Educazione del baco da seta/Capitolo III

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Capitolo III. Osservazioni sulle malattie che affliggono il baco da seta

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CAPITOLO III.


Osservazioni sulle malattie che affliggono
il Baco da Seta.


Le principali malattie che affliggono il baco da seta, e che finora furono [p. 31 modifica]conosciute e studiate sono l’Atrofia, il Giallume, l’Idropisia, l’Apoplessia, il Riccione, la Cancrena, ed il Calcino1. Alcune sono effetto d’un vizio ereditario proveniente della semente, altre dello scarso o cattivo nutrimento, o della incostante o bassa temperatura interna od esterna dei locali.

Saranno ereditarie, quando siasi adoperata tutta la semente deposta dalle farfalle femmine, senza aver riguardo alla di lei qualità, essendovi frammiste molte uova giallognole o d’un color grigio molto chiaro2, indizio di mancata od imperfetta fecondazione, delle quali alcune non nasceranno, ed altre daranno origine ad un baco non sviluppato convenientemente, non essendo l’uovo ben maturo o debolmente costituito, e paragonabile ad un frutto immaturo il quale o non sarà atto a riprodur la sua specie o la riprodurrà infermiccia; la semente poi [p. 32 modifica]potrebbe essere anche non abbastanza maturata o stagionata quando sia stata fatta e conservata ad una temperatura troppo bassa.

L’Atrofia può essere ereditaria, ma in generale è l’effetto della primavera fredda e piovosa, che obbliga anche a somministrare ai bachi la foglia umida, fredda ed in iscarsa quantità, e ciò molto più quando siasi di troppo anticipata la incubazione artificiale della semente. Questo male domina nelle prime età.

Il Giallume può essere ereditario, e può aver causa comune coll’Idropisia, cioè esser effetto di scarso ed umido alimento, o di locali soverchiamente umidi; circostante tutte che alterano le funzioni digerenti ed assimilatone del baco, aumentando in esso la massa dell’umor acqueo, che, quando viene escreto, si riconosce trovar umida la carta de’ graticci, e che, quando poi non sia escreto, rende idropico il baco. Il Giallume è assai più frequente nelle ultime età, mentre l’Idropisia manifestasi nelle prime o nelle età di mezzo.

L’Apoplessia rende il baco morto floscio e vuoto d’alimenti, essendo essa preceduta da lunga inappetenza o da perfetto [p. 33 modifica] digiuno; questa morte, piuttosto che da vera apoplessia, sembra derivare da alterazioni del canal alimentare, e fors’anche da una particolare qualità della foglia la quale agisca come veleno, osservandosi dominare questa malattia in certi anni od in certe partite, specialmente nelle ultime età.

Il Riccione è quella malattia per la quale il baco quasi al momento di formarsi il bozzolo, si raggrinza o ritrae sopra sè stesso, e muore, oppure vive assumendo in tutto od in parte le forme della crisalide o ninfa senza però fabbricarsi il bozzolo. Tale malattia il più delle volte proviene dalla mancanza del filo serico, prodotta da disordini nelle funzioni assimilatorie; ed altre volte dal non aver potuto trovare un luogo opportuno nel quale ordire un appoggio al suo bozzolo: in questo caso il baco raggrinzato muore; mentre nel primo talvolta vive e dà origine alla farfalla.

La Gangrena, detta anche Negrone, è una malattia eminentemente ereditaria, e può aver origine dall’alimento scarso ed umido, oppure dal locale parimenti umido, freddo, o soggetto ad emanazioni putride: essa manifestasi coll’annerire e sfacelare, o [p. 34 modifica] ridurre in nero e putrido liquame parte del baco vivente, o la totalità del suo cadavere.

Il Calcino, Moscardino o Mal del Segno è una malattia che può investire il baco da seta in qualunque età o stadio della sua vita. Essa si ritenne sempre ereditaria ed attaccaticcia per inoculamento e per contatto. Il di lei carattere esterno è quello di coprire il baco estinto di una muffa biancastra, lasciandolo in seguito impicciolito, duro, friabile e quasi imputrescibile o mummificato. A quanto pare finora essa riuscì sempre mortale, non avendo noi altro criterio per riconoscerla che l’estinzione dell’insetto ed il suo successivo imbiancamento.

