Ascensioni umane/Pro libertate e lettera aperta al Prof. L. M. Billia

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Pro libertate e lettera aperta al Prof. L. M. Billia

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Pro libertate e lettera aperta al Prof. L. M. Billia
L'origine dell'uomo e il sentimento religioso Il progresso in relazione alla felicità

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PRO LIBERTATE

E

LETTERA APERTA AL PROF. L. M. BILLIA


Ella è sempre stato così buono con me e si è occupato con benevolenza così cortese de’ miei studi sulle relazioni tra la ipotesi trasformista e la fede cristiana, quantunque non ci accordiamo interamente nelle idee, che penso di chiedere a Lei un posto nella Sua Rivista per una breve risposta ad un contradditore molto autorevole e serio nel quale mi sono incontrato.

Ella stessa alluse nel Nuovo, Risorgimento ad ostilità che mi vengono dal campo della scienza anticristiana. A questi avversari, almeno per ora, non rispondo. È il loro evoluzionismo materialista che ho combattuto; sarebbe troppo strano ch’essi non combattessero me.

Sono invece due articoli comparsi nei due ultimi numeri della Civiltà Cattolica, che m’inducono a uscire dal silenzio nel quale sinora mi sono sempre tenuto di fronte ad attacchi di credenti e di miscredenti. L’autorità di quella Rivista, il giudizio ampio e gravissimo che reca del mio discorso [p. 186 modifica]sull’Origine dell’Uomo, alcuni equivoci nei quali, forse per colpa mia, il critico è caduto interpretando il mio pensiero, mi consigliano, in questo caso, di rispondere. La mia risposta non sarà ispirata a verun risentimento personale. Esser chiamato ignorante e temerario m’importa poco, non già perchè io superbamente e falsamente mi stimi superiore a queste imputazioni, ma perchè, lo creda, ho intrapresi e condotti i miei studi sulla Evoluzione con un fervido sentimento religioso, col desiderio sincero di rendere onore a Dio in faccia ai suoi nemici e non di procacciar lodi a me. Del resto debbo anche dire che lo scrittore della Civiltà Cattolica, stimandomi ignorante e temerario, mi ha risparmiato quanto ha potuto nella espressione del suo pensiero, di che sinceramente lo ringrazio. Altri meno dotti e meno autorevoli giudici di lui furono ben più violenti.


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I.


Avrei desiderato che un periodico quale la Civiltà Cattolica, intimamente legato ai Poteri che governano la Chiesa, non parlasse del mio discorso; non avrei mai desiderato che, parlandone, prendesse parte per l’evoluzionismo cristiano. Ho pur detto nel Discorso che la teoria della evoluzione, per quanto probabile, è sempre una ipotesi, una pura ipotesi della scienza, che perciò la Chiesa non deve pronunciarsi a suo favore, che io stesso se tenessi un ufficio qualsiasi nella Chiesa mi imporrei maggiore prudenza. Ciò risponde, in parte, all’accusa fattami dalla Civiltà Cattolica di aprire cattedra di religione e tenere conferenze fra le quali e le prediche didattiche fatte in chiesa non è divario se non in quanto queste si recitano in cotta e stola, e quelle si recitano in giubba e cravatta bianca; mentre non si conviene ai [p. 188 modifica]cattolici laici di usurpare le funzioni dei sacerdoti. In fatto io ho inteso dire in una sala ciò che sul pulpito, e con questa parola espressamente lo dichiarai nella mia conferenza, non si potrebbe. Il sacerdote che parla dal pulpito ha un’autorità che non gli viene dall’ingegno nè dal sapere. Egli parla colà non in nome suo proprio ma in nome della Chiesa; perciò le sue parole hanno un’importanza immensa e possono compromettere la Chiesa. Invece il conferenziere parla per suo proprio conto; non è ascoltato che per l’autorità sua personale, se ne ha; e, nel peggior caso, non compromette che sè. Ora quand’anche non fosse pericolosissimo, sarebbe poco degno di un sacerdote che insegna la dottrina di Gesù Cristo di sostituire a questo insegnamento una discussione sulle conseguenze religiose di una teoria scientifica che non è ancora dimostrata. Parve invece a me, e pare ancora, che noi cattolici laici possiamo usare con frutto della maggiore nostra libertà.

