Antonio Rosmini/XVIII

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Capitolo XVIII

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XVII XIX


Ma la sua ricchezza d’idee, invece di raccorla in breve spazio, quasi monete preziose serbate agli usi di pochi più ricchi, e’ s’ingegnava spartirla in monete spicciole, e fare a tutti gli spiriti comune al possibile il commercio del vero. Nè a ciò lo portava l’ingegno per ismania di loquacità, lui che fin da’ primi studi, cerneva le idee più importanti dalle meno, e di queste liberava la memoria, acciocchè avesse di quelle più pieno dominio la mente. La sua lunghezza non è prolissità negligente e fiacca, ma diffusione che viene da diligenza paziente e da carità. Le sue dilucidazioni non sono già luoghi comuni; ma delle idee comunemente note egli fa scala a più alto, e le note così rinnovella. Più maestro dell’arte in ciò che Platone, perchè la sua arte è virtù. Lo direste talvolta perdersi nel volgare, e cominciate a temere per lui; quando a un tratto e’ si solleva, e’ vi leva di peso nel più arduo dell’idea. Siccome dal noto egli vi fa ascendere al nuovo, così delle cose note vi porge nuove ragioni dedotte dalle dottrine proprie, e, confermando vie meglio quelle, conferma nel vero la vostra coscienza. A voi pareva ch’e’ ridicesse la cosa medesima; ma quello ch’egli adesso riguarda è un altro lato della questione; ed egli ama vederne più lati; e attesta che nessun principio egli ha voluto accettare innanzi di farne la prova quasi di computo matematico, co’ precedenti principî e coi conseguenti. Una delle sue massime è: ogni classe di cognizioni sia resa ricca prima di passare ad un’altra. Chi amasse accorgersi in parte della dovizia d’idee ch’egli viene spargendo per illustrare l’idea principale, principali sovente anch’esse, dia un’occhiata all’indice delle materie che fece della Logica l’ab. De Vit, il quale nel seminario di Padova apprese e insegnò le eleganze latine e compose lavori di filologia e di storia pregevoli, e abbandonò, com’altri, gradi ecclesiastici e speranze per affrattellarsi al Rosmini. E la Logica non è de’ libri suoi più fecondi: e chi nella Psicologia segnatamente e nell’Antropologia additasse tutte le sentenze notabili che si vengono all’assunto, non sopraggiungendo per via di digressioni, ma all’intero disegno unico contessendo, farebbe apparire ancor più maravigliosa quella esuberanza di mente. E invero chi legge l’Antropologia crederebbe quello lo sforzo ultimo d’un gagliardo ingegno, nè oserebbe pretenderne la Psicologia e nè imaginarla. Le citazioni stesse de’ luoghi delle Scritture ch’egli illustrò di passaggio, ordinate, farebbero men vivo dall’un lato e più vivo dall’altro il desiderio di quel perpetuo comento della Bibbia ch’egli con la contemplazione ancor più che con la scienza, e coll’affetto dell’anima meglio che con gli studi preparava.

Nella Bibbia e ne’ Padri avendo formato l’ingegno e l’animo, ci aveva formato lo stile, non nelle estrinseche forme (che quello non è stile, è maniera, eco od ombra), ma nello spirito intimo. E coloro a cui pareva sospetta in esso la novità del linguaggio, non s’avvedevano quanto più parco egli fosse in ciò di tanti altri filosofanti non sospetti punto, quanto i modi suoi novelli consuonassero nella Italianità e nella Cristianità alle dottrine tramandate da’ secoli e al fare de’ Padri. I quali del resto hanno quasi tutti, ciascheduno fra sè, varietà nel linguaggio, e modi diversi di sentire e sovente di dimostrare la verità; i quali modi darebbero ombra a certi zelanti moderni, moderni troppo pel mal cauto amore della non bene intesa antichità. Nè soli i Padri delle prime età della Chiesa peccano di coteste varietà, le quali ad essa sono negli occhi de’ veraci amatori ornamento di vereconda ricchezza; ma tutti i grandi ingegni di cui la religione si onora, da Gregorio il grande a Bernardo, da Bonaventura al Gerdil, hanno tutti un loro fare, un loro dire proprio, il quale non fu, ch’io sappia, cagione di scandali. Il Rosmini aveva già veduto quel tanto di vero ch’è pretesto a cotesta obbiezione, e confessata la insufficienza de’ vocaboli a significare le idee in intero e in forma evidentissima a tutti; ma soggiungeva che dal contesto vengonsi a disegnare i lineamenti e i contorni d’esse idee: il che segue così nelle parole delle Scritture ispirate come nel gran libro della natura e in quel della storia; chè il valore di ciascuno elemento è determinato dal valore de’ precedenti e de’ conseguenti. Ma se dopo tanta pazienza di svolgere le proprie idee e confermarle con autorità e con ragioni, parve a taluno che il dire del Rosmini non fosse abbastanza preciso, e desideraronsi note in una nuova ristampa; cotesta dolorosa necessità gli sia scusa della lunghezza che pare soverchia, e glie la torni in onore: dacch’egli ha avverato il proverbio, e di necessità fatto propriamente virtù.