Delle notti/Nona Notte

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Nona Notte

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Edward Young - Delle notti (1745)
Traduzione dall'inglese di Giuseppe Bottoni (1770)
Nona Notte
Ottava Notte Decima Notte
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IX. K O T T E.


L’IMMQRTALITÀ.


Prove Fisiche.


ARGOMENTO.



Sebbene la Religione, che a noi insegna essere il Mostra spirito immortale,, sia la piùc solida base su cui è appoggiata la speranza della felice Eternità; nondimeno per: convincerne anche i libertini raduna il Poeta le prove tratte dalla natura di verità così importante y e consolante* U interno* sentimento di noi medesimi; la facoltà di pensare; la perfezione della macchina umana; V accorta, intelligenza, eà invenzione m di mille utili cose > delle quali incapace sarebbe la nuda, e semplice materia: la dignità dell 9 uomo sopra tutte le cose create’ sono gli argomenti proposti dal Poeta per dimostrare essere in noi un pensante principio non materiale, e perciò, immortale .

Tacito ognun de* viventi, ognun’m’ascolti;
La Religione è tutto. È questa Dea.
Per sollievo* dell’uom dal Ciel discesa,
Nella sinistra man portando il Mondo-,
5In cui si nasce, e muore y e nelta destra;
Il Mondo che sarà. Questa è colei,.
Che l’uom sostiene, il fa di lui più grande v
’ Che dell’uomo l’origine sublime
All’uom fa certa, ed assicura il vero
10Pregia della virtù, che in seno ei porta»[qt
questo di miseria Y e d’incostanza
Trista soggiorno, ove la morte impera,
Da questa Diva illustre all’uomo un’alma,
Che nell’opere sue somiglia yn nume,
15Kterua provvidenza alta infinita,

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Grande immortalità!. Questa è la base
Ch’urto non teme, a cui fidar si dee
Ogni nostra speranza:. il resto è solo Un
tempestoso mar perfido fiero,.
20Che sotto i pie apre, e ci sommerge.
Ogni passion, ch’è rea nell’uomo, esclamar
L’esser dell’uom perisca*. Ah folle, alt vano
Empio deòio, di cui l’orgoglio* è- padre,
L’esistenza è il trasporto e il gran trionfo*
25Di quest’anima mia: vivere ancora,.
Esister sempre è quella brama accesa,
Che il mio cor senza posa e forma, e nutre»
Msl che poss’io bramar d’essere? Ali immergi,.
Lorenzo, immergi il guardo entro- gli abissi
30Dell’eterno avvenir l’e nell’estrema - Parte
di questo un sommo ben rimira t
Che con fulgida destra i fonti schiude
Della felicità: che a gran torrenti,
Versa ovunque il piacer dall’urna sua,
35Che del soave timor sempre trabocca.
L’uomo per tempo immenso l’a cui succede
Tempo, che fui non ha; quest’ombra errante,.
Che nell’ora medesma e nasce, e muore:
Quest* esser fral, che in ogni notte al sonno
40Chiede il vigor,, che un solo dì gli tolse,
Vivrà nello stupor,. ne’ bei trasporti ’ ’
Del piacer y dell’amor f tutto per sempre «>
Scorrerà l’infinite:. ogni tesoro* " *’!
Godrà di quello, e crederassi un numeAli’
45eterno Signor prestando o/iiaggio
Tu che d’un sol momento arbitro in questa
Terra non sei, che fragil sei quai fiore
D’un tuo giardin, che come il vento appunto
Ti mostri, e passi, un dì sarai di tutta
50L’eternità signor, ricco di quanti
Beni può dar l’onnipotenza eterna.
No, che iuuno giammai tra noi compresi.
Nè quanto è generoso un Dio, ne quanto
È grande l’uom della virtude amico.