Gli studi fatti su questa malattia sono tutti recenti; e diversissime furono le conseguenti opinioni sulla causa occasionale, sulla essenza e sulla cura della medesima. Nysten nel 1808 trovava utili le fumicazioni acide ed ammoniacali. Nel 1810 Paroletti pel primo la stimò una muffa; Bonafous ne confermò l’opinione, e ritenne la ventilazione migliore de’ suffumigi. Montagne e Bassi riconobbero pure la muffa, [p. 35 modifica] e quest’ultimo s’ingegnò provarla unica causa materiale esterna del calcino, il quale per conseguenza non potrebbe mai svilupparsi spontaneamente. Il dottor Balsamo-Crivelli pose questa muffa nel genere delle Botrytis, specializzandola col nome di Poradoxa; e disse svilupparsi essa nel pigmento sottocutaneo o tessuto adiposo di Lyonnet. Astier oppose alla propagazione della suddetta muffa il mercurio ed i suoi preparati, riprovando gli acidi e gli alcali. Berard adoperò le lavature con solfato di rame, con sublimato corrosivo, le fumicazioni solforose. Bassi poi prescrisse come preservativi le lavature delle uova del baco, fatte con acqua ed alcool; pei locali ed utensili l’acqua bollente con potassa caustica, l’imbiancatura con calce e potassa, le lozioni di acido nitrico; e come mezzi curativi il cloro, l’ammoniaca, il mercurio, l’iodio, la chinina, la canfora, l’elettricità, il gran caldo, il gran umido, il vapor acqueo, le fumicazioni d’acido solforoso, d’ammoniaca, di tabacco, la trementina, e molte altre cose di disparatissima natura ed azione quanto le accennate: per il che il Dott. Lomeni scrisse sull’inefficaccia di tale [p. 36 modifica] affastellamento di prescrizioni. Audoin, conscio che le muffe, avanti la loro comparsa, esistono allo stato di thallus nell’interno delle sostanze organiche, procurò artificialmente coll’umido lo sviluppo del calcino in altri insetti e l’ottenne. Il D.r Petazzi3 pure lo sviluppò artificialmente nel baco coll’eccessiva ventilazione e col freddo repentino. Queste ultime due osservazioni furono forse le più importanti ma passarono entrambe in dimenticanza. Saccardo attesta il calcino non esser contagioso, ma solo ereditario, ed aquisibile tanto allo stato di uova durante la conservazione ed incubazione della semente, quanto allo stato di larva durante l’educazione. Come causa principale ne ritiene il gas acido carbonico sviluppatosi dalla fermentazione per ammucchiamento delle uova: o sviluppatosi dall’uovo nascente nella camera o stufa d’incubazione artificiale, la quale non fosse opportunamente ventilata; oppure, finalmente, prodotto dalla respirazione del baco durante l’educazione in locali angusti e non [p. 37 modifica] ventilati. Raccomanda quindi il Saccardo, la diligente conservazione della semente nelle ghiacciaje, le stufe ventilatici per l’incubazione; l’imbiancatura de’ locali colla calce; le tavole senza sponde nelle prime età, ed una accuratissima e speciale disposizione delle aperture nei locali d’educazione, senza riflettere che a pag. 54 della sua Opera citata confessa gli umili casolari dare, generalmente, maggiore e miglior prodotto delle magnifiche bigattaje. Alle opinioni derivate dalle indagini scientifiche aggiungonsi ancora quelle di coloro i quali decidono dopo il fatto in favore della circostanza che loro più aggrada, o che più ha colpito la loro mente; come sarebbe l’attribuire il calcino ora alla foglia troppo umida o troppo secca e macchiata, ora al troppo caldo od al vento freddo de’ temporali, ora alla nascita troppo lenta o troppo repentina della semente, od alla sua qualità, ora ai locali troppo grandi o troppo piccoli, ai vetri, ai dipinti, alla cattiva qualità delle persone che le educano, ecc.

