Il Dante popolare/Appendice

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Dante Alighieri - Il Dante popolare (1870)
Traduzione dall'italiano di Domenico Jaccarino (1870)
Appendice
Canto XXXIV Seconda appendice
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APPENDICE


GIUDIZI, ESAMI CRITICI

POLEMICHE

sulla Traduzione del Dante in Dialetto Napolitano

PER

DOMENICO JACCARINO



N.° 1.

Il primo a dare un parere sul Dante Popolare fu il sig. Ernesto Palumbo, che così scrisse al Jaccarino:

Al chiarissimo sig. Domenico Jaccarino — in Napoli.

«E giacchè noi s’è col dialetto, io pienamente persuaso di sua importanza estetica e filologica le domando: tira ella copie a parte del suo Dante Popolare? ch’io punto non lascio d’ammirare e tenere in pregio; ch’ei mi par proprio originariamente dettato in dialetto: tanto è la naturalezza con che l’à saputo tradurre. E s’è così bramerei anch’io averne copia, ecc:

ernesto palumbo
Officiale alla Biblioteca Nazionale di Napoli


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N.° 2.

Secondo fra cotanto senno fu il chiarissimo Commendatore Bruno Condò da Satriano, fondatore della Scuola di Dante In Marsiglia che così scriveva al Jaccarino:

«Con ammirazione somma ho letto nella Partenope la vostra traduzione di Dante in Lingua Napoletana; vi siete con ciò reso immortale. Un Cosentino tradusse meravigliosamente in lingua Calabra il Tasso e si rese glorioso: Voi raccoglierete colla traduzione vostra gloria imperitura. Dal contenuto del vostro Giornale vi ho giudicato un Uomo di alto Genio, e di forte ingegno: Voi dovete ripromettervi felice avvenire.

Comm. bruno gondò da Satriano

Fondatore e Direttore della Scuola di Dante in Marsiglia


N.° 3.

Il Giornale di Scienze e lettere che si pubblica in Bassano (Veneto) a titolo il Brenta, nel suo numero 13, dell'anno I.° in data 10 Aprile 1867 pubblicò sul proposito il seguente articolo:

«Nuovo Giornale. — Col 31 marzo è uscito in Napoli il primo numero del Partenope, giornale enciclopedico di lettere, scienze ed arti. N’è redattore il bravo sig. Domenico Jaccarino, che rese in patrio dialetto la Divina Commedia, lavoro assai encomiato, ecc. ecc.


N.° 4.

Il Conciliatore, giornale quotidiano, politico religioso che si stampa in Napoli nel suo numero 204, anno V.° del 27 luglio 1867, pubblicò il seguente articolo nella sua Cronaca Interna:

«Il sig. Domenico Jaccarino ha avuta la bella idea di popolarizzare il Dante traducendolo in dialetto napolitano. [p. 3 modifica]Dobbiam dire sinceramente che nulla lascia a desiderare e non ha parola che non sia bene spiegata ed adatta al nostro linguaggio. Il lavoro si pubblica sul giornale settimanale La Partenope.»


N.° 5.

La Domenica, Cronaca della settimana, unico scrittore sig. Francesco Mastriani, nel suo n. 38 anno II.° del 27 luglio 1867 stampò il seguente articolo:

«Sentiamo il debito di tributare una parola di elogio al sig. Domenico Jaccarino, per la difficile traduzione in dialetto napoletano, ed in versi, che egli sta pubblicando dello Inferno del Dante nel suo giornale Partenope. Quando si pensi alla difficoltà di ridurre nel linguaggio del nostro volgo Napolitano gli altissimi concetti del gran poeta italiano non si può far di meno di riconoscere nel sig. Jaccarino un merito non comune in questa sorta di lavori che chiedono un profondo studio del nostro dialetto e una piena intelligenza del testo.»


N.° 6.

Il Pazzo, giornale bisbetico, umoristico, politico, nel suo n. 2, anno I.° del 30 luglio 1867, pubblicò un articolo in dialetto che trascriviamo totalmente:

DANTE POPOLARE

SBOTATO A LLENGUA NOSTA

da lo bravo poeta

Mineco Jaccarino

Chillo grann’ommo de D. Giulio Genoino nsiemme a chill'autro alletterato de lo Barone Zezza, mme dicevano sempe, quanno erano vive, che sarria stato buono de fa na [p. 4 modifica]traduziona de Dante ’ndialetto napolitano; e pe lloro bontà co tanta affecchienzia mme dicevano, che mme nce fosse provato io, pecchè lloro se trovavano all’urtema tappa, che porta a la terra de li muorte; ma io, che tutto saccio e niente canosco, e non sapenno lo Sio Addante addove mmalora stà de casa, facenno no giro a senistra me licenziaje da chille capo-maste co dirle ca chillo voccone non era pe li diente mieje.

Ora mo, strasecolato, veco ncopp’a lo Giornale la Partenope, che se sprubbeca ogne dommeneca, a miezo canto la vota, la traduzzione de lo Divino Poeta, e pecchè io me credo, si nò lo songo, no canoscitore de chesta bella lengua azzeccosa e rrosecarella, pozzo assicurarve, co la mano posta ncopp’ a la coscienzia, che lo sbotamiento de li vierze è stato fatto co tutto Io studio e la revola de ll’arte. Si vuje ve mettite no pocorillo a lleggere chesta bella traduzzione, persuaditeve, che nce trovate lo spasso vuosto, pecca è na cosa tanto originale che non sapite a cchi dare lla deritta si a Dante o a lo traduttore. E non è piccola cosa chesta. Vuje nce pazziate? Si è mò, che la traduzzione, mparola, scritta estemporaneamente fa chiasso e se legge co na grannissema soddisfazione ncopp’a na carta volante de giornale, cche ssarrà quanno sarrà limmata e stampata dint’a no libbro?

