Baby (Rovetta)/VIII

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Andrea fece la prima visita di giorno, come era naturale, ma la sera stessa il Damonte e Scipio Spinola, in segno di protesta, non si lasciarono vedere dalla contessina Baby. Andarono invece in conversazione dall’avvocatessa Zanibon, una bella donnacciona, che ogni sera «teneva società» ma una società mista, come dicevano le signore dell’aristocrazia, le quali la colpivano spesso con frizzi a satire atroci, un po’ irritate, perchè, non ostante le loro scomuniche, gli uomini ci andavano e si divertivano assai. Ma per altro il Damonte e Scipio Spinola quella sera [p. 91 modifica]non si divertirono appunto. Aveano sperato di poter sfogare il loro malumore e di far dispetto alla Castelguelfo, e invece ebbero motivo di arrabbiarsi ancora di più.

Appena entrarono dalla Zanibon tutti cominciarono a prendersi gioco di loro e metterli in burletta a proposito di quella diserzione. E nemmeno le celie erano di natura tale da lusingare il loro amor proprio.

— A che si dovea attribuire — domandavano gli altri — quella comparsa inaspettata? La Contessina era andata a letto? Faceva breccia il cugino? Era ritornato il marito e avea congedata la guardia del corpo?

E la Zanibon che rendeva felice, fra gli altri, anche un capitano d’artiglieria, e ne aveva appreso il frasario, domandò «se eran stati dispensati dal servizio per insubordinazione».

Il Damonte e Scipio Spinola, che da tutto ciò si capisce come avevano ragione di annoiarsi parecchio in quella casa, se ne andarono prima degli altri, e ancora sulle scale, fermandosi per [p. 92 modifica]accendere il sigaro, brontolarono a bassa voce che «la società era proprio impossibile!»

— La Zanibon, non è punto fina — osservò il Damonte tristo tristo.

— Credo bene, — rispose Scipio Spinola, stizzito e senza ridere; — è un pezzo d’artiglieria!

Quella sera i due amici non si mostrarono al club. Temevano che anche là ricominciassero le osservazioni e i motteggi. Invece, per far tardi, continuarono a girare un po’ a caso, finchè, senza mai dire una parola, andarono a rincantucciarsi al Caffè Dante. Il Damonte era raffreddato per davvero e sorbì un appio caldo; Scipio Spinola, rosso come un gambero, prese un bicchierino di cognac, brontolando ch’era cattivissimo. Poi tutti e due ritornarono muti, pensosi; Titta Damonte tossendo e sospirando, mentre l’altro assonnacchiato si divertiva a fare il tamburino con le dita, sull’orlo del cabaret. Speravano entrambi che passasse dal Caffè qualcuno dei frequentatori soliti di casa Castelguelfo, per sapere almeno che cosa aveva detto la contessina Baby a proposito della loro assenza. [p. 93 modifica]Ma quella sera non capitò nessuno, e fu meglio assai; avrebbero avuta una ragione di più, per andare a letto in cattiva luna.

La Baby avea passata la sera piacevolmente, mettendo in ridicolo i due innamorati. Marco Baldi le aveva riferito le grimaz fatte da Titta Damonte e da Scipio Spinola, quando ebbero le prime notizie della visita del Santasillia, e le disse pure che quella sera, per vendicarsi, contavano appunto di andare a veglia dalla Zanibon. Figurarsi allora la Baby! Non ci voleva di meglio per dar la stura al suo buon umore!.. Cominciò a rifare l’avvocatessa coll’aria languida, e il Damonte vicino, che le tossiva d’amore; poi Scipio Spinola che dirigeva le quadriglie col capitano d’artiglieria e combinava le sciarade in azione col marito e i figliuoli grandi e piccini della Zanibon; e tutto ciò con uno spirito e un brio così schietto e vivace, da far andare in visibilio i suoi fedeli che ridevano come matti.

E anche il giorno dopo la Baby non sentì altro a discorrere che della visita fattale dal Santasillia. La Generalessa, la Marchesa e madama [p. 94 modifica]Kraupen capitarono una dopo l’altra, ma tutte scalmanate, a casa Castelguelfo, per sapere come mai e perchè il Santasillia c’era stato: e che cosa aveva detto, e se avea promesso di ritornare.

