Catullo e Lesbia/Varianti/17. Sugli annali di Volusio - XXXVII In annales Volusii

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Varianti - 17. Sugli annali di Volusio - XXXVII In annales Volusii
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XXXVI.



Parve al Mureto, e dietro lui, al Vossio, al Lipsio, all’Hauptio e allo Schwabio, che sotto il nome di Volusio nascondesse il poeta quel Tanusio Gemino, di cui parla Svetonio, in Iul. Cæsar., 9; Plutarco, in Cæsare, XXII, e più chiaramente Seneca, Epist., XCIII; ed io tanto più mi confermo nella loro opinione, quanto più considero, che ingiusto ed invidioso sarebbe stato veramente Catullo, se avesse voluto parlare di quel Volusio, di cui par che senta rispetto Vatinio, nell’epistola a Cicerone, o di quell’altro che meritò il titolo di uomo insigne da C. Tacito, lib. III, ed occupò tante cariche importanti nella repubblica. [p. 251 modifica]


Pag. 190.          Quaæ sanctum Idalium Sirosque apertos

Dobbiamo al Vossio questa lezione preferibile per ogni riguardo a quella di Achille Stazio che legge Ariosque, e di Scaligero, che cambia l’urios dei manoscritti in Uxios, senza pensare che le terre degli Arii e degli Uxii son tutte chiuse dai monti. Meglio in tutti i casi l’uriosque portus adottato dallo Schwabio, da οὖροσ che significa vento favorevole; o piuttosto da οὖρεεος, secundum ventum habens; ovvero l’uriosque apertos dei codici antichi, assumendo urios, o meglio uros nel senso di monte, dall’ionico οῦρος invece di ὄρος, e intendendo il monte Erice, graditissima dimora di Venere.


Ibidem.          Colis,quæque Amathunta, quæque Golgos

Altri Colchos, fra cui il Fusco; Golgos, con più ragione, l’Avanzio ed altri.