Autobiografia (Monaldo Leopardi)/Capitolo XIII

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XIII.

Danni recati dall’abbandono del latino.

Hanno dunque meritato malissimo dalla religione dalla repubblica letteraria e da tutta la società coloro i quali cercarono di sbandeggiare l’uso e lo studio della lingua latina, e fra coloro bisogna purtroppo annoverare il nostro Cardinale Ercole Consalvi Ministro primo e onnipotente nello Stato del Papa per quanto durò il pontificato lunghissimo di Pio VII. Questo signore ebbe intenzioni buonissime e non gli mancarono talenti e lumi, ma preso dai settatori astutissimi della cabala rivoluzionaria operò comunemente a modo loro senza avvedersene e congiurò con essi involontariamente a danno di quell’ordine e di quelle istituzioni che aveva debito, ragione, e interesse di sostenere. Fu fra [p. 16 modifica]gli errori gravissimi di quel Ministero lo sbandire la lingua latina dal Foro, che tanto importa averla conservata solamente in qualche Tribunale di Roma, ed esclusa da tutti gli altri tribunali e dicasteri dello Stato, e l’avere anche tentato di escluderla dalla scienza medica comandando che le ordinazioni o ricette medicinali si scrivano in lingua italiana. Queste disposizioni sciocche non hanno recato vantaggio alcuno al popolo, perchè in ogni modo gli infermi prendono quello che gli dà il Medico senza essere al caso di giudicare la sua ricetta in qualunque lingua sia scritta, e gli idioti e forse ogni sorta di litiganti si lascia guidare come prima dai suoi Avvocati e Procuratori, i quali in italiano egualmente che in latino difendono la causa come possono e come vogliono, e quando la causa è perduta resta solo al cliente rassegnarsi e pagare. Al contrario quelle disposizioni recarono grandissimo danno, perchè avanti di esse per leggere una citazione, e per toccare il polso di un ammalato, bisognava sapere un po’ di latino, che è quanto dire essersi aperta la mente con qualche studio, avere avuta un po’ di educazione alla scuola, avere acquistata alcuna familiarità coi libri, essere al caso di consultarli, e stare almeno sulla porta che conduce alle scienze. Oggi però che si entra a fare il causidico e il medico senza passaporto e senza il deposito di capitale veruno scientifico il trattare e il disporre della robba e della vita degli uomini è all’arbitrio di tutti; e il Figlio di un mulattiere qualora si stanchi di condurre i giumenti paterni purchè sappia un po’ leggere ed abbia tre oncie di temerità è padrone di fare il medico e l’avvocato, e di disporre inappellabilmente della vita, e della robba altrui. Togliendosi poi la necessità di studiare il latino ai medici e alli giurisconsulti ognun vede quanto larga ferita siasi fatta alla coltura della latinità, e se da un altro Segretario di Stato [p. 17 modifica]docile, incauto, e intraprendente quanto il cardinale Consalvi si otterrà l’ordine di celebrarsi la Messa in volgare, la lingua latina sarà finalmente spacciata, e per trovare chi intenda il linguaggio della Chiesa e dei Padri non si dovrà più ricorrere a Roma, ma bensì ai Copti e agli Armeni. Molte altre cose potrei aggiungere per dimostrare la convenienza di lasciare la lingua latina nel suo uso e nel suo grado, e la disconvenienza di renderla in qualunque modo meno apprezzata e meno coltivata, ma devo lasciare che ne dicano più quelli che la intendono meglio di me, giacchè ho confessato di saperne poco, e per uno che ne sa poco ne ho detto abbastanza. Torniamo dunque alla nostra scuola.