Io mme congratulo co lo Sio Mineco, e lo prego de secotià lo mpegno, che s’have accollato, pe dà lo smacco a quarche lengua a ffuorfece che sole dicere, ca Jaccarino è ll’autore de ll’opere ’mperfette. Chesto pe mo — appriesso toccarrimmo meglio chisto tasto, lo quale accorda co l’organo de la maggioranza.

luigi cassitto da bonito


N.°7.

Questo articolo diede occasione al Giornale La Staffetta1, di Napoli, notiziario settimanale con agenzia annessa, nel [p. 5 modifica]suo n.14, anno I. del 4 agosto 1867, di stampare il seguente articolo:

Un nuovo giornale — Giorni sono ci capitò fra mani il secondo numero del nuovo giornale, che ha il nome IL PAZZO, nel quale leggemmo varii articolucci più o meno politici, più o meno sarcastici, più o meno umoristici: ma non bazzicando noi di coteste materie, vi davamo uno sguardo a vol d’uccello e toccavamo via, poco o nulla riflettendovi. Giungemmo però ad un punto sul quale dovemmo far sosta d’un colpo, viemaggiormente perchè non si trattava nè di politica, nè di sarcasmo, e molto meno di spirito o di lepidezza. Trattavasi niente di meno, che della nuova pubblicazione di un’opera intitolata — Dante popolare sbotato a llenga nosta da lo BRAVO POETA Mineco Jaccarino!!.

Ma come non fermarsi leggendo simile epigrafe? Trattasi della traduzione in versi in dialetto napolitano della Divina Commedia del Creator di nostra favella, bagattella!!

Sul bel principio rilevammo che volevasi innalzare al cielo il BRAVO POETA, come in tempo già alquanto da noi lontano i poeti facevano a’ loro mecenati; ma riflettendo fra noi pensavamo, e facevamo il seguente raziocinio; far l’ave Rabe al BRAVO POETA non può costituire alla apologista nè fama, nè fortuna, nè protezione: molto di manco può dirsi, che lo spirito di verità lo avesse indotto a scrivere cose cotanto lontane dal vero, poichè è nota la nullità del traduttore tanto sociale, quanto letteraria: ma tutto ciò è poca cosa; l’uomo può travedere, può ingannarsi.

Ciò che ci ha scandalezzati e che non potremmo menar buono neppure a nostro padre è, che arriva ad un punto la tracotanza dell’apologista di dubitare a CHI dare la deritta, si a Dante o a lo traduttore (sic). Si sono intese mai simile bestemmie?!

Solo un Pazzo (è il titolo del giornale) può scrivere simili minchionerie. Chi ha fior di senno pensa dieci volte prima di pronunziare un giudizio, anche in cose di minor rilievo: ma spingersi tant’oltre è solo dato a’ folli!.

Quanto prima faremo un saggio critico sull’opera in discorso, per far maggiormente risaltare ciò che di sopra abbiam detto. [p. 6 modifica]

N.° 8.


Ed il Pazzo nel suo n. 6, del giorno 8 Agosto, rispondeva all’attacco col seguente articolo:

POLEMICA

La Staffetta di Domenica 4 del corrente mese, anno primo ed ultimo, numero 14 (dell'ubbriaco), ci regala un ARTICOLONE più o meno aristarchico, più o meno pulcinellesco, più o meno sciocco. Lo scrittore del suddetto articolo dava uno sguardo sul 2.° numero di questo Pazzo a vol di uccello ed a passo di asino; e ci aveva ragione, perchè non si trattava nè di politica, nè di sarcasmo, e molto meno di spirito o di lepidezza. Trattavasi niento di meno, che della nuova pubblicazione di un’opera intitolata:

Dante popolare sbotato a llengua nosta da lo BRAVO POETA Mineco Jaccarino!!!

Signor Aristarco, o voi non leggete i giornali più diffusi e accreditati, o pure avete il cervello della lumaca. Avete letto il Brenta di Bassano, La Domenica del chiarissimo Francesco Mastriani, il Conciliatore e l'Osservatore Commerciale?

Noi non siamo usi a precipitarci così alla cieca come credete voi. Dietro il giudizio del Mastriani ci determinammo scrivere quell’articoluccio nel nostro giornale. Voi dite, che facendo l’Ave Rabi (non Rube) al bravo poeta, non può costituire a noi nè fama, nè fortuna, nè protezione; e qui dite bene, perchè la fama è tutta vostra e la fortuna è degli audaci. E la protezione? In quanto alla protezione possiamo assicurarvi con legali documenti, che noi siamo stati sempre i protettori delle belle lettere, della gioventù studiosa e degl’infelici, più o meno come voi.

Duolmi soltanto, che la Staffetta, la quale dovrebbe camminare a passo accelerato, la si vide sempre fermata in un luogo: al contrario il nostro Pazzo, che dovrebbe star chiuso ed incatenato scappa a tutta corsa per le vie del bel Paese. [p. 7 modifica]

Ma voi, signor Aristarco dei nostri calzoni, perchè prendervela con un Pazzo? Perchè fermarvi proprio sur uno de’ nostri articolucci e non fermarvi poi sugli articoli degli uomini di polso, che hanno detto lo stesso, che dicemmo noi?

Se il Jaccarino avesse scritto ad imitazione di Dante un altro poema serio, in lingua italiana e noi pronunziavamo la sentenza: non si sa a chi dar la dritta, allora sì, che davamo un falso giudizio. — Il lavoro del Jaccarino non è, che una traduzione molto bene indovinata.

Le immagini, le sentenze, le frasi, il concetto, la creazione, è tutto del Divino Poeta. Essendo tutta questa roba istessa, non era un delitto, il dir noi di non sapere a chi dare la dritta.

Voi bevete p. e. il vino di Lipari in un boccale di argento, di poi lo bevete nel boccale di creta; rispondeteci se non è sempre lo stesso vino, se non gustate lo stesso sapore?! Giancola Stitillo tradusse Virgilio; a chi dar la diritta? Avremmo molto a dire; ma lo spazio nol consente.

