Della eccellenza e dignità delle donne/Segue de li beni de la fortuna

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De la bellezza Conclude per molte ragioni la eccellenza de le donne


Sì come credo, assai sufficientemente è stato da noi provato la bellezza de le donne essere magiore che de gli uomini; la quale con una parte solamente di una novella il Boccaccio nostro volse provare nel suo Decamerone, quando disse che al figliuolo di quello eremita fiorentino a la prima veduta erano le donne tanto piacciute, il che fece sì brevemente, estimando essere vana fatica volere con moltitudine de argomenti affermare quella cosa che niuno ha ardimento negare. De li altri beni e dil corpo e di la fortuna come de’ figliuoli, de l’amicizie, de le ricchezze, de la gloria, de la sanità, de le forze, in niuna di queste cose a l’uomo cedeno. Perché li figliuoli son communi e se l’uno di dua gli ha più de l’altro parte, la donna veramente è quella che gli ha nel suo ventre portati, dil proprio latte nudriti, con tanta fatica e solicitudine allevati.

De l’amicizie non dirò io, conciosia che si ama la beltà e le virtuti, e se ambedua queste sono più ne la donna che ne l’uomo, necessario è che la donna più amata sia, come vedemo ogni giorno per isperienza di tante risse, di tante questioni che ogni giorno fannosi tra gli uomini per guadagnare l’amicizia e la benivolenza de alcuna damigiella. E come si legge ne l’antiche e moderne storie e nei libri de’ poeti de tante città, di tante nazioni che, per contesa di possedere la grazia e l’amore di alcuna donna, sono state ruinate e guaste. Pensa quello avrebbono fatto questi che non hanno temuto mettere ’l mondo sozzopra, per sì fatta cagione, ne le bisogne de le donne loro amiche. Pochi sono stati coloro che per l’amico suo non abbiano dubitato offerirsi alla morte e non so se più di sei o sette paia de amici tali se trovino iscritti. Ma infinito è bene il numero di coloro che per l’amate donne hanno mille pericoli de morte corsi e talora datalasi per troppo amore.

Le richezze (avegna siano state molte donne richissime e ne siano oggi più che mai ancora) non giudico di tanta stima che non sia via più potere comandare a quei che le possedono. Deve adunque alle donne bastare guadagnarsi l’amore degli uomini. La qual cosa gli è agevolissima e poscia sono dominatrici non che de le facultà ma de la vita e dil sangue loro.

La gloria e onore, quantunque da alcuni si connomeri tra li beni strani e de la fortuna, nondimeno è premio e mercede de li beni de l’animo e de la virtute, ne li quali, essendo le donne vincitrici, non gli può mancare né gloria né onore in qual loco e appo qual persona si sia.

Li altri beni dil corpo cioè la sanità e le forze non sono men ne le donne che negli uomini e posto ancora che fussero in esse minori, non sono di tanto momento che possano torgline una minima parte ancora de la loro eccellenza. Perché la sanità consiste in gran parte nel regolato vivere, il che è ne la nostra voluntà, e perché più modestamente e con migliore regola viveno le donne, più rade volte infermano, appresso li menstrui e le spesse purgazioni le reguardano da molte infermità in cui li uomini spesse fiate incappansi.

Quanto a le forze, noi leggiamo de le Amazone e de molte altre andare use in battaglia e che hanno già molti triomfi e innumerabili vittorie rapportate. La quale consuetudine se infin a questi tempi fusse perseverata, ne l’ora presente ancora veder si potrìa quante fossero le feminili forze. Ma perché tale usanza è interrotta, e le forze e li essercizi militari si conservano e aumentano essercitandoli, par che da nulla siano tenute le forze de le donne. La qual cosa ancora che così fusse, che ha bisogno colei (se volemo ragionevolmente considerare) de le forze corporali, che può adoperare in ogni avenimento le forze de l’intelletto? Certo le gran cose tutte si conducono al desiato fine più tosto con ingegno che con possanza corporale e le troppe forze fanno le più volte coloro in cui sono, temerari.

Milone crotoniata, confidandosi ne le sue braccia, volse la quasi fessa quercia aprire e uscendone li cugnoli e altri stormenti che la tenevano aperta, stancandosi a poco a poco la sua forza e chiudendosi da se stessa la rovere, inchiavossi dentro le mani e rimase pasto alle fiere. Capaneo, credendosi contra il volere de li dei poter prendere la città di Tebe, fu da Giove folminato. Li superbi figliuoli de la terra, troppo di sé per la smisurata grandezza presumendo, furono dai dei sotto quei monti detrusi, quai volseno l’uno sopra l’altro porre per ascendere alle celesti sedie. Teseo e Piritoo essendo mortali, fidatisi de le forze loro e de l’amico Ercole, ebbero ardire di volere per moglie prendere le figliole de li dei e perciò andaro all’inferno per rubbar Proserpina al fratello di Giove e ne trasseno il tricipite cane obstante al presumptuoso loro ardire, ma al fine ivi rimasi danno le pene dil comesso flagizio.

Vedi di quanto male è cagione la troppo gagliardezza. Niuna cosa è che più offenda la iustizia che il troppo ardimento e la troppo corporale forza, imperciò che niuna cosa è che ci dia più animo al mal fare che il persuadersi di passarne impuniti. La quale cosa ne la nostra città si è veduta, ne la quale talora sono state sì potenti le arme de’ cativi che a’ buoni tutti conveneva o esser preda e olocausto de’ scelerati o lasciando l’amata patria elegersi voluntario essilio, perché dove non è iustizia, dove le leggi sono morte, non so perché ivi debbia ad alcuno uomo da bene la vita aggradare.

Ma lasciamo ora da canto queste calamità e ritornando al proposito nostro, concludiamo esser vero che un tempo le forze dil corpo e la gagliardezza furono utili al mondo, quando gli uomini valenti e pro’ de la persona defendevano le genti imbelli da le ingiurie, ancidevano i tiranni, domavano i mostri. Ma considerando la natura che quella età d’oro era per convertirse tosto non che in argento e rame, ma ancora in ferro, nel qual tempo le arme de’ forti non propulsarebbeno le ingiurie ma le farebbono, a ciò che tutti universalmente non fussimo di tanta catività machiati e diventassimo de noi stessi tutti micidiali, a l’una de dua parti tolse le arme quali al tempo de le Amazone gli aveva concesse, a ciò che per tal cagione qualche iustizia in terra si conservasse e non avesse una altra volta il mondo (como accaderìa rimanendone privo) a ritornare ne l’antico e primo caos.