Dei delitti e delle pene (1780)/Capitolo XXXVIII

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Capitolo XXXVIII. Di qualche sorgente di errori e d'ingiustizie nelle legislazione; e primo, false idee di utilità.

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Capitolo XXXVIII. Di qualche sorgente di errori e d'ingiustizie nelle legislazione; e primo, false idee di utilità.
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§. X X X V I I I.


Di qualche sorgente di errori e d’ingiustizie nella legislazione; e primo, false idee di utilità.


Una sorgente di errori e d’ingiustizie sono le false idee di utilità che si formano i legislatori. Falsa idea di utilità è quella, che antepone gl’inconvenienti particolari all’inconveniente generale; quella, che comanda ai sentimenti in vece di eccitarli, che dice alla logica, servi. Falsa idea di utilità è quella, che sacrifica mille vantaggi reali, per un inconveniente o imaginario o di poca conseguenza; [p. 165 modifica]che toglierebbe agli uomini il fuoco perchè incendia, e l’acqua perchè annega; che non ripara ai mali, che col distruggere. Le leggi, che proibiscono di portar le armi, sono leggi di tal natura: esse non disarmano che i non inclinati né determinati ai delitti; mentre coloro, che hanno il coraggio di poter violare le leggi più sacre della umanità e le più importanti del codice, come rispetteranno le minori e le puramente arbitrarie, e delle quali tanto facili ed impuni debbon essere le contravvenzioni, e l'esecuzione esatta delle quali toglie la libertà personale, carissima all’uomo, carissima all’illuminato legislatore, e sottopone gl'innocenti a tutte le vessazioni dovute ai rei? Queste peggiorano la condizione degli assaliti, migliorando quella degli assalitori; non iscemano gli omicidj, ma gli accrescono, perchè è maggiore la confidenza nell'assalire i disarmati, che gli armati. Queste si chiaman leggi non ovviatrici, matimorose dei delitti, che [p. 166 modifica]nascono dalla tumultuosa impressione di alcuni fatti particolari, non dalla ragionata meditazione degl’inconvenienti ed avvantaggi di un decreto universale. Falsa idea di utilità è quella, che vorrebbe dare a una moltitudine di esseri sensibili la simmetria e l’ordine che soffre la materia bruta e inanimata; che trascura i motivi presenti, che soli con costanza e con forza agiscono sulla moltitudine, per dar forza ai lontani, de’ quali brevissima e debole è l’impressione, se una forza d’immaginazione, non ordinaria nella umanità, non supplisce coll’ingrandimento alla lontananza dell’oggetto. Finalmente è falsa idea di utilità quella, che sacrificando la cosa al nome, divide il ben pubblico dal ben di tutti i particolari.

Vi è questa differenza dallo stato di società allo stato di natura, che l’uomo selvaggio non fa danno altrui, che quanto basta per far bene a se stesso; ma l’uomo sociabile è qualche volta mosso dalle male leggi a offender altri [p. 167 modifica]senza far bene a se. Il dispotico induce il timore e l’abbattimento nell'animo de' suoi schiavi, ma rispinto ritorna con maggior forza a tormentare il di lui animo. Quanto il timore è più solitario e domestico, tanto è meno pericoloso a chi ne fa lo stromento della sua felicità: ma quanto è più pubblico, ed agita una moltitudine più grande di uomini, tanto è più facile che vi sia o l’imprudente, o il disperato, o l’audace accorto, che faccia servire gli uomini al suo fine, destando in essi sentimenti più grati, e tanto più seducenti, quanto il rischio della intrapresa cade sopra un maggior numero; ed il valore che gl'infelici danno alla propria esistenza, si sminuisce a proporzione della miseria che soffrono. Questa è la cagione, per cui le offese ne fanno nascere delle nuove, che l’odio è un sentimento tanto più durevole dell’amore, quanto il primo prende la sua forza dalla continuazione degli atti, che indeboliscono il secondo.