— Certamente! — rispose svelta la Contessina, pensando fra sè, che la divertiva troppo quel gran rumore per non voler obbligare il cugino, con qualche pretesto, a farle un’altra visita. E allora ognuna delle tre signore, appena ebbe agio di essere sola colla Baby, la pregò assai perchè trovasse modo, qualora il Santasillia ritornasse davvero di mandarla subito ad avvertire; ma badasse bene: «senza farsi scorgere!» E la Baby a promettere, sorridendo, tutto ciò che volevano.

Ma il Santasillia, fatta la visita d’obbligo, non ricompariva più. Il Damonte ricominciava a respirare, Scipio Spinola a dire spiritosità di buona lega e «le dame della consulta,» che domandavano ogni giorno alla Baby se avea rivisto il cugino, ricominciavano da capo ad affermare [p. 95 modifica]che l’andare «nel mondo» dovea essere per lui una noia, un sacrifizio, e che se c’era stato una volta per convenienza, scommettevano che non ci sarebbe ritornato.

La Baby le lasciava dire, e le ascoltava colla solita dolcezza; ma poi, quando vide che Andrea si faceva aspettare, combinò con Marco Baldi di andar insieme a fare una visitina al museo africano.

Il Santasillia non fu nemmeno avvertito del grande onore che lo attendeva; la Castelguelfo e Marco Baldi capitarono nel suo studio, all’improvviso, forzando un po’ la consegna del cameriere, per non essere annunziati.

Andrea, alla bella prima, si trovò impacciato, ma poi fu preso dalla graziosa amabilità della Baby, che girava attonita per lo studio, guardando tutto, toccando tutto leggermente, colle manine garbate, facendo su tutto un’infinità di domande, colla curiosità ingenua e ardita insieme di una bimba. E l’ambiente severo e cupo della stanza, un po’ da filosofo, un po’ anche da [p. 96 modifica]benedettino, pareva rallegrarsi alla gaiezza dei colori, e alla festevole semplicità di quella personcina elegante, a quella voce che vi risonava armoniosa e al sorriso fresco e buono.

Ma la Baby divenne seria, appena incominciarono a visitare il museo. Allora il suo visetto incantevole non esprimeva più altro che una grande attenzione. Il Santasillia faceva la storia degli oggetti più rari e curiosi, e la Baby tutta assorta, teneva fissi in lui gli occhi intelligenti, appassionandosi a quelle maraviglie, e a mano a mano che egli si accalorava nel discorso, il piacere ch’essa ne risentiva sembrava farsi più vivo, mentre il seno, chiuso nell’abito attillato, le si movea ansante. Ci fu un momento in cui essa impallidì e i suoi occhi ebbero anche un barbaglio di lacrime. Andrea mostrando una zagaglia raccontava il pericolo in cui era caduto, quando inoltrandosi troppo imprudentemente nel paese dei Bogos, arrischiò di rimanere in mano dei selvaggi. Ma per altro, la grande commozione della Contessina non le impedì poi di celiare e ridere, tornando a casa con Marco [p. 97 modifica]Baldi, a proposito del Santasillia, che dovea chiudere gli occhi, per non rimanere scandalizzato dinanzi al décolleté «delle signore Assabesi!»

Intanto pareva ad Andrea che la creatura gentile gli avesse rischiarata col suo passaggio la casa tetra e deserta, popolandola di memorie e di immagini ridenti. Con una parola, con un sorriso, con un gesto solo di maraviglia, essa avea lasciato dovunque tracce di sè, che sarebbero rimaste indelebili. Persino i vecchi mobili dello studiolo avevano un’espressione insolita di cordialità, e il giovinotto avrebbe ricordato sempre, fra tutti gli altri, il seggiolone su cui la Baby, scherzando, si era messa a sedere. Rifece presto e solo il giro del museo, e alcuni oggetti sentì che gli erano diventati più preziosi, e subito pensò di far accomodare e lustrare gli scaffali. Ma ancora il Santasillia subiva la seduzione, l’incanto senza avvedersene... Era come il profumo di alcuni fiori, che penetra inavvertitamente, lentamente nel cervello, e addormenta prima di uccidere.