Signor Aristarco della Staffetta, vi dice l'autore degli articolucci del Pazzo, che lo stesso intendeva, che il Dante tradotto dal Jaccarino era tradotto regolarmente tanto da non saper a chi dar la dritta se a Dante o al traduttore, perchè tutto quel bello e sublime che si ammira nell’originale, rifulge e traspare a meraviglia nella traduzione.

Signore Aristarco, sappiatevi, che i pazzi non scrivono delle minchionerie; le minchionerie le scrivono coloro, che vantandosi aver fior di senno compariscono in mezzo alla Società, direi, quasi, ignoranti e peggio. Almeno al pazzo non se gli dà dell’ignorante.

Dovendo noi contentare i nostri associati con degli articolucci più meno sarcastici, più o meno umoristici; così protestiamo di non rispondervi più, perchè quel tempo, che noi abbiamo a sciupare per gli aristarchi ci servirà per tutt’altro affare. Scrivete, stampate, cantate e crepate pure, perchè così almeno avrete da sfogare con voi medesimo.

Vi saluto Signore Aristarco - Conservatevi.

il pazzo

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N.° 9.

L'Osservatore Commerciale, di Napoli nel suo n.33. an. I°, 4 agosto 1867, nella sua rubrica Notizie Varie pubblicava il seguente articolo che urtò i nervi della Staffetta:

«Giorni sono ci vedemmo pervenire all’ufficio del nostro Giornale il Giornale la Partenope che si pubblica in Napoli, esso è nostro coetaneo e con piacere lo salutiamo. Parlare del Direttore e Redattore di esso è cosa inutile; Napoli conosce lo spirito e l’ingegno del Sig. Domenico Jaccarino. Però se non temessimo sentirci dire, col lepido Brofferio, «d’onde esce questo giudizio di poesia che sente di cifre numeriche?» noi vorremmo azzardarne uno sul Dante Popolare che il Sig. Jaccarino pubblica mano mano sul suo giornaletto.... Ma da banda il timore dei maldicenti, ad essi rispondiamo che da quei libroni di cifre uscì sempre civiltà e sapere, ed azzardiamo la nostra idea.

Su per giù in complesso il Dante del Sig. Jaccarino ci piace; lo scopo che lo mosse alla traduzione dialettica di esso è nobile e per questo passiamo sopra a certi nei che vi sono i quali però facilmente si dimenticano per le molte terzine che si lasciano ammirare per la bellezza del verso e la giusta interpretazione ed armonica, tanto da chiedersi se non sia Dante stesso che l’avesse cosi scritte; del resto quei nei possono pure interpretarsi fatti ad arte per fare spiccar più la bellezza di talune terzine.

Noi siam Negozianti, Sig. Jaccarino, ed il nostro giudizio è povero in fatti di lettere, perchè son più anni che immersi nei numeri non curiamo più Parnaso, ma pure per quanto possa valere il nostro giudizio, noi vi sproniamo a progredire e mandare a termine l’impresa.

N.° 10.

Il Popolo d’Italia, giornale democratico di Napoli, nel suo n. 215 anno 8.° del dì 7 agosto 1867, nella rubrica Cronaca interna pubblicò il seguente articoletto:

«Nel giornale La Partenope, tanto ben diretto dal sig. Domenico Jaccarino, si pubblica periodicamente la traduzione fatta dallo stesso sig. Jaccarino del Divino [p. 9 modifica]Poema dell’Alighieri in lingua napoletana. Senza dubbio lo scopo dello scrittore è ottimo, quello cioè di portare a conoscenza del popolo il nostro Dante, onde noi nutriamo fiducia il pubblico farà sempre più buon viso al giornale del sig. Jaccarino.»

N.° 11.

Il Vero Messaggiero del Mattino di Napoli, nel suo n. 296 anno II. del dì 8 agosto 1867, recò l’annunzio dell’opera con queste parole che riportiamo testualmente:

«Il sig. Domenico Jaccarino sta pubblicando nel giornale La Partenope una sua traduzione in dialetto napolitano della Divina Commedia del Dante Alighieri.

N.° 12.

Il Ministro della Pubblica Istruzione, scriveva al Jaccarino dal suo Gabinetto Particolare, Firenze 7 agosto 1867.

Illustrissimo Signore

«Sarà sempre degno di molta lode chiunque fa opera, con qualsiasi mezzo, di educare il popolo a nobili sentimenti, di istillargli l’amor del lavoro, il rispetto alle leggi, e tutte quelle altre virtù che formano l’uomo onesto ed il buon cittadino. Se Ella stima ed ha provato mezzo utile a ciò lo spiegare il Dante a cotesto popolo nel suo dialetto io non posso che commendarla e rallegrarmi del bene che son certo deriverà dalle sue fatiche, giacchè non mi è dubbio che Ella saprà dai tesori di sapienza riposti nella Divina Commedia cavare argomenti atti a infondere a ne’ suoi uditori quelle virtù ch’io diceva.

Resta ch’io auguri all’impresa della S.a V.a quel buon successo di cui è degno, e profitto di questa occasione per offerirmi alla S.a V.a

Devotissimo
coppino


«Al sig. Domenico Jaccarino
Napoli» [p. 10 modifica]

N.° 13.

La Rivista Teatrale, giornale artistico letterario di Napoli nel suo n. 11, anno 3. del dì 9 agosto 1867, stampò il seguente articolo di critica contro quello pubblicato dal giornale Il Pazzo:

«Il signor Domenico Jaccarino ha tradotto in dialetto napolitano La Divina Commedia, e la va pubblicando sul giornale La Partenope, da lui diretto. Noi ci riserbiamo dare un giudizio critico sul lavoro suddetto, non appena che avremo avuto il tempo di leggerlo, e nel mentre lodiamo la felice idea del Jaccarino, siamo rimasti scandalezzati da un articolo critico d’un neonato giornale umoristico. Noi non confuteremo le parole del Pazzo (questo è il nome del giornale) ma semplicemente le riportiamo, poichè nel solo leggerle si trova la più ampia confutazione. L’articolista conchiude dubitando a chi dare la deritta, si a Dante o a lo Traduttore

N.° 14.

