I monumenti e le opere d'arte della città di Benevento/Degli obelischi di Benevento

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Capo IX. Degli obelischi di Benevento, del dio Apis e del tempio d’Iside

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Capo IX. Degli obelischi di Benevento, del dio Apis e del tempio d’Iside
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CAPO IX.
DEGLI OBELISCHI DI BENEVENTO,
DEL DIO APIS E DEL TEMPIO D’ISIDE



Esistono in Benevento i frammenti di due obelischi di granito rosso di Egitto. Alcuni pezzi di essi furono composti a formare l’obelisco che sino a non molti anni addietro si vedeva nel recinto dinanzi il prospetto della Cattedrale, ivi innalzato sin dall’anno 15971. Questo medesimo obelisco allorquando fu disfatto quel recinto fu trasportato sulla piazza Papiniano, dove ora vedesi sopra novello piedistallo con nuova iscrizione greca. Altri due frammenti che si conservavano nel cortile dell’Archiepiscopio, furono fatti da me trasportare nel decorso anno nel nascente Museo Provinciale. E finalmente un ultimo frammento ritrovato negli scavi praticati nel giardino del marchese Onofrio De Simone nell’aprile del 1892, fu fatto trasportare eziando da me nel sudetto Museo Provinciale.

Questi frammenti, uniti a quelli che compongono l’obelisco di piazza Papiniano, formavano due obelischi simmetrici. Però è a notare che l’obelisco di piazza Papiniano non si compone di pezzi tutti proprii, ma bensì possiede un pezzo che non gli appartiene. [p. 486 modifica]

Champollion2 nei principii di questo secolo si occupò di quel solo obelisco che si innalza ora in piazza Papiniano, ignorando la esistenza dell’altro; se ne era occupato anche Zoega3. Poi Rosellini4 si occupò di entrambi. Un lavoro più completo lo fece Ungarelli5, il quale ne ricompose i frammenti, e ne pubblicò le iscrizioni. Scoverto da me nell’aprile 1892 un altro frammento di essi, ignorato fino allora da tutti i predetti scrittori, e comunicata tale scoverta agli egittologi, questi vi portarono sopra nuovamente i loro studii. Primo fra essi l’illustre Schiaparelli, allora Direttore del Museo Egizio di Firenze ed ora di quello di Torino, il quale ne pubblicò una dotta monografia6. Lo seguì A. Erman di Berlino in una monografia che ha per titolo Obelischi dell’epoca romana7.

Tralasciando ogni disquisizione filologica sui geroglifici che vi sono incisi e la traduzione letterale di essi, ne do invece quella libera, traendola dalla citata monografia di Schiaparelli.

Traduzione libera dell’obelisco A:

«Ra-Oro, il giovane forte che abbatte (i popoli barbari), Oro vittorioso, ricco di anni, il grande della vittoria, Imperatore-Cesare, re del sud e del nord, Domiziano vivente in eterno, fece portare questo obelisco dai due monti di granito rosso di Siene alla volta di Roma che governa i due mondi, per il tempio che egli eresse ad Iside, madre divina, astro del mattino, regina degli Dei, signora del cielo, fra gli Dei della sua città di Benevento.

«Il sovrano dei due mondi, Domiziano vivente in eterno, ordinò di portarlo;

«Lucilio Rufo (lo) fece innalzare con dimostrazioni di gioia...». [p. 487 modifica]

Traduzione libera dell’obelisco B:

«L’anno VIII sotto la Maestà dell’Oro, toro forte, re del sud e del nord, l’astro (?) amato da tutti gli Dei, figlio del sole, signore dei diademi delle due Regioni, Domiziano vivente in eterno, Lucilio Rufo costruì un edifizio degno ad Iside, la gran signora di Benevento ed agli Dei del suo cielo.

«Il sovrano dei due mondi ordinò di portare questo obelisco per Iside, la gran madre divina, occhio del sole, signora del cielo, sovrana degli Dei tutti, figlia del sole, fra gli Dei della sua città di Benevento.

«Il signore dei Diademi, Domiziano vivente in eterno, ordinò di portarlo;

«Lucilio Rufo pose, Bonum, felix, faustumque sit».

