figli più che da suoi più crudeli nemici avvilita, vedere il Manzoni ad uomo minore d’età, differente di studi e di tempera, non noto a lui da’ primi anni quando la convivenza concilia le amicizie e la lunga consuetudine le fa tenaci e indulgenti, inchinarsi con gioia piena di venerazione e di confidenza; il Manzoni inchinarglisi, quella fama così pura e splendida, antica e con tanti nuovi titoli rinfrescata e certa dell’immortalità; quella mente così forte di svariata dottrina, quella parola tuttavia virilmente potente e meglio che giovanilmente vivace, quella vita così dignitosa nella mansuetudine, quell’ispirazione così pensata, quella virtù così veggente, quella intemerata vecchiaia.