Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. III/Libro II/II

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Cap. II

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CAPITOLO SECONDO.

Arrivo in Galgalà, dove era accampato

il Gran Mogol.


I
L Giovedì 17. dopo cinque cosse di cammino, passai per una Terra murata, detta Matur; e quindi fatte due altre cosse, nel Casale di Galgalà, dov’era il Campo del Mogol. Passato il fiume di Kiscinà, entrai negli alloggiamenti, da’ Maomettani detti Lascari; e mi ospiziarono alcuni soldati Cristiani d’Agra.

Il Venerdì 18. passai nel quartiere de’ Bombardieri Cristiani, per udir Messa; e trovai una comoda Cappella (fabbricata di fango) servita da due Sacerdoti Canapini, a’ quali i Cattolici danno il necessario sostentamento. Ascoltata che ebbi la Messa, m’invitò in sua casa Francesco Borgia, Veneziano d’origine, ma [p. 153 modifica]nato in Delhi. Egli esercitando la carica di Capitano de’ Cristiani, di là ad un’ora fece crudelmente battere in mia presenza, legati ad un legno, due Maomettani, che s’erano ubbriacati. Dapoi che furono licenziati, gli renderono grazie del gastigo, ponendo la mano in terra, e poi portandola sul capo, all’uso del Paese.

Quel medesimo giorno il Re richiese il Casì, (o Giudice della legge) s’era di maggior servigio di Dio andare a combattere co’ suoi nemici, per dilatare la setta Maomettana; o pure di passare in Vigiapur a fare il Ramazan, o Quadragesima. Volle il Casì tempo per rispondere alla dimanda; ciò che fu di piacere al Mogol, il quale era grandissimo simulatore, ed Ippocrita, e che non faceva mai quello che diceva.

Il Sabato 19. andai in Gulalbar (così chiamano l’Alloggiamento Reale) e trovai che il Re stava attualmente dando Audienza; però tanta era la moltitudine, e confusione, che non potei vederlo bene. Le tende del Re, giunte a quelle de’ Principi, teneano tre miglia di giro, ed erano munite d’ogni intorno con palificate, fossi, e 500. falconetti. Vi si entrava per tre porte, una per l’Aram, o [p. 154 modifica]Donne; e due per lo Re, e sua Corte.

La soldatesca di questo Campo mi dissero essere 60. m. cavalli, e 100. m. fanti; per le bagaglie de’ quali v’erano 50. m. Cammeli, e 3. m. Elefanti: però che i Vivandieri, Mercanti, ed artefici erano in assai maggior numero; essendo tutto il Campo una mobile Città, comporta di 500. m. persone, opulente non solo di vettovaglie, ma di quanto si poteva desiderare. V’erano sino a 250. Bazar, o mercati; ogni Ombrah, o Generale avendone uno, per comodo de’ suoi Soldati. In somma tutti gli alloggiamenti tenevano 30. miglia di giro.

Questi Ombrah sono tenuti di pagare di proprio danajo un determinato numero di cavalli, e pedoni; imperocchè il G. Mogol assegna loro, mentre dura la carica, le rendite di molte Provincie, e Terre. V’ha taluno, che da sì fatti Giagbir, o feudi ritrae sino a un milione, e mezzo l’anno: altri meno, giusta il novero di soldati, che denno tenere. I migliori però, e che rendono alle volte un milione, e mezzo di Rupie il mese, gli hanno i Principi del sangue. Non solo sono obbligati servire in guerra; ma d’accompagnar sempre la Persona Reale, [p. 155 modifica]eziandio che uscisse dalla Reggia per diporto. Tengono perciò sempre spie nella Corte, perche ad ogni mancanza si toglie loro un Garì, che sono 3900. Rupie, o meno, a proporzion del soldo di ciascheduno.

