Il Catilinario/VI

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Capitolo VI

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Gaio Sallustio Crispo - Il Catilinario (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Bartolomeo da San Concordio (XIV secolo)
Capitolo VI
V VII
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CAPITOLO VI.


Degli scrittori greci e romani.


Bene potrei io ricordare più luoghi, ne’ quali li Romani, essendo assai poca gente, sconfissono grandissima moltitudine di nemici1, s’io non lasciassi ciò dire, perocchè ciò mi trarrebbe troppo da lungi da quello ch’io cominciai. Ma di questi fatti non ebbono così grande fama e gloria: perocchè la ventura signoreggia in tutte cose, ed ella fa che le cose sieno lodate e famose, o che rimangano senza lode o fama, secondo la sua volontà, più che secondo la verità2. Questo dico pertanto, che i fatti degli Ateniesi, siccome io penso e credo, furono assai grandi e magnifichi3, veramente alcuna cosa minori a rispetto della grande fama che di loro è 4. Ma, perchè in fra loro intervennono 5 scrittori molto ingegnosi, però li loro fatti per lo mondo sono reputati e avuti per famosi e per grandissimi 6, e la loro virtù è tenuta per tanta, quanta potè in parole essere esaltata e lodata da’ chiari e nobili ingegni di loro scrittori. Il contrario di ciò fu in Roma, perchè non vi fu mai quella copia di scrittori: chè ciascuno savissimo di loro era molto grande operatore; lo ingegno solo, senza il fare corporalmente, non era chi brigasse: ciascuno ottimo volea piuttosto fare che dire, e che i suoi fatti fossono detti da altrui, che non voleano dire gli fatti d’altri.

Note

  1. Il testo latino ha di più: quas urbes natura munilas pugnando ceperit (populus romanus); sicchè convien pensare che nel codice, che ebbe il nostro buon frate Bartolcmmeo, mancavan queste parole.
  2. Perchè niuno non ci abbia a tenere per troppo teneri degli scrittori del trecento e del nostro volgarizzatore, ed ancora per ammaestramento de’ giovani, vogliamo qui avvertire che in questo periodo il traduttore si è alquanto allargato, e che il ripetere due volte cose non istà bene, quando poteasi cansare il secondo con adoperare un pronome. Ma di queste rozzezze o negligenze incontra di trovarne sovente negli scrittori di questo secolo.
  3. furono assai grandi e magnifichi) Ci ha nella nostra lingua molti nomi in co e go i quali al plurale possono uscire in ci o chi e gi o ghi. Così, per modo di esempio, apologo fa apologhi e apologi, e qui magnifico, magnifici e magnifici; e così molti altri.
  4. veramente alcuna cosa minori ec.) Vogliamo che qui si osservi l’avverbio veramente usato come particella avversativa, in iscambio di nondimeno, ma nondimeno; ed ancora alcuna cosa adoperato per alcun poco: chè l’uno e l’altro son proprietà di nostra lingua. Nel Viaggio al monte Sinai si legge: Il quale frutto si chiama Muse; e sono di colore come i nostri cedriuoli. È vero che sono più lunghi, e alcuna cosa più sottili: cioè alcun poco più sottili.
  5. in fra loro intervennono) Intervennono sta in luogo di intervennero, ed è uscita antica; ed intervenire qui par che significhi nascere, o meglio fiorire; ed in questo sentimento questo verbo non è registrato nel Vocabolario della Crusca, nè oggi è bene adoperarlo.
  6. reputati e avuti per famosi e per grandissimi) Si noti che qui avuti sta per tenuti, stimati, e avrebbesi anche potuto dire reputati e avuti famosi e grandissimi, senza il per, chè questi verbi si adoperano nell’uno e nell’altro modo. La particella per, adoperata a questo modo, vai lo stesso che in concetto di.