Il giornale Il Pazzo di Napoli, n. 8 anno I. riportò anche un altro articolo in difesa di Jaccarino, che è il seguente.

Con piacere pubblichiamo quanto segue:

la direzione


POCHE PAROLE AL GIORNALE LA STAFFETTA

Non son quindici giorni, e questo giornale mandava a cognizion de’ lettori un brieve annunzio per la traduzione della Divina Commedia di Dante Alighieri in dialetto del popolo di Napoli, per cura del sig. Jaccarino, qualmente da bravo poeta era da aspettarsi.

E, di rimando, l’altro periodo della Staffetta aprì campo di rimproveri al precennato avviso, ponendo a disamina la incompetenza di bravo poeta al giovane Jaccarino, per la nota di nullità del traduttore, sia per la parte sociale, che per la letteraria.

Al qual colpo di scena, che impensierir potea Jaccarino, nel caso soltanto che non avesse avuto coscienza del fatto suo, cercò il Pazzo mettere in ballo la improprietà dei detti della Staffetta, e la impertinenza dello attacco. [p. 11 modifica]

E pur si risponde, e pur si mena clamore, ripetendo il contrasto in termini nè tanto decenti, nè tanto letterarii!

E poichè non mi garba punto, nè poco il discorrer di fatti senza provarli, o i metter giù de’ paroloni, dei principii senza razionalizzarne il costrutto, mi fo permesso carezzare un pochino la storia del fatto, e conversar di vantaggio su la ragione del già detto.

Di fermo; Che Jaccarino abbia tradotto lodevolmente si dirà sol quando alla Staffetta piaccia e venga in taglio di rubare qualche modo poco adattato, o poco inteso dalla maggiore degli Uomini. Ma, che lo stesso abbia fatto cosa che gli meriti il nome di bravo poeta è tal vero, cui l’orbe, almeno, dell’occhio destro della ragione potrà mettere sul dubbio.

È bravo poeta, in fatti, perchè ha popolarizato un poema, immenso pel principio, infinito per la purezza e grandezza di lingua.— È bravo poeta, perchè ha visto in Dante la essenza della forma vera, per tradurlo nella forma di un dialetto tutto semplice, grazioso, e leggiadro. — È bravo poeta, in fine, perchè ha voluto, in altri termini, dire al popolo; avrò tradotto Dante, forse non bene così da meritar placito; ma talmente feci, perchè vo’ che nel tuo stile, nei tuoi detti faccia misto di questi mirabili dettati, di questi indefinibili pronunziati.

Ecco perchè Jaccarino è buono, bravo, ed utilissimo poeta, tanto che chi lo straccia e dilania non avrà, nel giusto senso, mirato in che consista la grandezza e la bontà del Poeta!

Nè posso ristarmi dal notare la inciviltà della forma della dolcissima Staffetta! ci vuol poco a scorgere, che far fronte anche al giudizio falso, che altri porti di un giovine, è frutto dell’invidia che macera. Se il Pazzo ben disse, o non, in riputar grande Jaccarino, giudichi il lettore: ma che la Staffetta vi faccia bordone con quattro righe di rivista bibliografica, è tale incongruenza da meritare lo sprezzo, e la indignazione de' buoni!

Fo voti, perciò, col bravo amico signor Cassitto, che lasci in dimenticanza il già detto, per ottenere che la Staffetta ponga termine a questa, che non dirò polemica, non avendone il carattere, nè il principio; ma a tanta, ostile garrulità, che tutta fonda su de’ pettegolezzi, cui si oppone sempre la serietà di uno scopo designato, e la civiltà di uomini culti ed intelligenti. [p. 12 modifica]

Le parole son chiacchiere morte, e nient’altro. I fatti son chiari, ed i lettori dì entrambi i fogli che si son trovati a rilevar due numeri, il 14 ed il 6, vedranno a chi spettano entrambi, non sapendo, e non volendo qui dirlo, perocchè fin’ora io abbia scritto della inutilità di queste scaramuccie giornalistiche.

E qui pongo termine, con l'augurio, che l’Italia abbia sempre dei Pazzi, che non isfruttino il lor tempo: e delle Staffette, che segnalino al più presto la via di andare a Roma!

carelli attilio bartolomeo


N.° 15.

La Patria, giornale politico di Napoli, nel suo n. 222, anno 7. del dì 13 agosto 1867, pubblicò anche essa poche parole su questa traduzione, esprimendosi così:

Abbiamo letto nel giornale La Partenope i primi canti del Divino Poema di Dante Alighieri, tradotto in dialetto napolitano dal signor Domenico Jaccarino, e veramente non possiamo che incoraggiare anche noi con la nostra parola di lode l’arduo lavoro del traduttore, che tende ad uno scopo nobilissimo ed utile alla classe del nostro popolo minuto, qual'è quella di rendergli intelligibili quei tesori di sapere che sono riposti nella Divina Commedia.

Sappiamo inoltre che il signor Jaccarino è stato autorizzato dal Ministro della Pubblica Istruzione ad aprire in Napoli una Scuola Dantesca.

N.° 16.

Il Giornale di Napoli (Ufficiale) nel suo n. 221 del 13 agosto 1867, nella Cronaca Interna pubblicò le seguenti linee per incoraggiare il Traduttore del Dante:

«Il signor Jaccarino Domenico aprirà fra non guari in Napoli una Scuola popolare Dantesca, per la quale ha ricevuto una lettera d’incoraggiamento dall’onorevole Ministro della Pubblica Istruzione, che abbiamo avuta sott’occhi. Il sig. Jaccarino è l’autore della versione in dialetto napolitano della prima cantica della Divina Commedia, pubblicata dal giornale La Partenope. Questa a versione vien letta comunemente con piacere. [p. 13 modifica]

N.° 17.


Il Pungolo di Napoli nel suo n. 223 del dì 14 agosto 1867, pubblicò nella sua Cronaca Interna ciò che siegue sul conto del Jaccarino:

«Facciamo plauso al pensiero del sig. Jaccarino di tradurre la Divina Commedia dell’Alighieri nel dialetto napolitano, traduzione che si pubblica nel giornale la Partenope.