Con tutto che questi Generali abbiano così grandi assegnamenti, per accumulare infinite ricchezze; pure quando peccano nel loro ufficio, tenendo minor numero di soldati, che non denno, sono gastigati solamente in pene pecuniali. E quando anche se l’intendessero co’ Commessarj, che ne fanno il novero, poco loro giova; perocchè doppo morte divien loro crede il Fisco; nè si dà altro che gli alimenti alla sola moglie: e quanto a’ figliuoli si dice, ch’essi averanno dal Re maggiori ricchezze del Padre, quanta volte se ne renderanno parimente meritevoli, col buono, e leal servire. Il simile pratica il Re di Persia.

Egli si dee anche sapere, che questi Generali comandano ciascheduno alla sua soldatesca, senza soggezione ad altri; ubbedendo solamente a un Luogotenente del Re (quando non vi è egli in persona) detto Gium-Detol-Molk, che riceve gli ordini Regj per comunicargli [p. 156 modifica]a’ Generali. E di qui nasce, ch’essendo essi poltroni, e senza disciplina militare, vanno alle fazioni quando loro pare, e piace; e che non vi sia gran pericolo. Molti Francesi del campo mi dissero a questo proposito, che il servire il Mogol si è una delizia, e passatempo; perche chi non vuole andare a battersi col nemico, o manca di far la guardia, non incorre in altra pena, che di essergli tolta la paga di quel giorno, in cui vien convinto di aver mancato: e che essi Francesi non si facevano punto spronare dall’onore, in servendo un Re Barbaro, che non tiene Ospedale per gli feriti. Per altro come che non vi è Principe al Mondo, che paghi meglio i soldati; un forestiere che prende a servirlo, in poco tempo divien ricco; particolarmente un’Europeo, o Persiano: però è difficile una volta entratovi, ottener licenza, ed andarsi a goder nella patria l’acquistato, con altro mezzo, che colla fuga.

Tanti cavalli, che fan d’uopo a sì grande esercito, non essendo nel paese, si fanno venire dalla Persia, e dall’Arabia, talora a prezzo di mille, e due mila rupie l’uno, e per lo meno 400. E perche non nasce orzo nell’Indostan, danno loro in [p. 157 modifica]Estate quattro libbre di lenticchie cotte al giorno; e in Inverno vi aggiungono mezza libbra di butiro, con altrettanto zucchero, quattro oncie di pepe, ed alquanto di paglia secca.

Infinita spesa poi vi bisogna per sostentare tanto numero d’Elefanti; poiche ogn’uno per lo meno consuma 140. libre di grano al giorno, oltre le frondi, canne verdi, zucchero, e pepe: sicchè il Re ha adeguate sette rupie il giorno per ciascheduno. In tutto il suo Imperio egli ne tiene 3. mila, con tre Elefanti Generali. Ad ogn’uno di quelli stà assegnato mezzo milione di rupie al mese, che toltone il bisognevole per 200. persone, che gli servono, si spendono tutte a mantenere 500. Elefanti a lui sottoposti. Nel campo però allora non venerano che 500. del Re; oltre quelli de’ Principj, e degli Ombrah, che ne hanno chi 400. chi 200. e chi poco più, o meno.

La Domenica 20. essendo andato nelle Tende del Primogenito del Re, detto Scialam; trovai circa due mila soldati a piedi, ed a cavallo in ala, aspettando il Principe, che ritornava dagli appartamenti paterni. Fermatomi per aspettarlo, vidi venir fuori il figliuolo, e porsi a [p. 158 modifica]cavallo per gire incontro al Padre; alla veduta del quale pose poi piede a terra in segno di riverenza. Era Scialam in età di 65. anni, alto e pieno di corpo, con barba folta e lunga, che cominciava a incanutirsi. Per le pretensioni, che tiene sulla Corona, ha la sua fazione di molte migliaja di soldati; i quali nella sua carcerazione si mantennero costanti, senza voler prendere altra paga, quantunque egli malamente egli ajutasse.