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55Colui, ch’è saggio, ed a quel Nume, affida
Tutte le sue speranze, ah no, non tema,
Che troppo vaste sien, che troppo ei brami.
Ragion, che sei d’ogni virtù.più bella.
Sacra sorgente, a te s’aspetta il freno
60Di questo cor; Dell’ubbidirti io, provo
La mia felicità; veglia in me stesso
Finché vita mi resta, e a me più cara
Della vita rassembra. Appena io giunsi
A quell’età, che nella mia ragione
65Un’amabile scorta a me fe’ nota,.
Ch’ogni cenno di lei per me fu legge.
Questa ragion del più sincero omaggio
Degna è, perchè dalla ragion superna
Ha l’origine sua. Questa di serto
70Cinge, o vendica questa il sommo Nume
Se premia il giusto, o se punisce il reo.
Se dimostra ragion colui che crede.
Alla immortalità, la creda adesso
Per esser lieto, e disprezzar la morte.
75Esser può mai, che sia tra noi chi porti
In seno alma immortale, ed abbia ancora
Della montagna, che un tesoro asconde,
L’indifferenza cieca? In quel gran giorno,
In cui questo tesor, che mai conobbe,
80Gli mostreran le sue ruine istesse,
Ei noi vedrà che per vederne insieme
La perdita fatai, nò il cupo abisso
Scorger potrà che nel restarvi oppresso.
Esser può mai che tenti altri più folle,
85Con prodigio inudìto, orrido, ed empio,
Dell’alma soffocar le voci ardite,
Che lo stringono a gara; impieghi ogni arte
Per farsi a’ brqti, ed agl’insetti eguale,
E di rendersi vile ambisca, e goda?
90Allor che la ragion, gl’interni moti,
Sempre attivi, fan fronte alla miseria
Ove il desìo lo guida, e più sublime
Voglion cte spieghi il voi: suda, s’affanna,

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A quei resiste, e con fatica estrema
95Spinge se stesso al niente. Egli si forma
Dolce lusinga di restar di quello
Nell’orribile notte alfin sepolto.
Della immortalità l’insegna eccelsa
Toglie dalla sua fronte, e contro all’alma,
100Contro al germe divin, che in-sen gli vive,
Con sacrileghe voci ardito insorge.
Tu sovrano signor d’ambo l’immense
Eternità, di cui pasò già l’una
Pria che l’angelo, e Tuoni vita godesse;
105Tu, la cui destra guida, il ciglio abbraccia,
Anima il soffio, e la natura accende,
La mia voce sostien mentre io deJT alma
li’ esistenza immortai difender tento:
Questo tento cantar di tua possanza
110Inclito don /che della vita al giusta
Più prezioso divien: ma deve amarti
Chi intender vuol di questo dono il prezzo*
Sì, l’incredulo fier se stesso inganna;
E la natura tutta i detti suoi
115O smentisce, e confonde. Il Ciel, la Terra
Farlan coi moti lor, coi strani eventi
Della immortalità. Sempre l’annunzia.
Air uomo la ragione. Il cor, la bramft.
Tutto a noi la fa nota, o almen di quella
12011 desio ci risveglia. E ben, se vuoi,
Orgoglioso mortai, che a te m’arrenda „
Andiamo insiem dell’universo al tempio;
Andiamo, e là della sapienza eterna
L’oracolo consulta. Il piè di quello
125Fuor non trarrai senza immortai te stesso
Credere in avvenir. Dell’esser primo
Immutabile eterno è la natura
Opra, che sempre ha mille forme impresse,
Sempre è varia in se stessa: il tutto in lei
130Nasce, passa, ritorna, e si trasforma:
Niente in lei si distrugge. Al dì che muore
Cupa notte succede, e della notte

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Dall’ombrò istcsse il’nuovo di rinasce *
Sorgono gli astri, e a tramontar sen vanno
135Per risorgere ancor de’ Cieli il corso;
Segue la Terra, e soffre il freno istesso.
Ecco che a noi sen vien tutta brillante
La più calda stagion: scintille, e raggi
Vibra dal volto 1 suo: sovra i ridenti
140Prati s’avanza, e col suo pie di fuoco
Disperge i fior, da cui l’etere beve
Il balsamico umor. Scolora intanto 5
Manca delle sue guancie il sangue acceso,
E del pallido autunno offre l’aspetto.
145Resta dell’onor suo priva la vite.
Già l’autunno invecchiò; ne più si mira
Che il decrepito verno, a cui le brine
Cuopro.no il volto, e le nevose chiome.
Ei vien sii i nembi, e le tempeste assido,
150E d’usbergo di gel cinto, ed armato
Il vacillante autunno urta, discaccia,
E spoglia il suol delle sue poma aurate v ■
Il crudo orrido veglio a poco a poco
Il suo furor depone, t; già la bella
155Primavera gentile a noi ritorna *
A noi la guida co* suoi dolci fiati
Zeffiro grato, e col suo riso imprime
Alle create cose il primo il vago; *
Vigor di gioventù. Questa deM’anno’
160Fermando il cerchio, la stagione estiva
Chiama già Febo dalla reggia ardente,
Perchè pronta incominci il corso usato
Per produr nuovi fior tutto languisce;
Della ruota ogni punto all’altro è guida %
165Ogni punto discende, e poi risorge •
Ogni dellanmateria o modo, o forma
Manca sol per vestir forma novella •
La vita, ovunque dalla stessa morte
Nuovamente prodotta, in questo tutto
170Circola, e sempre con egual misura
Deir universo intero empie la massa.

