Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. VI/Libro II/IV

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Libro II - Cap. IV

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CAPITOLO QUARTO.

Si descrive il Romitorio de’ PP. Carmelitani Scalzi.


D
Esiderando di vedere il Romitorio de’ PP. Carmelitani Scalzi, nè ciò potendosi fare senza licenza del Provinciale; andai il Sabato 18. con D. Filippo de Rivas, e due altri amici a S. Angelo, a fine di averla; come giorni prima mi era stata promessa dal medesimo Provinciale. Fummo ricevuti, con molta cortesia, dal Padre Rettore, ed altri Padri, che ne diedero un buon desinare. Ottenuta la licenza, ci ponemmo in cammino, per una cattiva strada; e giungemmo a un’ora di notte alla porta della prima cinta di mura: e ciò per aver consumato molto tempo a salire al monte, per una strada di mezza lega, che avea costato al Convento sei mila pezze d’otto. Aspettammo dopo il tocco della campana mezza ora, per avere udienza; perche il monistero stava un miglio più addentro; onde fu d’uopo mandare un’Indiano, ch’era dentro, a dar l’avviso, che ritornò colla chiave. Venne a riceverci avanti la porta il [p. 160 modifica]Padre Rettore con altri Religiosi; e ne diede albergo in un convenevole appartamento, con una buona cena.

Udita ch’avemmo messa la Domenica 19. venne un Padre, per condurci vedendo la Chiesa, e’ dormentorj. Quanto alla prima, ella è picciola, con cinque altari modestamente ornati; e colla sepoltura del Fondatore, e de’ suoi discendenti. I Dormentorj hanno le volte basse, e le celle strette. Da passo in passo sono divoti Oratorj, ne’ quali i Padri possono celebrar la Santa Messa a lor piacere. Vi è una buona libraria, e un giardino, che non produce fuorche pome, e rose. Oltre del Convento vi sono nove luoghi solitarj, ove ponno ritirarsi i Padri, in tempo di Quaresima, d’Avvento, o in altro, che loro torni in grado. In ciaschedun di tai luoghi si vedea un’Oratorio, e una celletta, con cucina, e un picciol giardino di frutta, e fiori, irrigati da una chiara, e fresca fontana. Quivi non ponno i Padri mangiar nè anche pesce; ma solo frutta, e cacio; o al più una minestra di legumi. Fanno orazione alla medesima ora, che quei del Monistero, regolandosi colla stessa campana.

Tutto lo spazio di circa sette leghe di [p. 161 modifica]questo Romitorio, circondato di buone mura di pietre, e calce. Vi sono rinchiusi altissimi monti, coperti d’alti, e folti pini, con pochi abeti; onde, benche serrati, vi stanno come in libertà cervi, lioni, tigri, e conigli, che vengono sin sotto le finestre del Convento. Avendo io ucciso un cervo, dispiacque grandemente a’ Padri, per esser vietato in quel luogo uccider cacciagione.

La cosa, che desta maggior maraviglia si è, che dalla prima fondazione di quest’eremo, vi si sono veduti sempre due corvi, i quali non vi permettono l’entrata ad altri di fuori; anzi subito, che i loro corbacchiotti sono in istato di volare, negli scacciano. Il cuoco chiama questi due corvi coi fischio; ed essi vengono, si cibano poi se ne vanno di nuovo al bosco. E’ orrido, e stempratissimo il clima, per la continua nebbia, che vien la mattina cagionata da’ fiumi, e valli del medesimo; e perciò a’ Padri è di gran patimento il farvi dimora.

Poco quindi lontano si vede un monte, detto degl’Idoli, perche anticamente vi sacrificavano gl’Indiani. Oggidì vi si veggono ancora certi Idoletti di creta, nelle concavità d’un basso, e antico [p. 162 modifica]muro; ed alcuni Indiani, non ben fermi nella Fede, vi vanno a fare le loro abbominevoli offerte.

Venne fondato il Romitaggio a’ 21. di Gennajo del 1605., sotto il titolo di Nostra Signora del Carmen, da D. Melchior Quellar Europeo, che mentre visse abitò nella Pobla de los Angeles. Oltre la fabbrica del Convento, e rendita per sostentamento de’ Religiosi; per circondare tanto spazio con mura, spese 26. mila pezze d’otto; e poi fece dono al Monistero degli offici d’Insayatore, e Fonditore (come di sopra è detto) che fruttano presso a 16. mila pezze: onde calcolandosi così all’ingrosso la spesa, sarà stata di seicento mila pezze d’otto, che acquistò colla sua industria nell’officio suddetto; poiche egli da Spagna venne povero. Fu anche benefattrice della Religione D. Mariana Niño sua moglie, fondando il Collegio di S. Angel; al quale lasciò della sua dote rendita sufficiente, per lo mantenimento de’ Padri.