Io vorrei dire al mio critico della Civiltà Cattolica: «Noi ci mescoliamo necessariamente più di voi con i nemici di Cristo e della Chiesa. I più fieri, i più intelligenti, i più celebrati di essi oggi si accordano nel proclamare la rovina della nostra fede per opera di una ipotesi scientifica che ha per sè una grande maggioranza di naturalisti. [p. 189 modifica]Moltitudini di ignoranti ci ripetono in faccia questo verbo. Ebbene, noi crediamo che se domani la ipotesi diventasse teoria dimostrata non ismuoverebbe d’una sola linea la nostra fede, tornerebbe anzi a maggior gloria di Dio. Lasciatecelo dire a nostro rischio e pericolo. Non approvateci pubblicamente, no, ma non vogliate neppure condannarci, gettarci disarmati sotto i piedi del nemico. Noi non diremo mai che il vostro silenzio implichi approvazione. Il silenzio è silenzio. Se la ipotesi deve cadere, tutta l’opera nostra cadrà con essa; se avesse a confermarsi, non vi pentireste di averci ignorati.»

Del resto, io ebbi cura, nel mio Discorso, di porre in chiaro che non mi attento d’insegnare una dottrina ma che solo mi studio di difendere una libertà, della quale mi servo contro la filosofia materialista, Gran parte della requisitoria della Civiltà Cattolica è fondata su questo equivoco, che io presuma insegnare una dottrina religiosa, che io dica in sostanza: «il mio concetto cristiano della evoluzione si deve ammettere,» Mi si rimprovera, pet esempio, di aver citata l’opinione di S. Agostino per servirmene come di un’opinione sicura. Ma questo non è. Se mi fossi espresso imperfettamente allora, mi chiarirei meglio adesso. Intesi soltanto affermare ch’era lecito anche a me ciò ch’era stato lecito a [p. 190 modifica]S. Agostino, In tutto il corso della mia conferenza parlai della mia opinione come di una opinione lecita e nulla più. Sono dispostissimo ad ammettere che abbia un menomo grado di probabilità; per usarne contro il nemico me ne basta uno su cento.


II.


Il critico della Civiltà Cattolica mi presterà fede su questo punto se vorrà considerare il modo col quale esposi lo stato della questione davanti alla scienza. Dichiarai netto che la scienza non possiede ancora un solo documento. sicuro, diretto, della origine dell’Uomo da una specie inferiore, e citai le parole del Virchow: «nella questione dell’uomo siamo battuti su tutta la linea.» Con ciò pare al critico ch’io mi sia data la zappa sui piedi, ch’io mi sia demolito da me con mirabile candore, Il fatto è questo, che mirando io a combattere gli haeckeliani, prima di dir loro «badate che questa vostra terribile teoria può diventar buona per noi cristiani» ho voluto cominciar a dire: non fate tanto rumore perchè, in fin de’ conti, non avete in mano che un’ipotesi.» Per [p. 191 modifica]quanto il mio candore sia grande, non avrei parlato così se avessi voluto predicare un nuovo dogma. Creda il critico egregio della Civiltà Cattolica, che io non faccio una esagerata stima delle mie opinioni e mai non sacrificherei ad esse la mia coscienza facendo passare per dimostrato ciò che non lo è. Sarei anzi lietissimo di sacrificar esse a chi mi annunciasse che se in seguito al progresso scientifico alcuna parte del racconto biblico della Creazione è ora inteso diversamente da un tempo, un nuovo progresso della scienza è invece venuto a confermare l’antica, comune intelligenza di quel racconto, per quanto riguarda l’origine dell’uomo.

Ricordo poi ancora che chiusi il mio accenno allo stato scientifico della questione indicando la teoria del Romanes sulla origine della intelligenza. Mi duole che l’egregio critico della Civiltà abbia preso un abbaglio ben grave. Egli suppose ch’io abbia scelto il Romanes per mio duce e naturalmente ne getta le alte grida. Infatti sarebbe una cosa assurda, troppo assurda per poterla credere senza un po’ di considerazione. Volendo informare il pubblico di ciò che opinano i trasformisti circa l’evoluzione della intelligenza, ne ho preso uno de’ più recenti e sereni, e ho accennato alla sua teoria, ho lodato, come si merita, il suo linguaggio [p. 192 modifica]equo e scientifico. Non potevo trovare S. Tommaso o Dante fra gli scienziati odierni. Dante lo avrei preso per duce volontieri, molto più volontieri, che l’egregio critico il quale vuol consigliarmelo, forse non pensi!

