Del disordine e de' rimedii delle monete nello stato di Milano/Parte prima/Teorema secondo

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TEOREMA SECONDO


Come il totale di un metallo circolante è al totale dell’altro, così una data parte di un metallo deve essere ad una egual parte dell’altro metallo in ogni moneta.


Mi spiego. Tanti grani, tante once d’argento debbono valere un grano, un’oncia d’oro, quante volte tutta la massa dell’argento circolante contiene la massa dell’oro 1. Siano, per esempio, in Europa quattordici volte più argento che oro in commercio, allora la proporzione dell’oro all’argento sarebbe come 1 a 14; e regolando le monete si deve far sì, che cambiando l’oro [p. 402 modifica]in argento, o l’argento in oro, qualunque sia la forma o l’impronto delle monete, io dia sempre un’oncia d’oro puro per quattordici once d’argento puro 2, e viceversa. Lo provo.

Se una nazione valuterà loro più del giusto: per esempio, un grano di oro quindici grani d’argento e non quattordici, allora gli altri popoli commercianti manderanno ivi tutto l’oro, ne estrarranno in contracambio l’argento, e l’incauta nazione perderà per ogni grano d’oro un grano d’argento, vale a dire la quindicesima parte del valore dell’argento che verrà estratto; ed un editto che regolasse in questa guisa le monete, sarebbe lo stesso che un bando delle monete d’argento, e un comando ai sudditi di donare alle nazioni estere 71 grani di argento fino per ogni gigliato di grani settantuno d’oro fino, cioè più della settima parte di un filippo, cioè più di venti soldi per ogni gigliato, il che equivale a più del 7 per % 3. [p. 403 modifica]Quando poi l’oro fosse valutato meno del giusto, per esempio, un grano d’oro fino grani tredici d’argento fino e non quattordici; allora da quella nazione sortirebbe tutto l’oro, e vi entrerebbe d’argento una quattordicesima parte di meno di quello che dovrebbe entrarvi, il che ascenderebbe parimenti ad un discapito del 7 per % 4.

A questo medesimo principio si riduce il disordine della moneta di rame chiamata erosa, qualora essa non abbia quell’intrinseco reale valore che corrisponde a quella quantità d’oro ed argento, alla quale si vuole nella tariffa farla eguale. Se, per esempio, in venti de’ nostri soldi in rame non vi sia tanto valore intrinseco che comprar possa due quindicesimi nel filippo, allora il popolo trovandosi in mano una moneta

[p. 404 modifica]ricusata nel commercio esterno, non ammessa indistintamente nel pagamento de’ tributi e de’ grossi contratti, si avvede della fallacia, la valuta meno, e per gradi insensibili tende a ristabilire la naturale proporzione. Così la lira che al principio dello scorso secolo era la quinta parte del filippo, ora è divenuta meno della settima, e col numero delle lire si contano i tributi. Di più: quanto si moltiplica questa moneta entro una nazione, altrettanto ne esce della buona, crescendo i prezzi a misura che crescono le rappresentazioni del valore; così la nazione cambia un valor reale con un valor metafisico, e fa tanto cattivo contratto, quanto quei creduli marinari che comprano il vento dalle streghe Lappone.

Che se poi le nazioni che le fanno corona, col contraffare nelle loro zecche simile feccia di monete, estrarranno il più prezioso midollo di quello stato, allora la rovina sarà estrema. Ben è vero che può il legislatore prendersi tanto arbitrio sulla bassa moneta, quanto è più difficile e incomodo il trasporto, rappresentando essa sotto un maggiore volume valor minore dell’altre. Gl’inconvenienti di un’azione scemano a misura che crescono gli ostacoli ad eseguirla.

  1. Per fare questo calcolo non è necessario il cercare la precisa quantità d’oro e d’argento circoante fralle nazioni che commerciano, il che sarebbe impossibile, ma colle loro tariffe osservando qual prezzo diano all’oro sopra l’argento ciascheduna di esse, prenderne il valor medio in questa guisa. Ridotte le proporzioni dell’oro all’argento ai minimi termini di , , , , il valore medio sarà
  2. “Nel determinare il pregio dell’oro e dell’argento.... ciascheduna delle genti è per legge dell’interesse proprio tenuta a comprendervi e contarvi, non quella porzione sola che ne possiede, ma tutta quella intera massa che sa trovarsene dentro l'universale circolo del commercio”. Locke, Saggio sopra il giusto pregio delle cose, Part. I, sez. 1, § 5.
  3. “Comme toute société a des besoins exterieurs, dont les metàux sont les signes ou les équivalens, il est clair que celle dont nous parlons payera ses besoins exterieurs relativement plus cher que les autres sociétés, enfin qu’elle ne pourra acheter autant de choses au-dehors. Si elle vend, il est également évident qu’elle recevra de la chose vendue une valeur moindre qu'elle n’en avait dans l’opinion des autres hommes”: Forbonnai, Elem. du commerce, chap. 9. pag. 73. tom. 2.
  4. Sia l’oro , e l’argento : e sia , sarà : ma se una nazione faccia , sarà quando realmente ; vi è dunque una differenza . Dico che questa differenza sarà in discapito di quella nazione; poichè se la proporzione sarà , le nazioni vicine cambieranno con col profitto per ogni ; e se la proporzione è , le nazioni vicine cambieranno con , ed ella verrà a riceverne per ogni solamente invece di ; cosicchè se alle altre nazioni frutta , frutterà ; e di nuovo frutterà ec.