Donne illustri/Donne illustri/Madama Récamier

Da Wikisource.
Madama Récamier

../Bianca Maria Sforza ../Paolina Bonaparte IncludiIntestazione 13 novembre 2022 100% Da definire

Donne illustri - Bianca Maria Sforza Donne illustri - Paolina Bonaparte
[p. 248 modifica]MADAMA RÉCAMIER [p. 249 modifica]

</noinclude>



MADAMA RÉCAMIER








CCiulia Récamier, nata in Lione nel 1777, era figlia di un Bernard impiegato superiore delle poste, che fu rimosso dal suo ufficio sotto il Consolato come sospetto di connivenza coi regi. Non avea ancora sedici anni che fu sposata col Récamier, ricco banchiere di Parigi. Ella lo onorò come suo signore nella avversa e nella buona fortuna. La sua rara bellezza e la sua singolare gentilezza ed avvenenza interessavano tutti gli animi bennati nel destino di lei, sebbene la amassero senza speranza.

Il duca di Laval, parlando dell'ammirazione eccitata dalla Récamier diceva quel verso:

Ils n’en mouraient pas tous, mais tous ètaient frappès.

[p. 250 modifica]

Difatti egli e due altri Montmorency, il suo figlio Enrico e il visconte Matteo ne folleggiarono. Dei Bonaparte, Luciano, sotto il nome di Romeo, poiché ella si chiamava Giulietta, le mandò un romanzo amoroso: Lettres de Romèo à Juliette par l’auteur de la Tribu indienne. Ella gli rese con bel garbo le lettere innanzi a gente; ed egli continuò tuttavia sotto il proprio nome a far l’innamorato solo. Napoleone I s’accorse di lei ad una festa datagli dal Direttorio il 10 dicembre 1797, quando, essendosi ella levata in piedi a guardare il giovane eroe, coronato delle vittorie d’Italia, sorse, per la divina apparizione, un fremito di meraviglia in tutta l’adunanza. La tentò più volte anche per via di Fouché ed aiutante la buona madama Bacciocchi; ma ella rifiutò di farsi dama di Corte, e invece entrò nella Corte avversa di madama di Stäel; e furono, come si suol dire, una coppia e un paio — l’una mettendo in comune la bellezza e la grazia, l’altra l’ingegno e lo spirito meraviglioso.

Piuttosto si sarebbe piegata al principe Augusto di Prussia, fratello di Guglielmo III, che la amò fin all’ultimo suo respiro; l’amore durò più di trent’anni. Egli la eccitava a far divorzio dal marito e sposar lui — ma ella non volle abbandonare il suo vecchio Titone. Tre mesi prima di morire gli scrisse: Porterò meco nella tomba l’anello che m’avete donato. Châteaubriand a settantanovè anni voleva sposarla per darle il suo nome; ed ella resistè anche a questo lusinghiero onore. E fu l’uomo ch’ella amò più. Un altro suo adoratore, il buono e dotto Ballanche visse dell’aura che movea dal dolce viso di lei, ed ella il trattò con squisita amorevolezza, sebbene brutto e goffo. E nell’ultima [p. 251 modifica] malattia di lui, quantunque uscisse appena dall’essere operata della cataratta, lo vegliò costantemente, e nelle lagrime versate consumò ogni speranza di ricuperare la vista. Era d’animo gentilissimo: ma coltivava l’amistà; non l’amore. Fu il conforto e la consolazione di molti; la gioia forse di nessuno. Il che è tanto più mirabile ch’ella entrò nel mondo, ammirata ed idolatrata, ai tempi del Direttorio, quando, come suole avvenire dopo i gran morbi pubblici, la licenza imperversava e la dava per mezzo ad ogni eccesso.

Ella aveva un’onestà naturale e come una ritrosia di macchiare la sua celeste bellezza. Anche il vecchio letterato Laharpe la adorò e le scrivea: Je vous aime comme on aime un ange et j'espère qu'il n’y a pas de danger. Ma il più notevole si era che le donne la adoravano non meno che gli uomini; e le più serie, come la Svetchine, la corteggiavano. La celebre madama di Krudener, dice il Guizot, desiderando e temendo insieme a tirarla nei convegni di orazioni e di conferenze mistiche ch’ella teneva per convertire gli accorrenti e specialmente l’imperatore Alessandro, le facea scrivere da Benjamin Costant: Je m’acquitte avec un peu d’embarras d’une commission que madame de Krüdener vient de me donner. Elle vous supplie de venir le moins belle que vous pourrez. Elle dit que vous éblouissez tout le monde et que par là toutes les âmes sont troublées et toutes les attentions impossibles. Vous ne pouvez pas déposer votre charme, mais ne le réhaussez pas. Dicemmo della Stäel, ma la amicizia di questa donna esosa all’imperatore e le visite che ella le faceva a Coppet, le fruttarono il doversi cansar da Parigi per ordine della polizia. Fu poi [p. 252 modifica] costretta a passare in Italia, donde non ripatriò che alla caduta dell’impero.

La Récamier aveva conosciuto a Roma il Canova (1813) e l’abate suo fratello e indivisibil compagno. Tra la bellezza e l’arte dovea correre simpatia: e di fatto l’artefice e l’involontaria modella s’intrinsecarono tanto che fecero casa insieme in Albano. Andata a Napoli, al ritorno, il Canova le fece una improvvisata. Condottala al suo studio, alzata una tenda verde, apparvero due busti di donna modellati di terra; l’uno in capelli, l’altro semi-coperto di un velo. «Miri se ho pensato a lei,» le disse il grande artista. Era il suo ritratto. Ma ella non se ne compiacque; anzi si mostrò come confusa e dispiacente; forse, nota il Guizot, perchè, conoscendosi perfettamente, non le paresse di avere le pure e severe linee della venustà greca, e pertanto non credesse star bene in marmo. Il Canova ne fe’ una Beatrice, ed ella, quando l’effigie fu consacrata col nome della donna amata da Dante, pare si contentasse che venisse ribattezzata nel nome suo; poiché alla morte del Canova, il fratello la mandò a lei co’ versi di Dante:


Sovra candido vel, cinta d’oliva

Donna m’apparve.


e con queste altre parole: Potrait de Juliette Récamier modelé de mémoire par Canova, 1813.

Dopo alquanti anni, nel 1819, si andò come a nascondere all'Abbaye aux Bois, rue de Sèvres; ma ebbe colà una corte di uomini famosi e devoti. Una sua nipote, madama [p. 253 modifica] Lenormand, nata Cyvoët, le fu fedele compagna finché la morte la colse in Parigi nel 1849, e ne onorò co’ suoi Ricordi la diletta imagine, raggio di luce divina disperso nelle bellezze eterne.