È un lavoro lungo e difficile, eppure eseguito con una disinvoltura di stile, e una fedeltà non comuni, che mira ad un fine utilissimo, qual’è quello di rivelare al nostro popolo i tesori infiniti che racchiude il Divino Poema.

N.° 18.

Una stretta di mano all’Appendicista del Giornale

il PAZZO N. 6.

Ecco in che modo rispondeva frattanto il giornale La Staffetta alla polemica del suo confratello Il Pazzo, e ciò in data del dì 11 agosto 1867, nel suo n. 15 anno I.°

Evviva caro fratello!! Tu non sei mica pazzo come ti spacci — hai molto sale in zucca— Sei Smorfia perchè sai che 14 è assegnato all'ubbriaco. Perchè non fai un giornale cabalistico, che vivrebbe un mese o poco più come tutte le altre pubblicazioni del BRAVO POETA? — vi è da far danaro — a Napoli il gioco del lotto è un fanatismo; ma tu non hai d’uopo di consigli; te lo ripeto, non sei mica pazzo; hai rimarcato un ave Rabe invece di ave Rubi; oh che talento!!!

Chi sia più meno pulcinellesco, più o meno sciocco, lo giudicherà il paziente pubblico, che legge le nostre pulcinellate (e ci paga).

Caro Appendicista, credo che nessuno sia obbligato di leggere tutti i giornali, accreditati o no, per dare un giudizio, o vero o falso, su ciò che gli piace. Quando si espongono verità evidenti, non è necessario che si stia su la assertiva de’ giornali che tu citi, tutto hanno letto, fuorchè la traduzione del Dante. IL BRAVO POETA si è [p. 14 modifica]portato agli ufficii dei giornali da te citati con l’articolo in tasca, que’ signori direttori, per dar coraggio alla intraprendente studioso, hanno creduto atto filantropico il dar luogo ne’ loro giornali a tali articoli, senza neppure sapere le bestemmie che in essi si contenevano.

Il signor Mastriani è una gemma del nostro paese, e nessuno lo mette in dubbio; innanzi a tale uomo bisogna far di berretto; ma pel dialetto napolitano (mi scusi mille volte il Mastriani) non può essere giudice competente.

La fame è sorella di entrambi noi, non escluso il BRAVO POETA, se non sei tu: però ben tristo colui che non ha altro protettore, che il BRAVO POETA.

Che paragone peregrino è quello del Bravo poeta è Marano spunto, è cefeca!!! (voce del dialetto).

La Staffetta fa il suo corso periodico regolare, e finora non si è mai fermata, come il Bazar, Pulcinella e il Diavolo ZoppoI costumi napolitaniLa GRANDIOSA storia delle cento Città, tanto elogiata dal Giornale Ufficiale e da Masaniello, La storia della guerra Russo-polacca e tante e tante altre produzioni, incomplete, che poi ti numererò, garbatissimo fratello.

Voglio togliere il tedio, non a te, col quale converserei de’ mesi interi, e sempre su la stessa cadenza; ma allo indulgente pubblico. Conchiudo quindi che mi aveva proposto di cominciare a pettinare la SUBLIMISSIMA TRADUZIONE del Dante fatta dal BBAVO POETA, corretta in parte dal suo Maestro L.E.B. ed in parte dal B. M. Z., i quali han tolto il grosso; ma certe cose esistono tuttavia e te le farò notare man mano nei prossimi numeri.

Ti auguro salute.

N.° 19.

Il Giornale Popolo d’Italia ritornava sull’argomento, colle seguenti avventate parole per servire un partito spinto ed avverso per principio a qualunque utile istituzione che non sia repubblicana, e ciò stampava nel suo n. 222, anno 8. del dì 14 agosto 1867.

Una scuola dantesca in lingua napoletana sarà aperta in Napoli per opera del signor Domenico Jaccarino per spiegare al nostro popolo la Divina Commedia. S. [p. 15 modifica]Eccellenza il ministro di P. I. ha incoraggiato l’inventore di questa scoperta — Però se noi lodammo la traduzione di Dante in lingua napoletana, non possiamo nè encomiare, nè incoraggiare questo disegno. Che cosa difatti imparerà il popolo da Dante? Avrebbe ad imparar molto è vero, ma quando fosse più educato. Volete educare il popolo? aprite conferenze in cui s’impari al popolo, che cosa è la guardia nazionale, una cassa di risparmio, un’associazione di lavoro; imparate al popolo a che servono i comizii, quanto sia immorale il gioco del lotto, quanto sia ladro un governo che sciupa milioni ad un esercito di nullafacienti..... e simili. Imparate prima queste cose necessarie alla vita politica e civile, necessarie alla moralità e poi spiegategli Dante. Ma allora il buon popolo non avrà bisogno del signor Jaccarino; Dante lo leggerà e lo comprenderà da se. Siamo serii.

N.° 20.

La Nuova Roma, giornale del mattino di Napoli, nel suo n.126 dell’anno 1° 14 agosto 1867, pubblicò il seguente articolo nella Cronaca Interna:

La Divina Commedia del Dante Alighieri ha trovato un buon traduttore nel signor Domenico Jaccarino, che rende in dialetto napolitano intelligibili al popolo i sublimi concetti dell’immortale Poema. Noi ne abbiamo sott’occhio i primi canti che il traduttore ha già pubblicato, e ci congratuliamo nello scorgere che il nostro paese abbondi sempre di fervidi ingegni e di giovani di buona volontà.

Quanto prima lo stesso signor Jaccarino aprirà in Napoli una Scuola dantesca popolare gratuita, essendone già stato autorizzato dal Ministro della Pubblica Istruzione, che gl’inviava anche una lettera d’incoraggiamento.

N.° 21.

