Fotografie matrimoniali/V

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V. — Consigli a Sofia

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IV VI
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Consigli a Sofia.

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V.



Gigi Ghieri (sull’uscio) Addio. Se viene il calzolaio, ricordati, è il tacco sinistro.

Sofia. (seguendolo) Dammi un altro bacio.

Gigi. (la bacia in fretta e se ne va).

Sofia. (china sulla balaustra della scala) Gigi?

Gigi. (alza il capo). [p. 68 modifica]

Sofia. (gli manda un bacio sulla punta delle dita).

Gigi. (impazientito) Sì, sì. A rivederci.


Sofia, malcontenta, ritorna nel suo salotto e si getta sul divanuccio giallo. È una giornata splendida: i canarini saltellano più vispi nella loro gabbia dorata; sul davanzale della finestra alcuni vasi di citronella e di geranio fanno sbocciare le loro foglioline odorose; fuori, nella strada, un va e vieni di gente affaccendata mette nell’aria qualche cosa di allegro che pare armonizzi col cielo perfettamente azzurro, colla brezza tiepida primaverile. [p. 69 modifica]

Ma Sofia non è allegra.

Sulla tavola, nel mezzo della stanza, gli avanzi della colazione sembrano invitarla a far sparire quelle traccie prosaiche e sostituirvi la coppa giapponese piena di glicini; ma Sofia piange a piccole lagrime che le bruciano le guancie.

Smette un po’, si leva in piedi, passeggia, odora i fiori, poi torna a gettarsi sul divano. Le vengono in mente due versi, due bei versi di Enrico Heine:

Allor che Maggio infiora gli arboscelli
In cor mi nacque amore.

E giù daccapo a piangere. [p. 70 modifica]

Come si sente infelice! Amore, amore: dov’è l’amore? Cos’è l’amore? Perchè tutti i poeti ne parlano? Perchè ne fanno complici la primavera, i fiori, il cielo, l’aria? Sono tutte imposture, sono inganni, sono ciurmerie. Ah! Dio!

Scampanellata furiosa alla quale accorre sollecita la donna di servizio.


Sofia. Prepara gli stivali del padrone, gli ultimi, quelli nuovi, e se viene il calzolaio, digli che gli vanno male, che il tacco destro… no, il sinistro, un tacco insomma, è fuori di posto.

La Donna. Va bene. Ora sparecchio la tavola? [p. 71 modifica]

Sofia. (nervosa) Sì… no… aspetta un momento. Dammi quel guanciale; fammi un caffè. Che ore sono?

La Donna. Dodici e mezzo.

Sofia. Fammi un caffè.


La donna se ne va, ma quasi subito ritorna introducendo una signora.


Sofia. (le corre incontro) Mamma! Cara mamma!


La Signora Ardizzoni. (Quarantotto anni; molto simpatica, molto distinta. Capelli quasi bianchi che contrastano piacevolmente col volto fresco e cogli occhi vivaci. Abito nero di raso e tibet; dolman di stoffa damascata; cappello [p. 72 modifica]nero con una piccola veletta di blonda; guanti lunghi color polvere. Profumo impercettibile di gaggie secche e di spigo) — Buon giorno, Sofia mia.

La Donna. Faccio egualmente il caffè?

Sofia. Ma sì, che noiosa!


La donna se ne va borbottando.


La Signora Ardizzoni. Ti senti male, cara?

Sofia. (arrossendo) No, mamma…

La Signora Ardizzoni. Mi sembri agitata.

Sofia. Ho un po’ di nervoso addosso. [p. 73 modifica]

La Signora Ardizzoni. Nervoso? È una parola comune e insignificante. Preferisco supporre che tu sia un po’ indisposta.

Sofia. No, ti assicuro, sto bene.

La Signora Ardizzoni. Ne ho piacere. E tuo marito?

Sofia. (con una certa asprezza) Oh! lui sta sempre bene.

La Signora Ardizzoni. (nota l’asprezza e non dice nulla) Meglio ancora. Gli uomini ammalati sono una vera calamità. Credevo di sorprendervi a colazione.

Sofia. È un pezzo che abbiamo finito.

La Signora Ardizzoni. (osservando la tavola apparecchiata) Non si direbbe. [p. 74 modifica]

Sofia. (non sa nascondere il proprio imbarazzo).

La Signora Ardizzoni. E tu sei tutta scarmigliata al tocco, mia cara; poichè ti faccio osservare che è a momenti il tocco. Una brava donnina a quest’ora deve essere vestita in perfetto ordine… (dando un’occhiata al divano pestato) e intenta alle proprie occupazioni.

Sofia. Ma… mamma, io non ho grandi occupazioni.

La Signora Ardizzoni. Bisogna crearle. L’ozio è il nostro più gran nemico, quello che ci dà in braccio ad ogni sorta di pensieri cattivi, che ci rende malcontenti di noi stessi, [p. 75 modifica]seccanti agli altri… (apre un panierino da lavoro) Vediamo. Oh! il tuo pizzo all’uncinetto è ancora allo stesso posto (chiude il panierino e guarda Sofia negli occhi) E dunque non hai nulla da dire alla mamma?

Sofia. (abbassa gli occhi).

La Signora Ardizzoni. (le prende le mani con affetto) Sei felice, nevvero?

Sofia. (tace).

La Signora Ardizzoni. Gigi è il migliore dei mariti…

Sofia. (vivace) Il migliore poi!!

La Signora Ardizzoni. Come?

Sofia. (mordendosi l’unghia del dito mignolo) Non trovo che sia questa meraviglia. [p. 76 modifica]

La Signora Ardizzoni. (guardandola con attenzione, ma fingendo di prendere la cosa in ischerzo) Oh! certamente; anche fra le sette meraviglie classiche, c’è una chiesa, un ponte, gli orti di Babilonia, ma non c’è alcun marito. Siamo giusti dicendo che non vi è neppure alcuna moglie.

