Dei difetti della giurisprudenza/Dedica

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Dedica

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Dei difetti della giurisprudenza Capitolo I
ALLA SANTITÀ
DI BENEDETTO XIV P. M.

BEATISSIMO PADRE,

S’io ho da manifestare il motivo, che mi fa comparire prostrato a i piedi della Santità Vostra con questa operetta, mi convien prima rammentare una verità, conosciuta da ognuno, e riguardata come uno de’ più gloriosi pregi della di Lei sacratissima persona. Portò la divina Provvidenza con un soffio inaspettato al trono pontificio il Cardinale Lambertini; e vel portò, acciocchè il mondo cattolico, ed anche i nemici del cattolicismo, mirassero ed ammirassero su quel trono un Pontefice dotato di tutte quelle doti e virtù, che richiede un si santo e sublime grado, ma spezialmente spogliato d’ogni umano interesse proprio, e solamente rivolto a proccurare il pubblico bene della Chiesa santa, e de’ suoi Stati temporali, anzi bramoso, per quanto è possibile, di far del bene ad ognuno. Queste son le principali idee, che albergano nel generoso cuore della Santità Vostra, e dan pascolo all’alto suo intendimento. Ora su questo riflesso anche la povera giurisprudenza, meco umiliata a’ piè del soglio pontificio, osa implorare a’ suoi malori e difetti dalla suprema autorità e prudenza di Vostra Santità quel possibil soccorso, di cui questa facoltà, tanto necessaria al pubblico, sia capace. E da chi lo può essa meglio sperare, che dai un Pontefice, il quale punto non abbisogna de’ lumi altrui per conoscere ciò, che manca di bene, o pur troppo abbonda di male nel mondo nostro; ed ha tante volte avvertito, quali sieno le magagne interne ed esterne della giurisprudenza; e sa, a quante sterminate e deplorabili lunghezze sia condennata in alcun paese la giustizia, ed in altri a quai pericoli essa sia sottoposta?

E niun poi più facilmente può prestarle qualche sollievo, che un romano Pontefice, veterano bensì nella scienza de’ sacri canoni, e nella sacra erudizione (del che abbiam anche una viva testimonianza nelle nobilissime opere sue date alla luce) ma insieme perito delle leggi civili, e che per decreto di Dio governa quell’alma città, in cui più che altrove bello è il regolamento de’ tribunali, e in maggior copia esercitano il loro ingegno i più dotti ed accreditati giurisconsulti d’Italia. Essendo dunque uno de’ più importanti affari del governo politico la buona amministrazion della giustizia, e il risparmio, per quanto si può, delle liti fra i cittadini; data ancora la facilità di qualche sovvenimento a i bisogni della medesima in un Pontefice, quale è la Santità Vostra, di mente si illuminata, di tanto sapere, e di sì magnanime idee: questa mia benchè tenue operetta si va lusingando di non essere inutilmente nata, da che ha ottenuto l’onore di poter comparire a Lei dedicata, e fors’anche potrà accrescere stimoli alla di Lei santa e perenne inclinazione di promuovere in questo particolare il pubblico bene. Il che Ella facendo, resta luogo a sperare, che mossi da esempio sì luminoso anche gli altri Principi d’Italia, nè pur essi lasceran priva ne’ loro dominj la giurisprudenza di quel benefizio, di cui godessero gli Stati della santa Chiesa romana. Ma perciocchè non manca mai gente, che avvezza a vedere il mondo da tanti secoli zoppicante, tale sempre il vorrebbe, nè ama chi si studia d’insegnargli a camminar diritto; e può per conseguente incontrarsi, chi contrarii ogni proposizione di riformar gli abusi della facoltà legale, e d’impedire l’introduzion di molte liti, o di abbreviar le introdotte: questi tali, se mai si facessero qui udire, io li cito al tribunale della si avveduta mente di Vostra Santità, con sicurezza di vedersi tosto condennati come persone nemiche del pubblico bene, perché troppo amiche dell’utile proprio. Chiudo io intanto questa mia riverente lettera con ardenti voti al Cielo, affinché sempre feliciti, e lungamente a noi conservi un Pontefice di massime si pie e gloriose, perchè tutte degne di un Vicario di Cristo, e di un amorevolissimo Padre de’ suoi popoli; e qui baciandole i sacri piedi con profonda venerazione mi protesto di Vostra Santità

Il più umile, il più ossequioso, e il più obbligato

Figlio e Servo

LODOVICO ANTONIO MURATORI.

Modena, ott. 1742.