Il Lunedì 21. per mezzo d’un Cristiano d’Agra, e d’un’Eunuco suo amico, ebbi fortuna d’esser introdotto ad una audienza particolare del Re. Nel primo cortile del Quartiere Reale (al quale si entrava per due porte) trovai, sotto una gran tenda, timpani, trombe lunghe d’otto palmi, ed altri strumenti, che a determinate ore del giorno, e della notte solean sonarsi giusta le occasioni: e in quel giorno, circa le 15. ore dell’orologio Italiano, fecero il loro strepitoso concerto. V’era altresì appesa a una catena una palla d’oro, in mezzo a due mani dorate; insegna del Re, che si pone sopra gli Elefanti, quando si marcia. Passai quindi nel secondo cortile; e poi nelle tende Regie, e camere Reali, adorne di [p. 159 modifica]drappi d’oro, e seta. In una di esse avendo trovato il Re, assiso all’uso del paese su ricchi tappeti, e guanciali tessuti d’oro; fattagli riverenza alla maniera Mogola, m’avvicinai; assistendomi per interprete lo stesso Cristiano. Interrogommi di che Reame d’Europa io mi era, da quanto tempo ne mancava, dove era andato, a qual fine era venuto nel suo Campo, se voleva entrare nel suo servigio, e dove pensava d’incamminarmi. Risposi col medesimo ordine, ch’era del Regno di Napoli, dal quale era partito due anni prima; nel qual tempo avea veduto l’Egitto, l’Imperio del G. Signore, e ’l Regno Persiano: che di presente era venuto nel suo Campo, spinto dal solo desiderio di vedere il maggior Monarca dell’Asia, quale si era la Maestà Sua, e le grandezze della sua Corte, ed Esercito; e che avrei ascritto a sommo mio onore, e fortuna il servirlo, se affari importantissimi non mi avessero richiamato nella Patria, dopo aver veduto l’Imperio della Cina. Mi richiese poscia della guerra del Turco in Ungheria co’ Principi d’Europa: e rispostogli secondo le novelle, che ne aveva, perche s’avvicinava già l’ora dell’audienza pubblica, mi licenziò. [p. 160 modifica]

Sulle 16. ore adunque ritornai nel secondo cortile, serrato di tele dipinte, dieci palmi alte all’intorno. Quivi, dalla parte delle stanze Reali, era da due gran legni sostenuta la tenda d’Audienza, al di fuori coperta di tela rossa ordinaria, e dentro adorna di più fina, e di picciole cortine di taffetà. Sotto questa tenda era un quadrato di fabbrica, alto quattro palmi dal piano, serrato da balaustretti di argento (alti due palmi) e coperto di tappeti finissimi: nel mezzo sei palmi più in dentro, s’elevava la fabbrica un’altro palmo, e formava come una predella; a gli angoli della quale erano quattro aste coperte d’argento, che colla cima giugnevano al cielo della tenda. Quivi era il Trono, parimente quadro, di legno dorato, alto tre palmi dal suolo; al quale si entrava per un picciolo scannello d’argento. Vi erano sopra tre origlieri di broccato, due per servire a’ fianchi, ed uno alle spalle. Non guari di tempo dopo venne il Re a piedi (appoggiandosi ad un lungo legno biforcato nella sommità) preceduto da molti Ombrah, ed infiniti Cortigiani. Vestiva una cabaja bianca, ligata sotto al braccio destro, come usano i Maomettani; a differenza de’ [p. 161 modifica]Gentili, che l’annodano sotto al sinistro. Il Cirà, o turbante dell’istessa tela bianca, era ligato con un velo d’oro, sopra al quale risplendea un grandissimo smeraldo, in mezzo a 4. altri minori. Teneva una cintola di seta, che nel fianco destro nascondeva il Catarì, o pugnale Indiano. Le scarpe erano alla Moresca, e le gambe portava nude senza calze. Due servi, con lunghissime code di cavallo bianco, cacciavano le mosche; mentre un’altro, con una ombrella verde, lo riparava da’ raggi del Sole. Quanto al corpo egli si era di bassa datura, nasuto assai, dilicato, e curvo per la vecchiezza, avendo ben 80. anni. Sulla carnagione olivastra si distingueva assai meglio la bianchisiìma canutezza della rotonda barba. Seduto che fu, gli porsero la scimitarra, e la rotella, ch’egli ripose a sinistra dentro lo stesso Trono. Fece poi segno di sua propria mano, che s’avvicinassero coloro, che dimandavano audienza: quali venuti, due Secretarj all’impiedi ricevevano le suppliche, che poi presentavano al Re, riferendone il contenuto. In età così decrepita mi destò gran maraviglia vederlo decretare di sua mano, senza occhiali; e con volto allegro, e ridente mostrar di [p. 162 modifica]godere in tale occupazione.