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No, che un atomo sol non si distrugge -,
Nè un esser v’ha, che d’aver fatto il grande
Onnipotente Dio si penta e mostri,»
175Che consiglio ei cangiò- tornando al nulla *
Dell’immortalità dell’uomoè questa
Il luminoso emblema: ei passa, è vero,.
Noti perisce però. Ma pur diverse
Son la natura, e Palma* Incerchio immenso,
180in cui mille sembianze or lascia, or prende,
Quella se stessa avvolge-, e questa il passo
Avanza, e per sentier dritto infinitoSempre
qual viva fiamma in alto sale..
Chi creder può che debba l’alma un giorno»
185Esser preda di morte, e creder pilo te
La materia immortai? Reso il più vile
Sarà l’esser più grande? E l’uom soltanto.
Per cui tutto rinasce, a nuova vita.
Sorgere non potrà? Stella più amica
190Avrà Ja messe, che dell’uomo è cibo?.
Ed un fato crude! l’uom solo avria.
Condannato a ridursi in seno al nulla t
L’uomo, che sol dell’esistenza il bene, E
l’orror del morir conosce, e sente 1» ’
195D’una seconda lesre è la natura.!
Rigida osservatrice. Ella trascorreSempre
fedel la sì minuta, e vària
Serie de’ gradi suoi. Tócca passando
Tutti gli ultimi stami, e nulla omette*
200Nulla confonde nel suo, moto occulto •
Ogn.’ esser, che tra due sostanze è centro
Con due punti, che l’uno è all’altro opposto*
Al suo maggiore estremo, e a quel di lui
Sommamente minor s’unisce. Ognuna
205Parte del tutto alla porzion vicina
Si combina, si adatta: una dall’altra
Par che germogli, e par che l’una abbracci
L’altra, che con eguale amor risponde
m Qui si vede materia affatto inerte
210Dormir sepolta, ed aspettar chi desti

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In lei moto vital. Tra viva, e morta
Altra colà ne mira il ciglio. Il senso
Qua s’unisce alla vita. Un primo raggio
D’intelligenza in ogni bruto accolto
215Si scorge; e questo una dubbiosa aurora
Forma della ragion giunta al meriggio.
Questa ragion dell’uom risplende, e brilla:
Ma neiruom non si vede al grado estremo
Giunta del suo splendore. E coinè adunque
220Salvar non tronca la catena eccelsa
Dall’uomo frale agli esseri sublimi,,
Che di corporeo vel cinti non sono,
Glie non soflVon di morte il tristo impero?
O confessar convien, che l’uomo è un tutto,
225Di cui parte sen muor, parte è immortale,
O la catena è franta, e in lui finisce.
Gran vuoto appar, nè più si vede unita
Degli esseri la serie. A tal sentenza
Guida l’analogia, scorta sincera,
230Che l’uom conduce a discoprire il vero.
L’incredulo, che sembra essersi unito
In stretta lega all’implacabil morte,
La natura smentisce, e le sue voci
Sprezza, rigetta, ed insensato abborre
235La sua ragion per rifiutar soltanto
La sua felicità: d’ogni suo fregio
Spoglia un’alma immortale, e in foggia indegna
L4. maestà dell’uom tradisce annienta’.
Quanto diversi son del saggio i sensi!
240Se così vuol /’ onnipotente Nume,
Tutta la terra in polvere si sciolga»
«Piombino rovinosi e stelle, ed astri,
Resti infranto il mio vel, l’alma è sicura.
& almi* allor s’ergerà sulle ruine
245Dell’Universo, e sorgerà qual fiamma
Dalia pira funebre, ov* arde il Mondo*
All’eccidio feral l’uomo sorride:
Sente che fischia invano il fulmin torto,
E il terribile strai, che morte avventa,

