Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro secondo – Cap. II

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Libro secondo – Cap. II

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Che altri non si debbe metter a imprese, che sieno oltre alle forze sue, nè contrastare alla natura, et che e’ si debba considerare non solo quel che tu possa, ma quel che ti si convenga, et in che luogo quel che tu harai a fare.

cap. ii.


N
El riesaminare i modegli, è di necessità che infra le ragioni da esaminarsi ti si faccino innanzi queste cose. Primieramente che tu non ti metta a cosa, che sia sopra la possanza de gli huomini, et che tu non ti accinga a far cosa, che e’ si habbia a combattere del tutto contro alla natura delle cose. Et se bene alcuna volta si contrasta contro la forza della natura con qualche mole, o con qualche forza si storce, ella pure è tale che ella saprà superare, et gittar via ciò che se gli contrappone, et l’impedisce; et ogni repugnantissimo ostacolo (per dir cosi) di tutte le cose, che se gli oppongono con la (di giorno in giorno) continova perseveranza, col tempo, et con la abbondanza, rovina et getta per terra il tutto. Quante infinite cose fatte dalle mani degli huomini leggiamo, et veggiamo, noi non essere durate; non per altra cagione, se non perche elleno contendevano contro alla natura delle cose? chi non si riderà di colui che fatto un ponte sopra le Navi nel Mare haveva disegnato di cavalcarlo? o chi non harà più tosto in odio la pazzia di questo insolente? Il Porto di Claudio sotto Hostia, et appresso a Terracina il porto di Adriano, opere certo per ogni conto eterne: Niente di manco noi veggiamo, è già gran tempo, che per haver serrate le bocche dalla rena, et ripieni i seni, sono interamente mancanti, per lo assiduo combattimento del Mare, che senza riposo percotendoli, più l’un giorno che l’altro, gli vince. Che pensi tu adunque, ch’e’ ti habbia a intervenire in questi luoghi, dove tu ti sarai deliberato di contrastare, o di rimovere del tutto gli impeti delle acque, o il grandissimo incarco delle ripe che rovinano? Il che poi che è cosi, bisogna che noi non ci mettiamo a far cose, che non si convenghino a punto a la natura delle cose; dipoi si debbe avertire di non si mettere a fare cosa, che nel farla si habbia a mancare a se stesso, rimanendo ella imperfetta. Chi non harebbe biasimato Tarquino Re de Romani, se gli alti Dii non havessero porto favore alla grandezza della Città, et se nel crescere dello imperio, non [p. 30 modifica]si fussero aumentate ricchezze bastanti a tanta principiata mngnificentia, che egli havesse gittata via tutta la spesa della futura opera, nel gittare i fondamenti del tempio? Oltre che egli è da considerare, et non infra l’ultime cose, non solamente quel che tu possa, ma quello ancora che ti si convenga. Io non lodo Rodope di Tracia quella celebrata Meretrice, et memoria de suoi tempi, che si facesse fare un sepolcro di spesa incredibile: Et se bene ella con il suo meretricio guadagno si avea procacciate ricchezze, regali, ella però non fu degna di sepolcro Regale. Ma per l’opposito, io non biasimo già Artemisia Regina di Caria, per haver fatto al suo carissimo, et degnissimo Consorte il suntuosissimo sepolcro. Ancora che io in queste cose, lodo certo la modestia. Oratio biasimava Mecenate che egli impazzasse nello edificare. Io veramente lodo colui, il quale secondo che dice Cornelio Tacito, fece il sepolcro ad Otone modesto, ma da durare gran tempo. Et se bene nelle private memorie si ricerca la modestia, et nelle publiche la magnificentia: Le publiche ancora sono alcuna volta lodate per essere modeste come le private. Noi lodiamo, et ci maravigliamo del Teatro di Pompeo, per la egregia grandezza, et dignità, della opera. Edificio degno veramente di Pompeo, et di Roma Vittoriosa. Ma la pazzia dello edificare di Nerone, et la furia di recare a fine le opere smisurate, non è lodata da ognuno. Oltra questo chi non harebbe voluto che colui, che con tante migliaia di huomini forò il Monte appresso a Pozzuolo, havesse durata tanta fatica, et consumato tanta spesa, in qualche altra opera più utile? Chi non biasimerà la prodigiosa pazzia di Eliogabalo? egli haveva pensato di piantare una grandissima Colonna, per entro della quale si salisse sopra la cima, acciò vi si ponesse sopra lo Dio Eliogabalo, al quale ei si era ordinato di adorare. Ma non havendo trovato Pietra si grande, fattone cercare insino in Tebaide, si tolse dalla impresa. Debbesi aggiugnere ancora a queste cose che e’ non si debbe incominciare cosa alcuna, se bene per altro ella è degna, et utile, ne però al tutto difficile al farsi, aiutandola le facultadi, et le opportunità de tempi, che ella sia tale, che in breve debba mancare, o per negligentia di chi succede, o per tedio delli habitatori. Io biasimo il fosso, che haveva fatto Nerone navigabile dalle Cinqueremi, dallo Averno insino ad Hostia, si per altre cagioni, si ancora perche a mantenerlo, pareva che desiderasse perpetua, et eterna felicità dello Imperio, et de Principi di tal cosa continuamente studiosissimi. Le quali cose poi che cosi sono, si debbe haver consideratione a quelle che noi di sopra habbiamo racconte, cioè che cosa sia quella, che tu voglia fare, in che luogo tu la vuoi fare, et chi tu sia che la faccia: et l’ordinare il tutto secondo il merito, et l’uso della cosa, farà certo cosa da huomo considerato, et di buono consiglio.