L’Emancipatore Cattolico nel suo n. 33 dell’anno VI, 16 agosto 1867, elogiava anch’egli la traduzione del Dante coll’articolo che segue:

L’egregio giovine Letterato Domenico Jaccarino, già autore della bella traduzione della Divina Commedia di Dante in dialetto napoletano, aprirà una scuola per [p. 16 modifica]spiegare al popolo nel suo dialetto il divino Poema. Questo pensiero fu meritamente incoraggiato con lusinghiera nota dell’attuale signor ministro dell’istruzione pubblica. Noi ci congratuliamo col benemerito signor Jaccarino, e, non gli facciamo maggiori e ben dovuti encomi per il patriottico suo divisamente, perchè egli è uno dei membri della nostra Società.

N.° 22.

E mentre il giornale il Pazzo seguitava a riprodurre ne’ suoi numeri consecutivi gli articoli de’ confratelli in pro del Jaccarino, e le onorificenze che quotidianamente riceveva per la sua traduzione del Dante, la Staffetta ritornava all’attacco colle seguenti parole, alle quali si rispose con un glaciale silenzio; e ciò nel suo n. 16, dell’anno I. 18 agosto 1867:

Cenno Critico

Sul Dante Popolare di Domenico Jaccarino

Al secondo difensore dell’OTTIMO POETA brevemente e con gentilezza diciamo, che i termini nè tanto decenti, nè tanto letterarii furon prima vibrati dallo scrittore dell’Appendice del N. 6. del PAZZO, e quindi dovea rispondersi per le consonanze. Nel nostro primo articolo osservammo solo, che mal si addiceva l’epiteto di BRAVO al traduttore di un libro che ha avuti più cementatori della stessa Bibbia, e che era temerità il dire di non sapere tra i due a chi dar la diritta! I Poeti in Italia sono infiniti e ve ne saranno finchè il mondo esisterà; ma i buoni non son molti, ed i bravi sono scarsissimi: l’unico sommo è Dante, contendere la dritta a tal uomo è follia!

Addio caro Attilio.

Imprendere ad analizzire e criticare la traduzione in dialetto napolitano del primo tra i poeti classici italiani, del sommo de’sommi, del Creatore di nostra favella, troppo ardua impresa ella è, e non dei lombi miei; ma però tanti elogi profusi, le onorificenze che quasi ogni giorno il traduttore del Dante fa piovere or su questo, or su quell’altro giornale mi hanno spinto a trattar questo esame, acciò apra gli occhi chi facilmente crede, e distingua l’oro dall’orpello.

Diam mano all’opera, cominciando all’argomento. [p. 17 modifica]

«Dice lo Poveta» Perchè rovinare questa povera parola? Noi in dialetto diciamo poeta come il toscano e non poveta o pojeta, come si riscontra in qualche cattivo scrittore napolitano. Leggansi le opere di G. C. Cortese stampate in Napoli 1566. Lo stampatore a chi legge e si troverà sul bel principio: «Non fece accossì lo famuso Giulio Cesare Cortese, che appe sale a la cocozza, pocca pe dechiararese figlio d’Apollo, zoè bravo poeta, voza fa lo Viaggio de Parnaso etc.

«E pecchè cierte animale feruce le mpedesceno de saglì ncoppa’a na collina». Collina non esiste in nessun dizionario del dialetto; si può consultare il Galiani, Puoti, Gargano, Greco, De Ritis, Guacci e Taranto, Meli, Carfora, Manzi, Casillo, Brascello, Cimmino, Melga, Villani etc; nè è voce d'uso; invece montagnella.

«Che Ile promette de farete vedere lle pene» (la forza deve cadere sul p e non su l’e) «de lo Nfierno, poje (doppo) lo Purgatorio (priatorio) e che all’urdemo sarria portato da Biatrice (Viatrice) dinto a lo Paraviso. E isso jette appresso a Vergilio (a Bergilio)».

Ciò basti per ora, nel prossimo numero cominceremo ad esaminare i versi.

N.° 23.

La Comare, giornale delle donne, quotidiano di Napoli, nel suo n. 119, anno I° in data 19 agosto 1867 pubblicò il seguente articolo:

Dobbiamo un elogio al nostro bravo scrittore Domenico Jaccarino: il suo Dante popolare gli fa riscuotere applausi universali; continuate la tradizione del nostro Valletta, giovine egregio, ed i napoletani, di cui conservate il dialetto espressivo, vi saranno riconoscenti di tutto cuore: ad essi non resta ora, che quello che rimaneva al Cristo su la croce — la lingua: speriamo che il Sodalizio letterario che egli va a fondare abbia piena riuscita, e che i suoi studi siano coronati da esito felice. Raccomandiamo alle Comari di leggere la sua plaudita traduzione della Divina Commedia, e ci sapranno grado del consiglio. [p. 18 modifica]

N.° 24.

Il Folletto di Napoli, giornale umoristico, nel suo n. 166, anno II, del 18 agosto 1867, per invidia personale pubblicava il seguente sarcastico articolo:

I giornali serii

Se avessi tanto per intraprendere un viaggio, me ne anderei senza manco esitare un minuto nelle Antille, nelle Terre del fuoco, nella Groeladia, nella nuova Zelanda!

In una parola vorrei diventare un secondo Robinson Crosuè.

E sapete perchè?

Per non sentire a parlare più di cholera, di pedecchiale, di perniciose, di morte improvvise, di casi di pazzia, di furti, di omicidii, d’infanticidii, uxoricidii, di lago d’Agnano, di malattie epidemiche, di vajuolo, di esalazioni mefitiche e di altre piccole, grosse e mezzane disgrazie della vita umana.

Napoli — secondo la lettura de’giornali — è diventata una una vasta corsea di ospedale.

Scommetto che vi è qualche cosa che non si rattrova nel vaso di Madama Pandora.

Povero Napoli!... Se dura questo stato di cose, tre quarti della popolazione emigrerà come gl’irlandesi ed i circassi.

Di fatti, molto si sono allontanati da Napoli, ed il resto si accinge a partire.

Di chi la colpa? È tutta de’ giornali.

E se queste miserie non bastassero, n’è sorta anche un altra — sempre in grazia dei nostri giornali serii — vale a dire la miseria Jaccarino.

