Giovani/Miseria

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Miseria

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Il Crocifisso Un giovane
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Miseria.


Lorenzo Fondi guardò, sul cassettone, il cappello della moglie; era brutto, con i nastri scoloriti; ma gli venne voglia di baciarlo. Mentre, di fuori, pareva che l’aria, con quella sua luminosità, fosse per prendere fuoco; e anche la stanza aveva una chiarezza che quasi faceva chiudere gli occhi. Vicino alla finestra c’era un tavolo polveroso, con i libri non più aperti, i libri comprati, tanti anni innanzi, subito dopo la scuola, macchiati ora dalle mosche; con i guanti rotti e sdruciti, lasciati lì fin dall’inverno. All’attaccapanni gli abiti vecchi.

Ma egli non l’amava più la moglie, e se ne voleva andare: riscosso un paio di bovi, con quei denari, magari fino all’estero. Gli era venuta a noia la vita del piccolo proprietario, sempre a contrasto con le cambiali, con le tasse, con i conti a fin d’anno! I contadini [p. 76 modifica]rubavano più che potevano, e gl’interessi andavano male. Non pensava a quale mestiere avrebbe dovuto darsi per vivere più tranquillo; ma, certo, qualcosa c’era da fare! Suo padre in vece era stato un bravo agricoltore, c aveva messo insieme qualche soldo.

Pieno di collera, abbottonò il colletto; e dette un’occhiata all’abito nuovo, quello che avrebbe preso, con una specie di paura.

Ad un tratto si fermò ad ascoltare, guardandosi nello specchio; i contadini cominciavamo a battere il granturco con i correggiati. Scappar presto, con il treno della sera stessa; era necessario, indispensabile! Si riguardò, fatto il nodo alla sciarpa. Stava per scegliere le scarpe meno rotte, quando sua moglie, Corrada, entrò. Egli s’impaurì di più.

— Hai riscosso i due barili di vino dalla signora Viola?

Egli rispose, gridando:

— Ti dico di no!

— Quando ti deciderai? Bisogna pagare il conto al macellaio: ormai è più d’un mese.

Egli strinse le labbra con ira, e poi gridò ancora: [p. 77 modifica]

— Sarai a tempo!

— Ma io mi vergogno.

E alla donna gocciolarono due o tre lacrime giù per le guance.

— Quando passo davanti alla bottega, mi guarda in un modo come per dirmi: quando paga?

Corrada poteva a pena parlare, con la bocca così presa dal dolore in un modo spaventoso.

— È una illusione tua, cretina! Ci crede anche lei, come gli altri, ricchi da vero

E aggiunse, lesto lesto, quasi sottovoce:

— E siccome ci crede ricchi da vero, ci ha fiducia. Stai tranquilla!

Corrada smise di piangere, prendendosi le mani insieme.

— Dove vai ora, con il vestito buono?

— A Siena: ho da vedere quello che anche l’altr’anno comprò il fieno.

La moglie, figlia di un impiegato, era esile e pallida, con gli occhi cerchiali di carne livida, quasi trasparente. Sospirando, gli s’appoggiò ad una spalla; e disse:

— Ti dispiace parlar di denaro; ma come si fa? [p. 78 modifica]

Egli alzò la spalla, facendole toglier le mani.

Poi disse, ridendo:

— Non se ne parla.

Allora, Corrada impallidì ancora di più:

— Tu dici sempre così. Sei cattivo.

— Cosa devo rispondere? È impassibile che ti risponda in un altro modo. Dipende da me, forse?

Ella tacque torcendosi le mani; egli la guardò quasi con disprezzo, sentendosi però arrossire di vergogna. Gli era insopportabile star così dinanzi a lei, quasi come un colpevole; perchè in fondo, senza saper perchè, la sua sfortuna 1! attribuiva alla propria anima.

Ella andò alla finestra, e poggiò la testa ai vetri, senza nè meno più voltarsi; mentre il marito finì di vestirsi. Ma quando riaprì la porta di camera, egli le disse:

— Dove vai?

— Manderò, domattina, a vendere un paio di polli.

Lorenzo, tanto per rispondere qualcosa, disse:

— Ah, tu hai da vendere i polli?

— Sì! Se non fossi io, si creperebbe di fame. Ho anche da rendere i soldi a Vittoria, che ha comprato le acciughe. [p. 79 modifica]

— Parla più piano: ci sentiranno i contadini.