Io intanto mostrerò come il calcino, potendo essere ereditario, sia non essenzialmente contagioso, e come anzi possa svilupparsi spontaneamente in certe circostanze. [p. 38 modifica]

Il calcino potendo, come si è detto, manifestarsi nel baco in qualunque età e stadio della sua vita, potrà attaccarlo, come infatti si osserva, allo stato di larva, di crisalide, ed anche allo stato di farfalla, la quale se non muore ne’ primi istanti, potrà, dopo accoppiata deporre uova che, contenendo i germi del calcino, questo si sviluppa nelle prime età del nuovo baco, appena che una piccola circostanza lo favorisca. Che se la muffa biancastra costituente il calcino fosse la sola causa occasionale della sua riproduzione quando venga in contatto di bachi sani, non potrebbe il calcino manifestarsi che allorquando il baco fosse allo stato di larva, e non potrebbe influire sulle crisalidi che sono rinchiuse nel bozzolo, nè sulle farfalle che hanno deposto tutto ciò che era dapprima in contatto coll’esterno; ma poichè accade il contrario non può il fatto ripetersi che dall’interna alterazione del baco, la quale può appalesarsi presto o tardi, a seconda delle circostanze, potendo trovarsi il germe del calcino anche nell’uovo, senza che la farfalla madre ne abbia dato alcun indizio. In questo il calcino si comporta come tutte le [p. 39 modifica] affezioni umorali, per esempio la tisi, la scrofola e la rachite le quali sono ereditarie senza essere contagiose: non essendovi inoltre caso di malattia contagiosa che sia ereditaria; e la peste ed il cholera per gran ventura non lo sono. Nè a sostenere la contagiosità del calcino vale il dire che può essere propagato per inoculazione, poichè questa operazione può trasmettere anche molte altre anomalie, e differisce dal contagio in quanto che porta la materia eterogenea in diretto e stabile contatto di parti dotate di maggior vitalità che non la superficie d’un organismo qualunque: e la sifilide ed il vajolo vaccino non hanno altro modo d’essere contagiosi. Che se poi il calcino, a differenza di tutti gli altri contagi, senza aver riguardo alla predisposizione dell’organismo e delle circostanze, potesse appicarsi al baco per solo contatto del pulviscolo staccato dalla muffa recente di bachi infetti o da quella d’antica data, cioè da utensili adoperati antecedentemente e non ispurgati dopo la manifestazione del calcino, certo che pochissimi sarebbero quelli educatori che andrebbero esenti da tal disgrazia ne’ loro bachi; potendo il fatal pulviscolo, [p. 40 modifica]al dire del Bassi, esser trasportato a grandi distante dall’aria, dagli abiti delle persone, dalle mosche! ecc. ecc. Infine la presenza costante della muffa biancastra, non è che l’indizio d’una certa disorganizzazione del corpo del baco, e, come indizio di questo, non differisce dalle varie qualità di pus, gangrene, ec. delle dissoluzioni animali; nè dalle varie specie di funghi, di licheni e d’altre produzioni parassitiche indicanti l’estinzione e lo sfacimento di tutto o d’una parte d’un vegetale: produzioni la cui origine non può farsi derivare dall’esterno, ma solo dalle condizioni interne dell’organismo in via di dissoluzione4. Per quanto poi risguarda l’opinione del Saccardo sulla tanto diretta influenza del gas acido carbonico [p. 41 modifica]nello sviluppo del calcino, io pure con essa opino, che la fermentazione della semente e l’impedito ingresso dell’ossigeno nei [p. 42 modifica]locali d’incubazione artificiale ove invero formasi una piccola quantità di gas acido carbonico, io pure dico, acconsento a riconoscerle come cause di cattiva riuscita dei bachi, non però sempre di calcino; ma non ritengo poi che il gas acido carbonico espirato dal baco allo stato di larva sia cosa tanto esiziale quando resti stagnante nel locale o su graticci, e che qualora anche ciò fosse, sappiamo che le foglie verdi, [p. 43 modifica]ancorchè staccate dalla pianta, possedono, dotto l’azione della luce, la facoltà di decomporre il gas acido carbonico, assimilandosi il carbonio e lasciando in libertà l’ossigeno5.La foglia del gelso, adunque, che [p. 44 modifica]è sui graticci, e la luce che egli stesso raccomanda, abbastanza ci salverebbero da siffatto inconveniente.