In questo mentre passavano in mostra gli Elefanti, acciò il Re vedesse lo stato in cui stavano; e se gli Ombrah, a’ quali n’era commessa la cura, gli governavano bene. Dapoi che il Cornaccià (cioè colui che gli monta) avea all’Elefante scoperta la groppa per farla vedere al Re, lo faceva girare colla testa verso il Trono: e percotendolo sulla medesima tre volte, faceva fare altrettante riverenze, con alzare, e calare a terra la proposcide.

Vennero frattanto il figlio, e’l nipote di Scialam; i quali fatte che ebbero due riverenze al Re (mettendo ogni volta la mano in testa, in terra, e nel petto) s’assisero nel primo piano del Trono, a sinistra. Sopraggiunto quindi Azam-scia figliuolo del Re, e fatte le medesime riverenze; si pose a sedere nel secondo piano, che dicemmo essere elevato un palmo più dell’altro. Portavano questi Principi Cabaje di seta, con fiori di diversi colori, Cirà ornati di pietre preziose, collane d’oro, gioje, buone cintole, scimitarre, e rotelle appese al fianco. Chi non era del Sangue Reale dovea far tre riverenze. [p. 163 modifica]

Fuori della Tenda a destra erano 100. moschettieri, e più mazzieri, che aveano in spalla bastoni con globi d’argento; e questi erano vestiti di panno di varj colori. Assistevano anche molti Portieri, con bastoni in mano, per non fare entrare chi che si fusse, senza essere introdotto.

A sinistra della Tenda erano le insegne Reali, tenute sopra aste da nove persone, vestite di Cabaye di velluto chermesì (con maniche larghe, e certi collari aguti, pendenti indietro) guernite tutte di oro. Colui ch’era nel mezzo portava un Sole: i due allato due mani dorate: appresso questi stavano altri due, ciascheduno de’ quali sosteneva due code di cavallo, tinte di rosso. Gli altri quattro teneano le aste coperte, onde non potea vedersi che cosa vi fusse. Fuori la cinta di tutte le Tende Regie stavano in arme molte compagnie così a piedi, come a cavallo; ed Elefanti, con grandissimi stendardi, e timpani, che si batterono in tutto quel tempo.

Terminata l’audienza, il Re si ritirò coll’istesso ordine; e’l simile fecero i Principi: alcuni ponendosi in Palanchino, ed altri sopra superbi destrieri, coperti di [p. 164 modifica]pietre preziose, e d’oro. Gli Ombrah, ch’erano sempre stati in piedi, medesimamente ritornarono alle loro Tende, seguiti da più Elefanti (quali con sedie sopra, e quali con bandiere spiegate) ed accompagnati da due compagnie di cavalli, ed altrettante di pedoni. Il Cattual (ch’è come un Commessario di campagna contro i ladroni) cavalcava al suono d’una gran Tromba di rame verde, lunga otto palmi, tenuta da un Moro a piedi. Mi facea venire le risa quella ridicola Tromba; perocchè il suono era affatto simile a quello, che fanno nelle nostre contrade i porcari, per richiamare la sera la loro greggia.