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250Senza forza cader si mira al piede.
Sorgi, Lorenzo, andiam, vieni, e decidi
Se l’uomo è un esser vii, se un giorno in lui
Tutto debba morir. Meco alle nubi
( Tu, che in alto poggiar giammai ricusi )
255v Rapido ascendi, e della sua possanza
Tutta la pompa osserva. Il ciglio abbassa
Alla terra, che tutta a te predice
La tua sorte immortal. Quai meraviglie
Mostra al di fuor da gareggiar con gli astri!
260Oual di lei vasto tratto è reso adorno
Da’ fior, da* frutti, e dalle mesi altere!
Per quanto mar spiegali le navi il volo.
A soddisfar dell’uom Pavida sete
0 di nuovo piacere, o d’aspra guerra!
265A lui servono gli astri, il mare l’i venti,
E Tindustre suo genio arbitro è reso
E dei venti, e del mar. Debole inciampo
Sono al corso di lui quelle, che il cielo
Quasi vanno a ferir, vaste montagne
270Nate fin da quel dì che nacque il mondo.
Quante l’uom ne distrusse, e quante immense
Profondissime valli ci rese ha colme!
Quante illustri città siedon regine
Di monti in vetta, o di spaziose valli
275Empiono il sen! Di lor mira le torri
Ch’ergon le cime in risplendente e vaga
Foggia piramidal, c’hanno l’impero
Del paese vicino, e son del ricco
Quadro, ch’or ti mostrai, lustro, e corona.
280Oh portento maggior! Vedi sul mare
Erger altre città l’altera fronte,
1 eui portici eccelsi, e i regj tetti,
Che si pingono in mar, l’onda raddoppia.
L’ardito flutto invan mugge su’ fianchi
285- Della mole che il frena, e il pin difende:
Flagella in van la vasta immobil massa,
E di candide spume invan i’ asperge.
Vedi, che l’uom più regni all’oceano

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Tolse, ed ci più ristretto ancor più fremr*
290L’uomo, quasi altro nume,, al mar ripete:
Rispetta il nuovo lido, e qui t’arresta* •’
Volgi or più presso all’equator lo sguardo;
O quante io veggio sotto un Ciel più amico
Fiorir arti sublimi, arti che sono
295D;>lce incauto de 1 sensi! E puote il ciglio
Tutti mirar que 1 maestosi templi,
Le cui cime fastose rgonsi all’etra,
Al Dio, che in essi il Mondo tutto adora?
Quanto superbo, e signorile ò questo
300Arco eretto a’ trionfi! Il ciglio immoto
Resta, che nel mirarne il giro immenso
E’ spettator della metà delucido.
Oui si veggon torrenti, i quai scordata
La natia gravità per l’aere vanno,.
305Ed in polve spumosa al fin ridotti, ’
Tornano sparsi a ricader sul suolo»
Colà fiumi orgogliosi in vasta oscura
Cavernosa prigion.dormon confusi,
E dov’arida un giorno era la piaggia,
310Ora si vede un ampio mar tranquillo.
Apre Tuoni della terra altrove il seno,
E seco trae dalle lontane rive
Due mari opposti: a suo piacer ne guida
Per varj seni il corso, e dove il centro
315De’ suoi regni fissò, quei mari unisce.
Di coraggio inarzial t’accendi, e il fiero
Si’ntier ti piace, in cui la spada è guida
Alla gloria, all’impero? Il sangue osserva,
Che le campagne inonda, ascolta il tuono
320Assordator, che dalle navi sbocca;
Del Britannico soglio egli è la voce,
Che leggi detta, e dà la pace al mondo»
E che resiste all’uom? Cede la terra
Delle viscere sue tuta i tesori.
325Misurato fu il Cielo, e l’occhio giunge
Dell’eterea regione al più remoto
Seno, ove l’astro in van fugge, e si cela.

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Or più remoli il mondo ha i suoi confini:
Vinta è natura, i più gek>si arcani
330Lascia adesso vedere, ovunque al freno.
Ella è costretta ad ubbidir delP arte.
Sempre il mondo farà splendida prova
Oual sia dell 1 uomo c la possanza, e il genio»
Chi fìa, che nel mirar tanti portenti
335Non esclami rapito: Ah ch’io ben veggio
Che in sì nobit, e— cago, ed ampio albergo
Immortali viventi ebher soggiorno.
Col mio canto, o mortai, l’orgoglio assai
Lusingato. ho finora, e già ti miro
340Fiero dell’opre tue, dil eguai non hanno.
Apprender vuoi cosa più illustre, e tale,
Che più illustre ti renda? A quei, che vive
Giuoco d’avversa sorte, il cor non sdegni
Un sospiro inviar. L’uomo, che sentQ
345Pietà de 1 * mali altrui, porta scolpita
L’unica, la nioral vera grandezza..
E allor che annienta l’implacabil morte
Ogni altro fregio in noi, questa conserva,
li di lauro ammortai la rende adorna