Convinto pertanto che il calcino non sia essenzialmente contagioso, ad indagare quale possa essere la causa occasionale del suo sviluppo non mi sembrano inutili le seguenti osservazioni, cioè:

1° Che gli studi fatti sull’educazione del baco da seta, e specialmente quelli sul calcino sono quasi tutti di paesi relativamente settentrionali e più freddi di quelli ove dapprima venne educato; e l’essere tali studi tutti recenti mostrano non molto lontana anche fra noi la prima comparsa del calcino.

2.° Che il calcino andò sempre più aumentando col trasportare il baco dal Sud al Nord, come possiamo convincerci dal vedere che meglio riesce la semente de’ bachi portata dal Nord al Sud che non viceversa, donde il comune desiderio di aver semente da paesi relativamente superiori.

3.° Che i bachi fatti nascere artificialmente a gran calore, il quale dopo non si possa mantenere nè aumentare, facilmente contraggono il calcino fin nelle prime età, donde il pregiudizio della semente abbruciata: e che il calcino non di rado [p. 45 modifica]sviluppasi nelle prime età, quando la primavera fattasi fredda e piovosa, si trascuri di supplirvi col calore artificiale.

4. Che di solito maggiormente infierisce nelle ultime età, quando cioè la vita del baco abbisogna di una temperatura sempre crescente, laddove cessa, come asserisce anche il Bassi, portando la temperatura al di sopra dei 30° R.

5.° Che il calcino, a pari latitudine e provincia, preferisce i luoghi freddi e ventilati, e quindi il monte al colle, e questo alla pianura, ed in questa i luoghi asciutti e ventilati per la vicinanza de’ monti più che i luoghi irrigui e difesi maggiormente dai venti settentrionali: ed a questo proposito credo poter citare lo stesso Bassi il quale, con intenzioni molto diverse, disse: «Nell’Agro Lodigiano in cui l’irrigazione e la feracità del suolo rende umida l’atmosfera e molto umorosa la foglia, e dove le case de’ contadini che servono di bigattiera sono per lo più basse, strette e poco ventilate, e dove generalmente parlando si educano male i bigatti e più male ancora si educavano per l’addietro, non si sapeva tampoco cosa fosse Mal del Segno, mentre in S. Colombano, situato nella stessa [p. 46 modifica] Provincia, lo si conosce già da gran tempo, perchè l’aria asciutta e la foglia poco acquosa di quei colli, rendendo più energico il contagio calcinale e più opportuno il filugello a dargli alimento ed a riprodurlo, la terribile malattia vi appare di quando in quando e fa pompa colà pure di sua ferocia»6.

6.° Che nei locali grandi il calcino domina più che nei piccoli e poco ventilati; e su ciò non sono rari anche oggidì i lamenti di alcuni contadini, i quali, in occasione delle nuove fabbriche, esclamano: Oh, quando era nelle mie vecchie case ne faceva ben tante delle galette! Come spesso dicesi: Questa cameruccia o questo buco era buono ecc.; ed in generale da che il proprietario, in vista di maggior raccolto, permise al colono di poter alloggiare comodamente, il calcino fu più frequente e più esteso.

7.° Che nei locali ove manifestasi il calcino le posizioni più esposte alle correnti d’aria sono quelle che presentano la maggior quantità di bachi calcinati, come in vicinanza di finestre, usci o sfogatoj; e che in [p. 47 modifica]generale anche i bachi sani sfuggono le suddette posizioni fredde e troppo ventilate nascondendosi più volentieri sotto la carta che cuopre i graticci, od arrampicandosi in alto, talvolta sino alla soffitta, ove meglio compie la tessitura del suo bozzolo, quantunque, come altrove si disse, ivi l’aria sia più calda e meno cambiata.

8.° Che in alcuni anni, e massime nei freddi ed umidi, o di temperatura molto saltuaria, il calcino domina facilmente, e comprende non già alcuni paesi, od alcune case o partite, ma bensì vaste ed intere provincie; mentre in altri anni si limita soltanto ad alcuni locali (generalmente sempre i medesimi) di una istessa partita.