Non dee ciò parere strano, perche molti altri Spagnuoli hanno da piccioli principj acquistate immense ricchezze; e poi recate a fine opere insigni. Fra gli altri un tal Diego del Castillo, nativo di [p. 163 modifica]Granata, venuto da Spagna povero, cominciò la sua fortuna col mestiere di calderajo; ed accumulato, in progresso di tempo, più d’un milione di pezze da otto, fabbricò il gran Convento di Ciribusco, de’ PP. di S. Pietro d’Alcantara, una lega discosto da Mexico: dentro la Città il Monastero di S. Isabel, di Religiose Scalze di S. Francesco; e per compiacere una sua schiava, quello di S. Ines. Dopo fatte sì grandi spese, morendo, lasciò un milione a D. Domingo de la Rea, Cavaliere di S. Iago, il quale s’avea presa per moglie una figliuola, già tenuta per carità dal Castillo.

Giuseppe de Retes, Cavaliere di S. Iago, dopo aver fatto un Convento di Religiose, sotto il titolo di S. Bernardo, lasciò un milione a sua figlia; la quale, con dispensazione del Papa, ebbe per marito D. Domingo de Retes, suo cugino, Cavaliere d’Alcantara, e Marchese di Xorge. Morta sua moglie senza figliuoli, restituì il milione di dote; ma non perciò rimase con poco avere, perche il suo fratello D. Giuscppe Retes lo avea lasciato erede di 150. mila pezze d’otto.

D. Francesco Canales, Cavaliere di Castrava, avendo lasciata sua moglie erede [p. 164 modifica]di tutto il suo avere, che importava seicento mila pezze, questa in età giovenile, sprezzando molti ricchi, e nobili, che la chiedeano per moglie; dispensato il tutto a’ poveri, nel 1695. si fece Monaca, con grande edificazione di tutti, nel Convento de las Capocinas', fondato da Simon d’Aro, coll’altro della Conceçion, anche di Religiose: e pure questo Simon d’Aro non portò da Spagna, che la cappa in ispalìa, come suol dirsi. Domenico Laurenzana, venuto anche povero nell’Indie, accumulò tanto tesoro, che fabbricò il famoso Convento delle Religiose dell’Incarnaçion; una Monaca poi del quale, senza far sapere chi si fusse, fondò il Convento delle Religiose di Valvaneda.

Juan Navarro Prastana, col mestier di carozziere, unì tante pezze d’otto, che fece fabbricare il Convento di S. Juseph de graçias, e quello della Conceçion; amendue di Monache. Stefano de Molina Moschera, quantunque avesse edificato il Convento, e Chiesa di Santa Teresa delle Monache; pure morendo lasciò cento mila pezze d’otto.

D. Marcos de Guevara fece los Caños, o aquidotti di Mexico, per lo spazio d’una lega, con grandissima spesa, per gli tanti [p. 165 modifica]archi, che convenne fare. In ricompensa di ciò ebbe l’uficio d’Alguazil mayor, e luogo nel Capildo, per tutti i suoi successori. Tralascio infiniti altri esempli, per non esser lungo, e mi basterà solamente dire, che quanto si vede di magnifico, ed eroico nelle fabbriche dell’Indie (che costano quattro volte più, che in Europa) tutto è opera d’Europei, e Spagnuoli, che quivi han saputo trarsi di miseria colla loro abiltà, ed industria.

Non potendosi stare, che 24. ore nell’Eremo, ce ne tornammo il Lunedì 20. per la strada di S. Fe (per vedere la sorgiva dell’acqua, che viene a Mexico) dove, dopo due leghe, giugnemmo a desinare. L’acqua scaturisee appiè d’un monte; entra quindi in alcuni canali aperti, una lega lontani da Mexico; e finalmente entro aquidotti chiusi, i quali la comunicano a tutti i Rioni della Città. Vicino alla sorgiva si vede la Casa, dove visse più anni, da esemplare Romito, Gregorio Lopez, nativo di Madrid. Una Dama Mexicana fece quivi fabbricare un’Oratorio, e una comoda casa, per chi vi andasse a dir Messa. Non prima di notte, a capo di tre leghe, tornammo a casa.