Temo, del resto, che la Civiltà Cattolica s’illuda nell’apprezzare la stima che l’ipotesi trasformista gode oggi nel campo scientifico. Temo che non distingua abbastanza le teorie ideate per spiegare le trasformazioni degli organismi dalla convinzione che queste trasformazioni ebbero luogo veramente. Le prime durano fatica a mantenersi, l’altra si allarga sempre più. Le teorie meccaniche cadranno, resterà il mistero di una Causa sconosciuta operante nelle cose secondo il disegno divino. Fra i famosi contradditori della Evoluzione che la Civiltà Cattolica nomina, non dovrebbe aver posto il Wallace che si arrestò solo davanti alla trasformazione della specie umana, nè il Wigand che combattè fieramente il darwinismo, ma giudicando probabile che gli esseri organici siensi venuti trasformando per effetto non già della selezione naturale, bensì d’ignote cause interne, E del Quatrefages giova ricordare che pur combattendo, come scienziato, il trasformismo, sostenne non esserne offeso il dogma cristiano.


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III.


Il mio egregio contradditore mi rimprovera di avere tenuto, parlando di cose teologiche, un linguaggio ora spropositato, ora inesatto, ora sconveniente. Certo io non ho potuto tenere al pubblico del Collegio Romano il linguaggio severo che tenni all’Istituto Veneto, una piccola riunione di dotti, discorrendovi delle ipotesi di S. Agostino e di Darwin circa la Creazione, un tema posto a concorso dalla Facoltà Teologica Cattolica di una Università tedesca, Ciò ha potuto produrre degli inconvenienti e io non intendo difendere tutte le espressioni che ho usato. Avrei potuto chiamare antica, anzichè vecchia, la credenza popolare negli atti distinti e subitanei di creazione. Invece di chiamarla popolare, avrei potuto dirla divisa dalla maggior parte dei teologi e dei fedeli, Ringrazio l’egregio critico di questi consigli e, se ne avrò occasione, ne approfitterò. Se il paragone del Creatore con un mago, sebben condizionale, pare irriverente a un fratello e l’offende, questa è una sufficiente ragione di correggere il passo, quantunque l’irriverenza fosse, quando lo scrissi, ben lontana dalla mia mente, Però non tutte le [p. 194 modifica]censure fattemi sono, a mio avviso, egualmente fondate. Mi si rimprovera di aver chiamato ingenua la fede, mi si osserva che la fede non abbisogna di questo indulgente appellativo. Oh lo so, io che con tutta l’anima credo! Ma nel passo riferito dalla Civiltà Cattolica, io non parlavo della fede semplice che trova appunto il suo latte, buon cibo e adatto a lei, nel senso letterale del racconto biblico, di quella fede cui giova credere, come dice S. Agostino in qualche parte delle Confessioni, nel suono stesso della voce di Dio. Il mio dotto contradditore protesta esser falso che a questa ingenua fede la scienza abbia insegnato a dire ordine anzichè comando. La scolastica, egli dice, ha sempre ammesso l’ordine della natura. Ma poi distrugge la sua stessa censura confessando che quanto all’origine delle cose l’antica scuola ha attribuito molto al comando. Ma è appunto dell’origine delle cose che io parlo e non certo per escludere il comando di Dio che le trasse dal nulla, ma per dimostrare che non è necessario ammetterne gli atti separati e distinti.

Parrebbe pure, dall’articolo della Civiltà Cattolica, ch’io avessi citato inesattamente un passo della seconda epistola ai Corinti e postovi un transformati invece di un trasformamur; ma qui l’egregio scrittore si è lasciato cogliere da una [p. 195 modifica]distrazione e ha citato come di S, Paolo il passo che io tolsi invece dall’Imitazione di G..C. Il transformati è un commento del trasformamur di S. Paolo. Del resto io non volli tirare quelle parole dell’Apostolo a sostegno del trasformismo; se si prestano alla interpretazione mia, riguardano un tempo in cui certo più non vi saranno trasformazioni degli organismi, poichè neppure adesso più ve ne sono. Se il critico suppone, come pare, che io creda a ulteriori trasformazioni degli organismi quaggiù sulla terra, la sua supposizione non è giustificata. Io credo che la comparsa dell’uomo, scopo di tutte le trasformazioni precedenti, vi abbia posto fine. Non ammetto altre future trasformazioni di corpi se non quella, ch’è di fede, del nostro corpo animale in un corpo spirituale; e, naturalmente con un diverso grado e con una diversa qualità di convinzione, quella della Natura inferiore ch’è adombrata nel capitolo VIII dell’epistola ai Romani.

