Il Canzoniere (Bandello)/Alcuni Fragmenti delle Rime/XXXVI - Quando l'Aurora coi bei crini d'oro

Da Wikisource.
XXXVI - Quando l'Aurora coi bei crini d'oro

../XXXV - Dal nostro clima, come 'l ciel dispone ../XXXVII - La chiara fama, che volando grida IncludiIntestazione 23 febbraio 2024 100% Poesie

XXXVI - Quando l'Aurora coi bei crini d'oro
Alcuni Fragmenti delle Rime - XXXV - Dal nostro clima, come 'l ciel dispone Alcuni Fragmenti delle Rime - XXXVII - La chiara fama, che volando grida
[p. 91 modifica]

XXXVI.

Lontano dalla Mencia, il poeta cavalca mesto per luoghi ermi, in sull’aurora, dopo consumata una notte in pianti.

Quando l’Aurora coi bei crini d’oro
     Adorna il ciel di rose e di viole,
     E for del Gange i suoi corsier il Sole,
     Sferzar comincia al vago lor lavoro; 4
I’ che la notte mi consumo e ploro
     L’aspre mie pene sì penaci, e sole,
     Rinforzo il pianto allor; così mi duole
     Lontano andar dal mio vital ristoro. 8
I’ vado errando, com’Amor mi guida,
     Ed agli altri m’involo, ond’in luoghi ermi
     Sovente il mio caval perduto arriva. 11
Lasso! mai fia, che senza pianto o strida
     Mi trovi il sole, e questi piedi fermi
     Nanzi a Colei, che sì lontan m’avviva?14

Note

V. 1. Efficace se pur non nuova personificazione dell’Aurora aureocrinita; cfr. Petrarca: «Quand’io veggio dal ciel scender l’Aurora | Co’ la fronte di rose e co’ crin d’oro», Canz., CCXCI, nn. 1-2.

V. 3. Il Sole, Febo, uscendo dal Gange, provenendo cioè dall’oriente, guida i suoi corsieri al loro viaggio quotidiano. C’è una reminiscenza del dantesco: «Uscia di Gange fuor con le bilance», Purg., II, V. 5.

V. 6. Pene penaci, allitterazione; pene tormentose.

V. 7. Rinforzo, raddoppio.

V. 8. Lontano dalla Mencia che gli è vital ristoro.

V. 9. Perduto, errante a caso fuor delle strade battute.

V. 14. Nanzi, dinnanzi a colei che pur sì da lontano mi dà la vita.