9° Che quei coloni i quali a forza di gran calore mandano più presto i bachi al bosco, quasi mai vedono in essi il calcino; e che più volte giovò l’esporre al sole le tavole de’ bachi infetti perchè il calcino si arrestasse.

10.° Che accadendo frequentemente, senza saperlo, per incuria o per necessità di adoperare utensili non ispurgati che servirono antecedentemente a bachi infetti, oppure di mettere in un locale, ove siasi [p. 48 modifica]manifestato il calcino, bachi sani d’altro locale, questi non l’abbiano contratto7.

Per le accennate osservazioni, e per quanto già dissi parlando degli effetti della temperatura e della ventilazione sulla vita del baco da seta, mi si toglie quasi ogni dubbio che l’umidità, il freddo e la soverchia ventilazione siano invece da considerarsi come le vere circostanze predisponenti e cause occasionali dello sviluppo del calcino; poichè, quantunque esso possa essere anche ereditario, abbisognerà sempre di circostanze idonee alla sua manifestazione, ed il discutere poi in qual modo per le suddette circostanze atmosferiche dal thallus, qualora anche preesistesse nell’organismo del baco, si sviluppi la muffa, e se a ciò vi influisca lo stato elettrico positivo o negativo dell’atmosfera o del baco, non che la qualità acida od alcalina degli umori offerti od offeribili da esso8, sembrami cosa molto difficile a farsi con precisione, e, quand’anche [p. 49 modifica]la si potesse, non avremmo che lo stato elettrico e chimico prima e dopo la calcinazione, senza sapore se questo stato ne sia la causa o l’effetto.

Per tutto quanto si disse circa alla qualità e cause delle malattie che affliggono il baco da seta, nonchè da tutto ciò che fu detto riguardo alla di lui nascita ed educazione, parmi che non sarà molto difficile il prevedere ed ovviare a moltissime malattia; giacchè il rimediarvi è cosa quasi impossibile od incompatibile in siffatto ramo d’industria, e perchè, ad eccezione dell’atrofia, le altre malattie non le conosciamo se non quando il baco ne è già vittima.


