Epistolario di Renato Serra/A Emilio Lovarini - 12 giugno 1900
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Cesena, 12 giugno 1900.
Ill.mo Sig. Professore
è uso che, terminate le scuole, gli scolari vadano a salutare e a ringraziare delle loro cure i Maestri: siccome questo io non posso fare, mi sono presa la libertà di scriverle.
Da qualche giorno io sono uscito definitivamente dal Liceo, ed ho ottenuto la licenza senza esami con una buona votazione. Ed ora, mentre mi preparo all’Università, e mi si affollano alla mente, insieme con i propositi e le sperenze dell’avvenire, i ricordi del passato: delle prime cognizioni, delle prime scuole, dei primi Maestri tanto cari, penso con gratitudine amorosa anche a Lei, come a quello a cui devo più che ad ogni altro1. A Lei che, sopra tutto, mi ha inspirato, colla parola e coll’esempio, l’amore della scienza positiva; mi ha fatto balenare davanti agli occhi l’orizzonte immenso, serenamente e splendidamente luminoso del vero; mi ha fatto pregustare la freschezza dolce e pura di quella fonte inesausta di gioie; mi ha confortato, mostrandomi quel campo infinito di ricerche e di lavoro fecondo, in cui anche l’opera dei più umili può portare il suo utile contributo.
E in questi giorni, che dedico per buona parte alla lettura e alla meditazione delle opere dei più illustri filosofi positivi, e specialmente dell’Ardigò,2 vedendo come debba non modificare per nulla, ma solamente integrare, quelle fondamenta generali, che gettò nella mia psiche il suo corso di logica dell’anno scorso, penso con gratitudine doppia a Lei, che iniziandomi a questa filosofia mi ha aperto una strada così ampia, così lucida, così sicura, e mi ha salvato dalle pastoie di un materialismo volgare o di uno sterile spiritualismo, da cui mi sarei liberato, sì, ma con che immenso spreco di energia, con che perdita di tempo e di lavoro, con che danno della mia povera intelligenza!
Ed altri elementi ancora concorrono ad accrescere la mia riconoscenza e il mio affetto verso di Lei; che mi ha fatto comprendere quanto nobile, e bello, e fecondo sia il lavoro della critica letteraria: me l’ha fatto amare di un amore, che mi animerà per tutta la vita: e me ne ha dato gli esempi e le norme nei tre anni di quel suo insegnamento che ora tanto più apprezzo, perchè l’ho potuto confrontare con quello altrui3. In tutto il tempo che l’ho avuta a Maestro, Lei ha sparso a profusione nella mia mente i semi, lasciando a me solo il compito di non lasciarli essiccare, ma di farli germogliare e fruttificare con un lavoro assiduo di ordinamento, di verificazione e di integrazione: il che ho fatto, come meglio ho potuto.
Ma il rammarico di non poter più godere di quelle ore così grate della sua conversazione è temperato dalla speranza di poterle fare qualche volta rivivere: poichè io verrò a studiar Lettere a Bologna, e può esser certo che approfitterò del permesso, da Lei gentilmente concessomi prima di partire di qui, di venire qualche volta a visitarla. E di quante cose vorrei dirle ancora, e di quanti pensieri insieme con Lei agitati, e di quanti nuovi che da quelli rampollarono ... se non temessi di avere già troppo abusato del suo tempo con queste ciarle mie confuse e noiose.
Soltanto la prego di una cosa: se per caso avesse saputo dell’esito di quel Concorso dantesco del 5 aprile, a cui io partecipai, di mandarmene, con suo comodo, notizia.
Gradisca intanto, insieme con anticipati ringraziamenti, i più rispettosi saluti del Suo dev.mo scolaro.
Note
- ↑ Il prof. Emilio Lovarini insegnò italiano al Liceo di Cesena per quattr’anni e mezzo, fino alla fine del marzo 1900; neli due ultimi fu incaricato anche dell’insegnamento della filosofia.
- ↑ In quell’anno 1900 il Serra aveva presentato al suo professore di Liceo alcuni cenni di Estetica tratti dalle opere di Ardigò accompagnandoli con qualche osservazione critica, cinque pagine che il Lovarini regalò alla "Fiera Letteraria" a beneficio della Festa nazionale del libro; vedi Catalogo della prima vendita di manoscritti autografi e cimeli letterari italiani, Milano, Galleria Scopinich, maggio 1927, pp. 69-70: "raro e interessantissimo lavoro giovanile, ove si rivelano già le sue doti di osservatore acuto e geniale".
- ↑ Nella cattedra al R.Liceo "V.Monti" di Cesena successe in quell’anno 1900 il prof. Luigi Piccioni.