— Lo so, lo so: non c’è bisogno che tu me lo dica: tu solo vuoi strillare. Gli altri devono stare zitti.

— Io strillo ma non parlo di soldi.

E battè i piedi in terra.

Ella, arrossendo un’altra volta, lì per piangere, si asciugò gli occhi e corse nell’altra stanza.

— Ah, te ne sei andata!

Ma, perchè in fine, prenderla con lei? Allora, comprese di avere sbagliato e sentì di volerle bene, un bene immenso, quasi irragionevole. Ma perchè lei non lo capiva? Non lo sapeva! E perchè non sorrideva invece di piangere?

Ma intanto ora non ora più deciso di andarsene per sempre! Si sedè, con un sudore freddo alla fronte, come quando si hanno le nausee del vomito. Soffriva in un modo indicibile, all’idea delle cambiali e dei debiti. Si sentiva rovesciare l’anima. Quante volte, piuttosto che fare una nuova cambiale, avrebbe preferito di cadere in terra morto, forte e sano, appena di ventisette anni!

Corrada invece si era seduta a ricucire un [p. 80 modifica]paio di calze; a poco a poco smise di piangere, quantunque qualche seguo delle lacrime si vedesse ancora su la sottana. Non se la prendeva con il marito; anzi le dispiaceva d’essere andata a dirgli a quel modo! E cominciò a distrarsi, pensando ai suoi polli e ai piccioni.

Del resto a lui era addirittura insopportabile saperla scontenta! Per esempio, quando la vedeva lavare i piatti o fare la bucata, se ne andava; quantunque non pensasse mai ad aiutarla!

Ella, intanto a poco a poco, si sentì meglio; quasi calmata dall’eccitamento stesso. E un grande amore per tutta la casa le dette una sensazione piacevole.

Perchè, dunque, gli interessi non andavano bene? Dovevano andar Viene! Ci avrebbe pensalo lei. Posò, bruscamente, le calze, dentro la cestina piena di gomitoli. Si alzò, passandosi il fazzoletto sul volto. E, rigida, guardò dalla finestra.

Poi, udendo il marito passeggiare, rientrò in camera.

— Quanto prenderai del fieno?

— Non lo so. [p. 81 modifica]

— Perchè non lo sai?

— Non conosco i prezzi che ci sono

— Prima di contrattare, allora, fatteli dire bene.

Pur parlando d’interessi, la sua voce aveva una tenerezza quasi dolce. Allora egli la guardò, dissimulando la collera. Dianzi non aveva pensato di prenderla per il collo? Ora invece le dette ragione. Ma, ormai, incapace ad andarsene, non le disse nè mono una parola. In quel mentre, bussarono all’uscio.

— Chi è? — chiese lei.

Egli risentì la solita inquietudine, quasi un soffocamento.

— Sono io.

Era una bambinetta, biscugina di lui.

Corrada le fece cenno di venire più avanti, ma Lorenzo le chiese, con violenza:

— Che vuoi?

— Ci ho una lettera.

Corrada la prese. La bambinetta aggiunse:

— Aspettano la risposta.

E se n’andò, Corrada sì fece bianca come un cencio lavato, aprendo la busta. Egli evitava di guardare le sue dita, che tremavano. [p. 82 modifica]

— È il conto del falegname.

— Quante volte l’ha mandato?

— È già la quarta volta.

— Digli che lo pagherò a pena venduto il granturco. Lo battono oggi; fra una settimana lo potremo vendere.

— E alle altre cose quando ci pensi? Guarda che vestito ho io.

Egli arrossì, e si morse il labbro di sotto, a lungo. La moglie allora fece l’atto di abbracciarlo. Egli le pose una mano sul petto e la respinse.

— Vai a dirgli quel che t’ho detto.

Ella ricominciò a piangere.

— Perchè non vai tu? Devo farle io tutte le cose che ti dispiacciono.

Allora, egli gridò:

— A me non dispiace niente.

E, rosso di rabbia, aggiunse:

— Ho da spolverare il cappello ora. Digli che aspetti. Perchè piangi? Non devi piangere. Mi arrabbio di più. Ne ho abbastanza.