Chi è Jaccarino? — Diamine, è impossibile ignorare Domenico Jaccarino a Napoli.

Jaccarino — dopo Totonno Tasso e D. Antonio il cecato — è l’uomo più umoristico del Casalone.

È autore per lo meno di venti produzioni teatrali, tutte applaudite... da quattro o cinque amici — di cinquanta o sessanta giornali, tutti venduti... a Raffaele alla Galitta — di sette o otto storie... tutte rimaste al primo fascicolo — e [p. 19 modifica]di un diluvio universali di manifesti ed annunzii d’opere, che abbracciano tutto lo scibile umano, dalla medicina all’astronomia, dalla zoologia alla trastologia.

È dunque un mostro di scienza questo Domenico Jaccarino?

Nient'affatto — è nè più nè meno che una ventosità letteraria.

Di lui potrebbe dirsi, come del satiro nel Pastor fido:

Mezzo uomo, mezzo capra e tutto bestia.

Occuparsi di un’Jaccarino, vuol dir occuparsi di un caso di cholera di più.

Se noi ne parliamo, è perchè ne’ giornali serii abbiamo inteso tando lodare una traduzione della Divina Commedia in dialetto napoletano perpetrata da questo Jaccarino.

Affè di Dio, messeri del Pungolo, Patria e Compagni!... Che vi vogliate occupare del cholera, sta bene; che vogliate fermarvi tanto su’ rimedii, sta meglio; ma occuparvi anche di un Jaccarino, vuol dire propagare maggiormente gl’insetti cholerici e additare l’emetico e l’oglio di ricini invece de’restringenti e dell’acido fenico.

Ma non capite che facendo così innalzate un piedistallo ad una bolla di sapone, e fate credere che a Napoli la letteratura è rappresentata da quest’uomo-mosca chiamato Jaccarino?

Non capite che questa traduzione della Divina Commedia è un attentato al pudore, un vero stupro letterario?

Non capite che un Ministro della Pubblica Istruzione — fosse anche un Coppino — ingannato dalle vostre lodi potrebbe domani dare una cattedra ad uno che appena appena è degno di assistere a qualche scuola Municipale?

Che ne sarebbe di Napoli? Che ne sarebbe di tanti giovani istruiti, di tanti ingegni, i quali stanno avviliti, perchè senza incoraggiamento?

Per carità, cessate questa reclame di compiacenza, date fine a questi colpi di grancassa continuati!...

Siamo pieni di tante miserie — non ne aggiungete delle altre.

Plick.

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N.° 25.

Della tipografia dell’Unione in Napoli, strada nuova Pizzofalcone, 14, è uscita la prima dispensa della Divina Commedia, recata in dialetto napoletano dal cavaliere Domenico Jaccarino con illustrazioni e biografie. Quelli che amassero associarsi faranno pervenire all’indirizzo del signor Domenico Jaccarino, Napoli, 38, Ponte di Ghiaia, in lettera franca, lire 2, per quattro dispense anticipate, e così di mano in mano sino alla completa edizione dell’opera. Questo egregio lavoro del professore napoletano merita essere raccomandato oltre che pel reale suo valore, anche per le lodi che gli furon tributate dallo illustre Zahn, professore della regia Accademia di Berlino, e dall'ex ministro della Pubblica Istruzione in Italia, il Commendatore Coppino.

Agl'istriani, che bramassero arricchire le loro biblioteche di studi danteschi e per lo interesse che può destar loro la conoscenza di uno de’ più vivaci e fioriti dialetti d’Italia nostra, lo raccomandiamo.

(La Provincia di Capodistria — Anno III. N. 20 — 16 ottobre 1869 ).

N.° 26.

Abbiamo letto il primo fascicolo del Dante Popolare o la Divina Commedia in dialetto napoletano dell’egregio Domenico Jaccarino e ci è parso un lavoro pregevolissimo e tale da essere ricordato dal professor Zahn alla Reale Accademia di Berlino con parole di lode.

Il Dante popolare ha il testo Italiano a fronte e le note di G. Biagioli, e quelle del traduttore in dialetto napolitano.

Viene pubblicata a dispense ciascuna di due fogli di stampa con covertina per 50 centesimi.

(la Gazzetta di Teramo— Anno V.N. 43— 24 ottobre 1869).

N.° 27.

La Divina Commedia. — Il cav. Domenico Jaccarino ha voltato in dialetto napoletano le tre Cantiche dell’Alighieri, e [p. 21 modifica]ci ha mandato il primo fascicolo in dono. Questo lavoro paziente fu ricordato dal prof. Zahn alla Reale Accademia di Berlino con parole di lode, ed ebbe da’ giornali e da distinte persone incoraggiamenti affinchè fosse stampato. Nitida e corretta è l’edizione delle dispense, ciascuna delle quali è di due fogli di stampa, con copertina colorata, e non costa che 50 centesimi. Dirigersi in Napoli al signor cav. Domenico Jaccarino, Ponte di Ghiaia, 38, con un Vaglia di L. 2 per le prime 4 dispense.

(La Voce dell’Appennino di Urbino — Anno III, N. 43— 24 ottobre).

N.° 28.

La Divina Commedia in Napoletano

La benemerita direzione del giornale il Salvatore di Napoli, uno dei periodici che onorano la stampa italiana, imprese a pubblicare una versione in dialetto Napoletano della Divina Commedia di Dante.

Abbiamo letto il primo canto, gentilmente trasmessoci e siamo rimasti molto meravigliati del sorprendente effetto che quel sonoro dialetto dà ai pensieri del grande Poeta. Lo raccomandiamo ai cultori del vero bello.

Per associarsi rivolgersi con lettera franca al signor Domenico Jaccarino, in Napoli, Ponte di Ghiaia, n. 38.

Ogni dispensa di 32 pagine col testo di fronte vale centesimi italiani 50.

(La Baba di Trieste — Anno VI. Num. 37 — 24 ottobre 1869).

N.° 29.

