Breve trattato delle cause che possono far abbondare li regni d'oro e d'argento dove non sono miniere/Parte prima/Capitolo VI

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Capitolo VI

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CAPITOLO VI

Dell'accidente comune della provisione di chi governa.

L’ultima spezie è la provisione di colui che governa, il quale, considerando la disposizione del suo Stato, e li diversi accidenti che in quello si trovano, e delli Stati convicini e lontani con quali si ha o può aver commerzio dal suo regno, discorrendo le cause o occasioni che possono fare abbondare di monete il suo dominio e quelle che possono impedire, applica diverse provisioni, secondo li diversi effetti che vuol causare, rimovendo gl’impedimenti che potriano ostare all’effetto che si desidera. Ma, come si disse nel proemio, non è cosí facile sapere bene disponere questo accidente; e bisogna a quel che governa considerar bene non una cosa sola, ma molte, e aver risguardo all’inconvenienti e altri effetti che possono essere causati dalla provisione e non ingannarsi nei mezzi principali. Giaché, come si è detto, per la difficultá alle volte si piglia dall’intelletto un contrario per l’altro; principalmente in questo particulare, per dependere l’effetto non d’alcuna causa necessaria, ma solamente contingente, che è la volontá dell’uomo, per la quale disponere bisogna avertire a piú d’una cosa, solendo la medesima causa produrre diversi effetti a rispetto di diversi soggetti (come il sole indura il fango e fa diventar molle la cera, e uno leggiero sibilo irrita li cani e quieta li cavalli), dovendo procedere l’osservanza della provisione dalla volontá, [p. 161 modifica]come si è detto, degli uomini. E, si bene a rispetto de’ suoi sudditi potesse forzare, bisogna avertire per qual altra strada indiretta dalli medesimi si possa impedire, essendovene molte; e non solo questo, ma a rispetto degli uomini che non sono sudditi, quali deve allettare o la provisione che si fa o farsene altra, che per commoditá vi concorrano, con altre infinite considerazioni; e, conosciuto questo, considerare come si possono applicare nel suo Stato: lo che si è detto quanto sia difficile. E molti pochi sono arrivati a questa eccellenza, fra li quali, al mio giudizio, deve essere numerato e posto fra i primi, cosí antichi come moderni, Sisto papa quinto, il quale nel sapere conoscere gli espedienti de’ suoi Stati e quel che li possea causare, e che remedi fossero necessari per li defetti, con essere pronta piú l’essecuzione che il discorso, con quanto altro bisognava per la perfetta disposizione del Stato politico, senza forsi deve essere preferito a quanti sono stati nel mondo. Né solo vi è questa difficultá, ma, dopo conosciuta la provisione, non farsi tirare da alcuna passione propria, la quale impedisca il retto discorso e, se non l’impedisce, faccia tenerne poco conto, facendolo condescendere al proprio desiderio e non al publico beneficio. Quale accidente, quando si ritrova perfettamente in alcun regno, non è dubbio che sará il piú potente di tutti farlo abbondare d’oro e argento, poiché si può dire come causa efficiente e agente superiore di tutti gli altri accidenti; ché quelli può causare, con altre infinite occasioni, e conservare nel suo bene essere e rimovere gl’impedimenti e per piú modi fare resultare il medesimo effetto, non solo nelli paesi dove vi è buona disposizione delli predetti accidenti o con effetto vi sono, ma ancora in paesi dove non vi è disposizione, né vi è alcuno delli predetti accidenti.

Come si è visto per esperienzia, nel tempo predetto del pontificato di Sisto quinto, nella cittá di Roma, nella quale non vi è alcuno delli predetti accidenti, né pure in mediocre perfezione, né il loco è disposto; ché li denari, che vi sono, sono per li prencipi forastieri che vi vengono e prencipi di Santa Chiesa e ambasciatori, che vi stanno per la residenza del sommo pontefice, [p. 162 modifica]e per quella il concorso di tutta la cristianitá per diversi negozi: cose tutte subalternate all’accidente del trafico, per questo rispetto. E, con tutto ciò, fûrno tante e tali le provisioni del detto pontefice, che, non obstante li tempi calamitosi ne’ quali successe al pontificato, oltre di avere in un batter d’occhio ridotto in quiete e abbondanza tutto il Stato di Santa Chiesa, restituita la giustizia in quel vigore che poche volte ha avuto, e magnificata e abbellita Roma con far tante e tante spese come al presente si vede, ridusse millioni cinque d’oro nel castello di Santo Angelo, dove, forsi e senza forsi, per alcune centenaia d’anni non erano stati tanti in tutta Roma, né credo vi siano al presente, giaché per piú occorrenze dopo si sono spesi. Che da questo solo si può considerare quanto possa la provisione di colui che governa.

E in quel tempo produce mirabilmente il suo effetto, quando per la vigilanza del prencipe non si è permesso causare alcun disordine nel suo Stato, contrario a quella disposizione; ché, quando vi è causato disordine, tanto piú si rende la provisione difficile, particolarmente essendo il disordine potente e invecchiato, che non sempre è possibile o presentaneo il rimedio, benché si conosca la causa, se bene il contrario abbia parso al detto De Santis, come si dirá appresso. Dico dunque che questo accidente, quando è nel suo bene essere, è il maggiore che possa essere nelli regni; e, sí come la giustizia contiene in sé l’altre virtú, con esserne patrona, per movere quelle al suo fine, come dice san Tomaso, cosí questo accidente contiene tutti gli altri accidenti, e quelli può causare e movere al suo fine e mantenerli.

E, se mi si dicesse che, essendo vero questo, io ho fatto errore non darli il primo loco, preponendolo alla quantitá degli artefíci, respondo che l’ho fatto avendo risguardo alla certezza di quello e incertezza di questo. Dico "incertezza" non a rispetto di se medesimo, ma a rispetto dell’operante, per la difficultá che si è detta, avendo in questo seguito l’opinione di coloro che preferiscono la certezza della cosa alla nobiltá del soggetto.