Così parlò Zarathustra/Parte prima/Delle cattedre della virtù

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Delle cattedre della virtù

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Friedrich Nietzsche - Così parlò Zarathustra (1885)
Traduzione dal tedesco di Renato Giani (1915)
Delle cattedre della virtù
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Delle cattedre della virtù.

Vantavano a Zarathustra un savio, che sapeva parlar bene del sonno e della virtù ed era per ciò assai pregiato e circondato da una folla di giovani che s’accalcavano intorno alla sua cattedra. Da lui volle Zarathustra recarsi; e con altri giovani sedette dinanzi alla sua cattedra. E disse il savio:

«Onore e rispetto al sonno: esso è di tutte le cose la prima! La seconda è evitar coloro che non dormono bene e vegliano la notte!

Persino il ladro rispetta il pudore del sonno: ei ruba nel silenzio della notte. Ma spudorato è il guardiano notturno, che senza pudore fa uso del suo corno.

È un’arte facile quella di dormire; ma assai fatica costa il vegliare tutto il dì per giungere all’ora del sonno.

Dieci volte al giorno tu devi vincer te stesso; ciò procura un buon sonno ed è il narcotico dell’anima.

Dieci volte al giorno devi riconciliarti con te stesso: giacché se il vincersi è cagione sempre di amarezza, male dorme d’altra parte chi non si corica riconciliato seco stesso.

Dieci volte al giorno tu devi scoprire la verità; altrimenti tu ne andrai anche di notte in cerca, e l’anima tua resterà affannata.

Dieci volte al giorno tu devi ridere ed esser gaio: altrimenti lo stomaco ti disturberà durante la notte, lo stomaco che è il padre d’ogni afflizione.

[p. 26 modifica]Pochi sanno ciò; ma bisogna possedere tutte le virtù per dormir bene.

Testimonierò io il falso? Diverrò adultero? Sentirò il desiderio della donna altrui? Tutto ciò mal s’accorderebbe con un buon sonno.

E quando ancora si possedano tutte le virtù, bisogna conoscere molto un’altr’arte: quella di mandarle a dormire a tempo debito. Affinché non contrastin tra loro, quelle care donnine, e sul tuo conto, disgraziato!

Pace con Dio e col vicino: ciò richiede il buon sonno. E pace anche col diavolo del vicino! Altrimenti sarebbe capace di farti delle scenate durante la notte.

Rispetto ed obbedienza ai magistrati, anche se sono contraffatti! Ciò vuole il buon sonno. Che colpa ci ho io, se l’autorità ama di preferenza camminare con gambe storte?

Per me quegli sarà il miglior dei pastori che saprà condurre il suo gregge sul più verde dei prati: perché ciò richiede il buon sonno.

Non domando né onori, né ricchezze: ciò infiamma la milza.

Pur si dorme male senza un briciolo di fama e di ricchezza.

Una piccola società mi è più gradita d’una società cattiva, ma deve saper venire ed andarsene a tempo. Ciò è necessario al buon sonno.

Molto mi piacciono anche i poveri di spirito: essi promuovono il sonno. Beati son essi, specialmente quando si dà loro sempre ragione.

Così scorre la giornata all’uomo virtuoso. E quando sopraggiunge la notte, mi guardo bene dall’invocare il sonno! Egli non vuol essere invocato, il sonno che è il padrone di tutte le virtù!

Ripenso invece a tutto ciò che ho operato e meditato durante la giornata. Interrogo ruminando me stesso, paziente al par d’una giovenca: quali furono oggi le tue dieci vittorie su te stesso?

E quali furono le dieci riconciliazioni e le dieci verità e le dieci risate che hanno allietato il tuo cuore?

Di tal guisa meditando, e cullato da quaranta pensieri, mi sorprende improvvisamente, non invocato, il signore di tutte le virtù.

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Il sonno bussa ai miei occhi: ed essi divengono pesanti. Il sonno tocca le mie labbra: ed esse rimangono aperte.

In verità, con piè leggero egli viene a me, il più gradito fra i ladri, e mi ruba i miei pensieri: ed io me ne resto tuttavia in piedi inerte al pari di questa cattedra.

Ma non rimango a lungo così; perchè sono di già sdraiato».

Poi che ebbe udito il savio parlare in tal guisa, Zarathustra ne rise nel cuore, perchè una luce s’era fatta in lui. E così parlò allora nel suo cuore:

«Un pazzo mi sembra questo savio coi suoi quaranta pensieri: pur credo che del dormire egli s’intenda assai bene.

Felice chi può vivere vicino a lui! Un uomo simile è contagioso, anche attraverso una solida parete!

C’è un fascino anche nella sua cattedra. E non invano i giovani stavan seduti dinanzi al predicatore della virtù.

La sua sapienza insegna: «vegliare per dormir bene».

E invero, se la vita non avesse alcun significato, ed io dovessi risolvermi per una sciocchezza, mi sembra che accetterei il suo insegnamento.

Ora comprendo chiaramente che cosa si voleva anzitutto quando si ricercava un maestro delle virtù; un buon sonno e delle virtù papaveriche!

Per tutti questi celebrati dottori la sapienza significava il sonno senza sogni; essi non conoscevano un miglior significato alla vita.

Anche oggidì v’han certo taluni che rassomigliano a questi banditori della virtù, nè son sempre onesti altrettanto; ma il lor tempo è passato.

E non a lungo resisteranno: giaceran presto a terra.

Beati questi assonnati: poi che tra breve dormiranno del tutto».

Così parlò Zarathustra.