Da queste due iscrizioni apprendiamo che Lucilio Rufo fece costruire in Benevento un tempio ad Iside per ordine di Domiziano. Per conseguenza questi due obelischi sorgevano dinanzi a quel tempio, simmetricamente all’ingresso8. Di tal guisa cade da sè la erronea congettura di De Blasio9 che essi si fossero appartenuti al Circo; non che quella di De Vita10 che si fossero appertenuto al Foro.

I romani, che aveano introdotto in Roma il culto di molte Deità Egizie, sebbene molto più tardi e con una tal quale ripugnanza, vi introdussero anche quello di Iside. Dove sia stato situato questo tempio di Iside in Benevento non sappiamo; e nella incertezza sarebbe ozioso perdersi in vane ipotesi.

Forse nello stesso tempio ebbe posto il Dio Api, il quale, scolpito in granito rosso di Egitto, ora s’innalza sopra di un moderno piedistallo di fianco al viale della Madonna delle Grazie fuori la città, battezzato da una strana iscrizione moderna per bubalum, simbolo delle vittorie dei Sanniti. E ritengo che sia stato in detto tempio, perchè esso va collegato ad Iside. Se questa, secondo Erodoto, fu per gli Egizii non altro che Cerere, il bue Api fu il simbolo del lavoro dei campi. Di più Api, pria di [p. 488 modifica]trasformarsi in bue, quale re d’Argo, aveva sposato Iside. Per cui il loro culto non andò mai disgiunto.

Questa scultura, di apparenze alquanto rozze, a giudizio degli Archeologi è di pura provenienza Egizia.


Colgo questa occasione per manifestare che sarebbe stato mio intendimento di unire a quest’opera anche una illustrazione di molti frammenti di sculture (in ispecie bassorilievi) e di ornati di varie età, che qui rimangono tuttavia delle opere distrutte, più che dal tempo, per l’incuria e l’abbandono; ma mi è sembrato che sarei uscito dai limiti impostimi di trattare più specialmente di quelle opere o monumenti che tuttavia sono possibili di essere osservati nella quasi loro integrità, riserbandomi di trattare di quei frammenti in separate monografie. E così pure ho stimato più conveniente non includere in questa opera qualche illustrazione dei migliori arredi sacri del Tesoro della Cattedrale.

Da ultimo, ringraziando gli eruditi che mi furono larghi di incoraggiamento nel corso di questo lavoro con i loro giudizii sereni, chiedo venia se abusai troppo della loro pazienza menando innanzi questo lavoro pel periodo di circa cinque anni, troppo lungo per la mole di esso, ma breve per me che dovei affrontare da solo fatiche di ricerche e di rilievi non poche e spese rilevanti. Avrei potuto far meglio, se altre cure non avessero reclamata una parte del mio tempo, e se i miei studii principali fossero stati questi, come avviene per il più gran numero dei critici d’arte. Però feci un lavoro che altri non aveva fatto prima di me, illustrando questi monumenti tanto importanti e pur tanto ignorati. Ora riuscirà ad altri più agevole il compito di conoscerli meglio e di scriverne con maggiore competenza. Dopo ciò, a compensarmi di tutto,

«Valgami il lungo studio e il grande amore.»

Benevento, Marzo 1895.

Note

  1. Benevento Sacro, di Giov. De Nicastro, manos. cit. pag. 89.
  2. Précis du systéme hieroglyphique ecc., pag. 95 e seg.
  3. De origine et usu obeliscorum, pag. 664.
  4. Monum. storici, tom. III. pag. 442.
  5. Interpretatio obeliscorum Urbis, Roma 1842, pag. 156 e tav. V.
  6. Notizie degli Scavi di Antichità comunicate alla R. Accademia dei Lincei, ecc. Luglio 1893, pag. 267 a 274.
  7. Obelisken Roemischer Zeit — (Taf. VII. VIII) — Aus deu Mittheilungen des K. D. Archaelogischen Instituts — Rom. 1893 Bd. VIII-I. Die obelisken von Benevent. — Berlin.
  8. Adolfo Erman, op. cit. pag. 211.
  9. Alfonso De Blasio, manos. cit.
  10. Alter Antiq. Benev. pag. 418.