Discorso sul testo della Commedia di Dante/VIII

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VII IX

[p. 141 modifica]VIII. Oggi chi mai potrebbe immaginare quanta poesia primitiva e quante scientifiche età, succedute dopo lungo intervallo di generazioni a’ poemi, si siano smarrite nell’eternità de’ tempi innanzi che il Libro di Giobe, e l’Iliade e i Profeti Ebrei fossero privilegiati a sopravvivere a tante nazioni? Se non che le modificazioni della teologia mosaica in più religioni avverse fra loro hanno fatto smarrire anche le poche circostanze storiche atte appena a spargere indizj sulla epoca e la vita e le menti de’ poeti Ebrei; — e diresti che tre secoli dalla età probabile dell’Iliade sino alla diffusione della letteratura in Atene, tacquero intorno ad Omero come per compiacere alla intenzione di lui di risplendere illustre ed ignoto eternamente alla terra. La Commedia di Dante è immedesimata nella patria, nella religione, nella filosofia, nelle passioni, nell’indole dell’autore; e nel passato e nel presente e nell’avvenire de’ tempi in che visse; ed in questa civiltà dell’Europa che originava con [p. 142 modifica]esso, se non da esso, e ne vediamo i progressi narrati da mille scrittori di padre in figlio. A ogni modo era secolo eroico; e molti de’ suoi lineamenti sono alle volte fantastici; e dove hanno del rozzo, furono trascurati; e gli altri bastò guardarli con meraviglia, quasi che tanto sapere e tanta barbarie fossero inesplicabili. Ma l’affluenza e il silenzio delle storie tornano del pari dannosi. Così e narrazioni e tradizioni e opinioni si sono oggimai riaccumulate, e confuse e spinose di dubbj; e quando accolte, e quando smentite e neglette; e tuttavia richiamate alla loro volta. Pur tutte, tale più tale meno, sviarono la lingua, la poesia e la interpretazione della Commedia dalle intenzioni del suo creatore; tanto più quanto il popolo e i tempi a’ quali intendeva d’apparecchiarla, non che potere mai dirizzarsi alle mète additate in quell’Opera, furono costretti a dissimularle.

Note