Circa questo punto della perfettibilità del Creato sto con S. Paolo anzichè con lo scrittore della Civiltà Cattolica, secondo il quale la via d’ogni essere creato è nascere, figurare e svanire, e tutte le forze del Creato tendono a una quiete finale ch’è morte. L’una e l’altra trasformazione appartengono ad ogni modo, ad un tempo in cui la umanità terrestre avrà cessato di esistere. [p. 196 modifica]

«Il progresso che io vedo ascendere dalla caduta di Adamo in poi, non è di natura fisica, è di natura intellettuale e morale, e non è tanto un progresso dell’individuo, quanto un progresso della Società umana. Se m’inganno nel vedere un indefinito progresso dello spirito umano dentro la gloria di Dio, m’inganna una visione cui non si può negare bellezza; nè pare che si abbia a vilipendere un cristiano se vede universale e continuata nell’avvenire l’azione della divina Parola «Omnia traham ad meipsum,» Se vedete l’errore indicatelo con bontà.



IV.


Lo scrittore della Civiltà Cattolica mi accusa di aver voluto escludere l’intervento immediato di Dio nella Creazione.

Dichiaro che questo non fu il mio intendimento, Certo egli stesso non suppone ch’io l’abbia escluso alla origine prima delle cose. Ma ciò non basta. Secondo me la ipotesi della evoluzione esclude soltanto gli atti distinti e subitanei di creazione, rappresenta il metodo tenuto da Dio nel creare. Si consideri quest’affermazione insieme alla pagina dove esprimo il concetto che l’ordine, le leggi di [p. 197 modifica]natura null’altro sieno se non la Divina Parola, il Divino Comando incessantemente operante. Credo che gli scolastici mi avrebbero rimproverato di peccare per eccesso anzichè per difetto in questa indicazione dell’intervento immediato di Dio. Del resto io non intendo adesso pronunciarmi esplicitamente a favore di teorie che trovano fortuna presso alquanti pensatori e naturalisti cristiani, ma che non sono senza gravi pericoli e difficoltà; solamente protesto quanto so e posso contro l’avversione attribuitami ad ammettere il diretto intervento divino.



V.


Per la questione sulla origine delle anime umane che ha diviso i generazionisti dai creazionisti, io rinvio il mio dotto censore a un libro del Padre Trullet1, consultore dell’Indice, ch’egli deve ben conoscere, dove l’A. non si pronuncia a favore dei primi ma riconosce la loro libertà, e ciò mi bastò per l’uso che feci di quella opinione; molto più perchè la Sacra Congregazione dell’Indice si [p. 198 modifica]pronunciò secondo proponeva il suo consultore. Il mio critico stima che io accetti soltanto di nome la creazione dell’aninia e che scrivendo l’anima è creata umana, io abbia scritto una frase senza senso. No, poichè tutto il processo ho attribuito all’azione creatrice della Parola Divina «faciamus hominem». Quanto alla similitudine dell’occhio, essa non può avere che il valore d’una similitudine è non mi pare equo di giudicarmi e condannarmi sopra di essa. Però essa sfuggirebbe pure alla sua censura se si ammettesse anche per l’origine dell’occhio la continua azione creatrice di Dio.

L’articolo della Civiltà Cattolica si chiude con la protesta di non voler abbandonare, di fronte all’evoluzionismo, vecchie posizioni vittoriose per seguire una poetica e romanzesca strategia. Ho già detto perchè io stesso non avrei voluto vedere la Civiltà Cattolica abbandonare oggi quelle vecchie posizioni. Dunque su questo punto siamo d’accordo. Il mio egregio critico, che insieme a rimproveri acerbissimi mi rivolse pure espressioni assai cortesi, accetti ora da me un rispettoso consiglio. Osservi imparzialmente il movimento scientifico moderno e si guardi da illusioni che non sarebbero meno funeste di quanto a lui sembrino gli ardimenti miei.


  1. Parere intorno agli studi del P. Domenico Gravina sulla origine dell’anima umana.