Er 28 Settembre

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Giuseppe Gioachino Belli

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La scuffiara francesa La partoriente
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

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ER 28 SETTEMBRE1

     Bbe’, mmettémo2 che ssia; dimo,3 Vincenza,
Che li Francesi avessino4 raggione.
Fàmo caso,5 si vvòi, che Nnapujjone
Cqua cce potessi addomminà6 in cusscenza.

     Che ccosa ne vierìa7 pe’ cconzeguenza?
C’oggi nun ze farìa8 Papa Leone,
E a li sordati pe’ sparà er cannone,
Nun je darìa9 ggnisuno l’indurgenza.

     Poi, che disse a l’apostolo er Messia?
“Voi sete Pietro, e ssu sta pietra sola
Ce vojjo dificà10 la Cchiesa mia.„11

     E nnun ce vò che ’na testa de leggno
Pe’ nnun capì cche ssotto la parola
De quella Cchiesa s’ha da intenne12 er Reggno.

26 gennaio 1834

Note

  1. 1823.
  2. Mettiamo.
  3. Diciamo.
  4. Avessero.
  5. Facciamo caso: supponiamo.
  6. Dominare.
  7. Verrebbe.
  8. Farebbe.
  9. Darebbe.
  10. Edificare.
  11. Queste memorabili parole, scritte nell’interno della cupola di S. Pietro sono rivocate in dubbio da qualche incredulo, sul nudo e solo motivo che nella lingua ebraica, o altra (fuori della latina o italiana) che avesse parlato Gesù Cristo, manca il fondamento anfibologico della omofonia tra Petrus e petra. Ma forse Gesù Cristo parlò a San Pietro in latino, poichè intendeva fondare una Chiesa latina. In questo caso però la Chiesa greca non fu fondata da Cristo.
  12. Intendere.