Ella fuggì, sbattendo la porta. Lorenzo la riaprì, con un balzo; bestemmiò e gridò:

— Non potresti morire? [p. 83 modifica]

Cesira, la matrigna, che in quel mentre esciva dalla camera sua, gli disse:

— Perchè sei fatto così?

— Che gliene importa a lei? Perchè non me li paga lei i conti?

Ella si fece pallida e poi rossa:

— Bisogna prendere tutto con calma.

Era una donna su i quaranta anni; bassotta, e con la pelle del volto sempre rossa: un tipo di contadina.

Egli sgualcì il cappello, e sputò su i libri. Poi, avendo urtato il tavolo, lo avventò contro il muro. Tutti i libri caddero.

Nell’ira provava come una voluttà. La casa! La casa! Un fulmine avrebbe potuto aprirla in due pezzi, uccidendo la moglie, la matrigna, la cugina. Tutto! Il suo cuore batteva forte come i carreggiati dei contadini; più forte, forse. Prese dal cassetto le mille lire dei bovi, tutte una manciata. Ascoltò.

La moglie gridava con la matrigna. La sua voce era aspra, ma più dolorosa delle lacrime. Egli l’ascoltò ancora. Quanto avrebbe durato? Bisognava farla tacere. E la matrigna non era buona a dirle niente? [p. 84 modifica]

Udì che non accusavano lui, ma discutevano degli interessi, e parevano d’accordo. Egli pensò, ironicamente: Sì, mettetevi insieme voi due. Farete qualcosa di meglio.

Diceva la matrigna:

— Bisogna trovare un rimedio. Così si va a rotoli!

— Sfido io! Come si fa a andare avanti?

— Pensate al modo che ci vuole.

— Io voglio proporre a Lorenzo un’ipoteca.

— Sarà peggio.

— E allora?

— Si faccia consigliare da un avvocato.

— Subito: mi vesto e vado in città.

La matrigna disse qualche altra cosa, a voce più bassa. Poi l’uscio si apri; e Corrada mezza nuda, per cambiarsi, disse:

— Vengo insieme con te.

— A far che?

— Non te ne preoccupare tu.

— Lo so invece che cosa hai pensato: quell’altra stupida, come te, t’ha dato ragione.

— Va bene! Io ho diritto, come te, di pensare alla vita. Vai a dare la risposta per il falegname. [p. 85 modifica]

Egli sbuffò e scese le scale.

Il ragazzo che aveva portato il conto, le aspettava, appoggiato alla bicicletta.

— Di’ al tuo padrone che fra qualche giorno verrò.

Il ragazzo, facendosi serio, lo salutò e andò via. Nell’aia il granturco brillava al sole. Qualche gallina, delle meno paurose, ci s’avvicinava ma allungando, quanto poteva, il collo; beccava un chicco e fuggiva, per ingollarlo a una certa distanza. Poi sbatteva le ali.

Cesira aprì la finestra e chiamò:

— Lorenzo!

— Che vuole?

— Vieni su.

Egli scosse le spalle; ma non aveva più la voglia di andarsene. Pensò invece, con un certo orgoglio di padrone, che avrebbe potuto pagare puntualmente i bovi.

Gli passò accanto Maria, la figliuola di uno dei contadini, sorridendogli. Siccome non aveva fascetta, i suoi seni grossi gli produssero una sensazione di fascino. Ella entrò in casa, e si rimise a stacciare, tutta infarinata. Egli, cautamente, si avvicinò all’uscio aperto, pallido, con [p. 86 modifica] la voglia di caderle nelle braccia; mentre il sorriso lo affascinava anche di più, un sorriso sensuale che lo legava. Le avrebbe, certo, potuto parlare verso buio, in capanna.

— Andrò via un altro anno! Gl’interessi potrebbero anche migliorare! — Salì, accarezzando la gatta, che rasente il muro scendeva le scale.

La matrigna gli disse:

— Perchè tratti male così la tua moglie?

— Che cosa le ho detto? Ero arrabbiato.

— Vai a trovarla.

Egli aprì l’uscio, pieno di benessere; e chiese:

— Hai proprio deciso di andare a Siena?

— Si capisce! Non sono come te che non sei buono a deciderti.

E, avendo finito di cambiarsi l’abito, si mise il cappello e prese l’ombrellino.

— Vado sola?

— Sì: io rimango a sorvegliare i contadini.

Ella assentì, contenta.