Sofia. (vorrebbe sorridere ma le spunta una lacrima).

La Signora Ardizzoni. Su, su, malinconie da sposina! Esuberanza di felicità… Conosco troppo bene Gigi Ghieri per dubitare menomamente di lui. È onesto, è leale, è affettuoso.

Sofia. Non dico di no.

La Signora Ardizzoni. E dunque? [p. 77 modifica]

Sofia. (continua a mordersi l’unghia del dito mignolo).

La Signora Ardizzoni. Ricordati, figlia mia, che non bisogna mai chiedere agli uomini più di quello che possono dare: abbiamo torto se vogliamo esigere da loro le nostre sensibilità, le nostre finezze, la prontezza fragile e vivace della nostra imaginazione… Supponi che una farfalla dovendo viaggiare con un toro avesse la pretesa di trascinarlo con sè nello spazio. Ti parlo come quando eri bambina, per via di immagini; dimmi, non ti sembra più ragionevole e più agiato che la farfalla si posi sulle ampie spalle del toro e si lasci guidare da lui? [p. 78 modifica]

Sofia. Ma se la farfalla ha le ali?

La Signora Ardizzoni. Torniamo alla realtà, mia cara. Quelle ali, quel bisogno dell’in alto che hanno le donne al pari delle farfalle, devono, le donne, dirigerlo a più nobile meta che non siano le fantasticaggini oziose di un cervellino errabondo.

Sofia. Oh! mamma! tu non puoi ignorare però che la donna ha bisogno d’amore…

La Signora Ardizzoni. Ebbene? Gigi Ghieri, sposandoti, ti ha dato la più vera prova d’amore che uomo possa dare in terra. Credi forse che una romanza sussurrata al chiaro della [p. 79 modifica]luna, un fiore involato, un bacio furtivo valgano di più?

Sofia. (esitando) Mi pare… che… se ci fosse l’uno e l’altro…

La Signora Ardizzoni. E dell’altro ancora; ce ne sta fin che se ne vuole! Il desiderio non ha limiti e l’assurdità neppure. (grave) Sofia, figlia mia, metti da parte tutto il bagaglio romantico de’ tuoi sogni di fanciulla.

Sofia. È colpa mia se ho sognato?

La Signora Ardizzoni. No; ma ne avrai colpa se continui a sognare. La vita è lotta, è sacrificio, è gioia anche, ma non è mai sogno. I poeti solo hanno il diritto di sognare. Tu pensa non solo a voler bene a Gigi, ma sopra tutto [p. 80 modifica]a farti voler bene; intendi? Essere amato non basta per la felicità d’un uomo…

Sofia. (interrompendo) E per noi è tutto!

La Signora Ardizzoni. Che cosa vuoi fare? Non avrai la pretesa di foggiare un uomo diverso dai suoi simili. Il migliore degli uomini è per sua natura un po’ egoista, un po’ materiale; l’amore semplice, l’amore puro, l’amore a tutte le ore del giorno lo… come dire? lo annoia.

Sofia. (mortificata) Oh! mamma!

La Signora Ardizzoni. (sorridendo) Ma c’è rimedio a tutto. Te l’ho già detto. Invece di domandare [p. 81 modifica]continuamente a tuo marito: mi ami? — fatti amare. Ecco il segreto della felicità domestica.

Sofia. E per farsi amare?

La Signora Ardizzoni. Per farsi amare dal marito bisogna anzitutto non metterlo mai nella condizione di dover scegliere fra un desiderio della moglie e un desiderio proprio.

Sofia. Ma questo è desolante!

La Signora Ardizzoni. Meno di quanto sembra. L’abilità consiste nell’appajare i desideri.

Sofia. Sarà difficile.

La Signora Ardizzoni. Secondo i casi. D’altronde un po’ di difficoltà rende più cara la vittoria. Studia [p. 82 modifica]continuamente tuo marito, secondalo nei suoi gusti, non metterti mai in aperta lotta con lui, nemmeno quando hai certo il trionfo; anzi allora meno che mai. Agli uomini bisogna lasciare le apparenze della forza; è il solo mezzo per averne noi qualche volta la realtà.


La donna di servizio entra col caffè.


Sofia. Lo prendi, mamma?

La Signora Ardizzoni. No, cara. Ne ho preso uno e basta. Due mi farebbero sognare…

Sofia. (sorride e mette lo zucchero nella tazza).


La donna se ne va. [p. 83 modifica]


La signora Ardizzoni (levandosi in piedi). E lavora. Sì, gioia cara, il lavoro è il nostro buon amico, il nostro consigliere più efficace. (s’avvia verso l’uscio, poi torna indietro). A proposito: hai provato quel piatto?

Sofia. (smemorata) Quale?

La Signora Ardizzoni. Quello che piace a Gigi, il filetto di bue marinato.

Sofia. Ah! no. Ho perduta la ricetta.

La Signora Ardizzoni. Male. Una moglie accorta non deve perdere la ricetta dei piatti cari al marito. Siediti e scrivi: «Si batte leggermente il filetto di bue, si sparge di sale e pepe, vi si aggiunge timo, lauro e una [p. 84 modifica]cipolla tagliata. Si copre tutto con vino bianco, misto a un po’ d’aceto; si lascia due giorni in questa marinatura, poi lo si fa cuocere lentamente; a metà cottura, lo si inaffia con una parte del vino bianco».

Sofia. Ecco fatto.

La Signora Ardizzoni. E non perderla più. Addio bimba. Salutami tuo marito.