  1. Atrofia (Gattino). Giallume (Gialdon). Idropisia (S’ciopiroeu, Lusiroeu). Apoplessia (Passitt). Riccione (Riscion). Gangrena (Negron). Calcino (Maa del Segn).
  2. Queste uova di color molto chiaro sono frequentissime nella semente del commercio, nella quale ad aumentar peso vengono poste le uova provenienti dalle farfalle morte e schiacciate onde estrarne quelle che non fossero uscite.
  3. Ragionamento del D.r fisico Giuseppe Petazzi sulla stravaganza meteorologica socceduta a danno dei bachi da seta nell’anno 1822, ecc. Milano 1823.
  4. Per le stesse ragioni, la malattia che infierì ne’ ponti di terra in questi due ultimi anni, io non la ritengo contagiosa, nè proveniente dalla presenza del fungo, o suscettibile di propagarsi per esso; ma solo devoluta a condizioni atmosferiche contrarie allo sviluppo e maturanza de’ tuberi, od alteranti l’assimilazione di modo che in seguito avviene in essi una vera malattia, la quale può dar luogo a fermentazione e putrefazione origine della Rotrytis. Quindi anche in questo caso v’è uno stato di predisposizione o di causa occasionale, ed un altro di sviluppo del fungo dovuto alla condizione fisico-chimica del pomo di terra. Cause occasionali sarebbero l’umidità, e la bassa temperatura che non permetta un’abbondante assimilazione del carbonio, poichè onde venga formata la fecula od amido, composto di 12 di Carbonio e 10 d’acqua, richiedesi d’un calore molto maggiore che non per la formazione di materie azotate, come il glutine. Di questo ne abbiamo una prova nell’osservare che anche il frumentone, il cui grano contiene l’87 per 100 d’amido sopra 5 di glutine, poco o nulla prospera al di là dei nostri monti; mentre il frumento, il quale contiene il 20 per 100 di glutine, prospera anche al di là del 60° L. Nord. Così dicasi di molti altri vegetali, sino alla canna da zuccaro. Quindi alcuni, come Boussingault, Philippar, Morren di Rennes, Vernois, ed altri, viddero dominare la malattia nei luoghi freddi ed umidi, accompagnata sempre da diminuzione d’amido e da una sostituzione di una materia glutinosa azotata che sempre cresce sino a distruggere o sciogliere in totalità l’amido, generando una successiva fermentazione e putrefazione del tessuto del tubero. Se adunque molti notarono la presenza del fungo, ed altri come Munter di Berlino, non la trovarono, solo dipende dal diverso grado di sviluppo della malattia e non dalla essenza di questa. In generale poi, oltre al freddo ed all’umido, come causa del male, De-Caisne, Girardin, e Bidart attribuiscono la presenza del fungo a ferite, ed a fermentazione o putrefazione del pomo di terra.
    Durand di Caen la sviluppò artificialmente col freddo e colla umidità. Gaudichaud contesta la contagiosità del male per mezzo del fungo, perchè infatti le parti sane non sono attaccabili, nè danno sviluppo a’ vegetali od animali, indizio di deperimento o di morte dell’organismo; quindi anch’esso stima il fungo effetto e non causa di una malattia, che trae la sua origine dalle condizioni atmosferiche. Nè a mettere in dubbio l’esposta opinione, parmi che valga l’asserito da Gasparin, il quale disse che nel mezzodì della Francia, ove si fanno due raccolti l’anno, il primo fatto in giugno sia andato immune, quantunque la temperatura media colla quale vegetò sia stata inferiore di quella del secondo, fatto in ottobre, devastato dalla malattia poichè non fece forse riflesso che il secondo incontrava sempre una minor temperatura quanto più ne aveva di bisogno pel suo sviluppo e maturanza, mentre, secondo la sua stessa asserzione, negli ultimi momenti il termometro segnava persino — 1°. Gruby e Guerin-Meneville trovarono nella fecula dei pomi di terra affetti dei nidi d’Acarus, e A. Smee l’attribuisce totalmente all’Aphis vastator, pidocchio o piccolo insetto, che moltiplicandosi prodigiosamente per vivipari, devasta interi campi ed ampie provincie, nutrendosi della parte erbacea del pomo di terra, ed alterando il di lui sviluppo e nutrizione in modo da renderlo più acquoso, e così più facile a fermentare o putrefare. Nega lo Smee l’influenza delle condizioni atmosferiche e più ancora quella della Botrytis, perchè non la vidde sviluppata che su tuberi già affetti, perchè ne trovò di molte specie (dovendo essere identiche in caso contrario), e perchè non potè farla vegetare su tuberi sani. Ma non intende poi come possa una causa così esterna e indipendente dall’intima costituzione dei pomo di terra, quale è l’Aphis renderà la malattia ereditaria anche per semi, mentre egli stesso asserisce che persino i tuberi non affetti di rado o quasi mai tengono a maturanza; e neppure s’intende, quando anche nessun altro siasi accorto della presenza di un tale insetto come potendosi esso nutrir anche della rapa della barbabietola, della carota, del pomo d’oro, del mais e del frumento solo abbia scelto il pomo di terra. Opina egli finalmente che la malattia potrà cessare collo sparire dell’Aphis, e raccomanda intanto le qualità primaticcie che possono maturare col caldo, e l’impianto per polloni nella sabbia o torba con polvere di carbone e calce: il che a mio parere non sarebbe altro che procurargli un terreno più soffice e riscaldabile, e che artificialmente potesse somministrare l’opportuna quantità di carbonio.
  5. Liebig, Chime appliquée à la physiologie végétale, etc. Paris 1844, pag. 22. Da quest’osservazione ai può anche dedurre una conferma della convenienza di due pratiche sopra raccomandate, cioè di non tenere oscuri i locali in cui si educano i bachi, e di non sminuzzare la foglia che a questi si porge per alimento; imperocchè tanto la luce quanto l’integrità dei tessuti organici sono condizioni favorevoli per siffatta azione delle foglie verdi sul gas acido carbonico dell’ambiente.
  6. Bassi. Del mal del segno ecc. Parte teorica; pag. 56,
  7. Vedi anche le esperienze del Saccardo istituite su questo proposito: op. cit., pag. 84 e seg.
  8. Vedi la Nota del professor Magrini, inserita nel Diario dell’Accademia Fisico-Medica, pel 1846.