Come franco augelletto

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Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Letteratura Intestazione 4 agosto 2023 75% Da definire

Febo nell'onde ascoso Se di bella, che in Pindo alberga, Musa
Questo testo fa parte della raccolta Canzonette di Gabriello Chiabrera


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VII

AL SIG. FRANCESCO BUSSONI.

Come franco augelletto,
     Che sul mattin d’Aprile
     Trascorre a suo piacer l’aure odorate,
     Tal a mio gran diletto
     5In sull’età gentile
     Il tesor mi godea di libertate:
     Nè che trecce dorate
     Con bei lucidi rai,
     Nè che fronte serena
     10Altrui mettesse pena,
     Nel profondo del cor credea giammai;
     Nè che begli occhi ardenti
     Distillassero assenzio di tormenti.
Giocondissima vita,
     15A che scoglio rompesti?
     Ah ch’ora apprendo in dure scole il vero!
     Dolce guancia fiorita,
     E di splendor celesti,
     Acceso sguardo di bell’occhio nero,
     20Soave riso altero,
     Che da vermiglie rose
     S’avventa agli altrui cori
     Con aure, e con odori
     Di mille primavere alme amorose,
     25Amor fermommi avanti,
     E mi fece un de’ più riarsi amanti.
Allor dagli occhi miei
     Partissi il sonno a volo,
     E di più ritornarci il prese obblio,
     30E degli alpestri, e rei
     In sul giogo più solo
     Fu da quell’ora innanzi il sentier mio:
     Ne per monte vid’io
     Ombra giammai sì scura,
     35Ne sì selvaggi sassi,
     Che ivi entro non mirassi
     Due fresche guance, ed una fronte pura,
     Una bocca vermiglia,
     E due stelle del ciel sotto due ciglia.
40E si potea l’inganno
     Coll’infiammata mente,
     Che refrigerio al mio dolor chiedea;
     E del mio grave affanno
     Pur, siccome presente
     45N’avessi la cagione, io mi dolea;
     E dagli occhi piovea
     Calde lagrime spesse,
     Compagne de’ martiri;
     E con lunghi sospiri,
     50E con parole fervide dimesse
     Pregava a mio potere,
     Che bell’armi d’amor son le preghiere.
Ma se scorsi talora
     La verace bellezza,
     55Non mai le labbra a favellare apersi;
     Anzi le guance allora
     Di mortal pallidezza,
     E di tenebre gli occhi io ricopersi;
     La fronte e ’l volto aspersi,
     60E di sudore il seno,
     Ed avvampando ardito,
     E tremando smarrito,
     Or in fiamma, or in gêl mi venni meno,
     E fui di spirto privo,
     65Se morto io dir nol so, certo non vivo.
Così del viver mio, Bussoni, il corso
     In fino a qui fu grave;
     Oh vegga per innanzi un dì soave!