Viene da Napoli il primo fascicolo di una pubblicazione meridionale di attenzione. È il Dante Popolare, ossia La Divina Commedia ridotta in dialetto napoletano dal cav. prof. Domenico Jaccarino, scrittore e filantropo infaticabile. Rendere popolare il divino poema, portandolo all’intelligenza di tutti è una impresa assai difficile, ma ad un tempo un atto di vero patriottismo, perchè insegna a [p. 22 modifica]scuotere il giogo papalino, che pesa ancora abbastanza sulla coscienza delle classi meno istruite; ed eccita e solleva il popolo a penetrarsi del concetto nazionale, che non sempre si trova compreso da tutti, malgrado diversi anni di statuto. Gustavo Modena prima, ed Ernesto Rossi dopo, sono i due più chiarì e migliori commentatori che io mi abbia conosciuto di Dante, perchè un canto della Divina Commedia da loro declamato mi era più evidentemente chiaro e meglio interpretato, che non leggendone i moltiplici commenti degli annotatori.

Il chiaro Jaccarino si rende pei napoletani il più felice interprete del divino poema, e per tal modo si rende in alto grado benemerito del popolo che istruisce, e del paese al quale somministra un nuovo mezzo di progresso e di civiltà.

Gazzetta del Popolo di Torino — Anno XXII. N. 299-27 Ottobre 1869.)

N.° 30.

Il cav. Jaccarino di Napoli ha cominciato la traduzione in dialetto napoletano delle tre cantiche di Dante. Il prezzo di ciascuna dispensa è di L. 2. Dirigersi all’autore in Napoli, 38, Ponte di Ghiaia.

(Il Calabro di Catanzaro — Anno I. N. 73. — 28 Ottobre 1869.)

N.° 31.

Il Dante popolare — L’indefesso e forbito scrittore sig. cav. Domenico Jaccarino, fondatore della società dei Salvatori in Italia, dopo molti anni di durate fatiche fu finalmente al caso di mettere definitivamente alle stampe il suo Dante popolare, ossia la Divina Commedia in vernacolo napoletano, lavoro colossale che meritò un sincero encomio dal prof. Zahn alla reale Accademia di Berlino, e si ebbe la superiore approvazione dall’ex ministro della pubblica istruzione comm. Coppino. [p. 23 modifica]

Il Dante popolare si pubblica col testo italiano a fronte, sicchè il lettore può averne sott’occhio la traduzione, e colle note, confrontarla col testo originale. Il traduttore metterà anche le sue note in dialetto napoletano nella traduzione, e spiegherà al popolo gl’inesauribili tesori che sono racchiusi nel Divino Poema, pubblicando altresì a piccoli brani le biografie de’ nominati da Dante.

L’opera verrà pubblicata a dispense, ciascuna di due fogli di stampa, e covertura, per 50 cent.

Gli associati debbono far pervenire al sig. Domenico Jaccarino, in Napoli 38, Ponte di Ghiaia, lire 2 per quattro dispense anticipate, e così di mano in mano sino alla completa pubblicazione dell’opera.

Si pubblicano due dispense al mese.

(La Bilancia di Fiume — Anno 1869, N. 44.)

N.° 32.

La Divina Commedia — Il cav. prof. Domenico Jaccarino, assai noto nella palestra letteraria ha voltato in dialetto napoletano le tre cantiche dell’Alighieri, di cui ci pervenne il primo fascicolo. Questo paziente ed arduo lavoro ebbe favorevole eco in varie accademie scientifiche, e non ha che lodi ed incoraggiamento dagli uomini più dotti, quindi è per noi un debito il farne cenno. Nitida e corretta l’edizione, ogni dispensa assai di mole con copertina colorata costa solo cent. 50. Dirigersi all’autore in Napoli Ponte di Ghiaia n. 38 con vaglia di L. 2 per le prime 4 dispense.

(Il Messaggiere di Alessandria — Anno V. N. 42 — 31 Ottobre 1869.)

N.° 33.

Quell’operoso, e brillante ingegno del cav. Domenico Jaccarino, dopo parecchi anni di lavoro, alla fine è in grado di offrire al popolo La Divina Commedia in dialetto napolitano, mettendovi a fronte il testo originale. Nè vi mancheranno le note, che saranno del Biagioli, ed altre dell’autore affinchè gl’immensi tesori del colosso della nostra letteratura fossero svelati alle ignoranti masse del mezzogiorno d’Italia. [p. 24 modifica]


Questa che noi stimiamo opera preziosa, anche perchè l’egregio Jaccarino promette le piccole briografie di tutti i personaggi di maggior interesse nominati da Dante, venne encomiata alla Accademia di Berlino, incoraggiata da distinti ingegni della patria nostra.

Noi caldamente la raccomandiamo ai lettori della Capitanata, loro facendo conoscere che dessa verrà pubblicata in dispense ciascuna di due fogli di stampa e covertura per cent. 50.

Ogni mese verran pubblicate due dispense, e gli associati dalle provincie debbono far pervenire L. 2 anticipate per 4 dispense al sig. Domenico Jaccarino in Napoli, Ponte di Ghiaia n. 38, e così di seguito sino alla completa pubblicazione dell’opera.

(La Capitanata di Foggia — Anno III. N. 44— 31 Ottobre 1869.)

N.° 34.

Il cav. Domenico Jaccarino, ci ha inviato il primo fascicolo della Divina Commedia in dialetto napoletano col testo originale a fronte.

Questo bellissimo lavoro è stato non solamente incoraggiato da distinti ingegni italiani ma encomiato anche all’Accademia di Berlino; e questo già l’è un primo compenso pel chiaro autore.

L’opera verrà pubblicata in dispense ciascuna di due fogli di stampa e covertura per cent. 50.

Si pubblicheranno due dispense al mese. Gli associati delle provincie debbono inviare L. 2 anticipate per 4 dispense al sig. Domenico Jaccarino in Napoli, Ponte di Ghiaia, n. 38.

(L’Eco de’ due mari di Taranto. — Anno VI. N. 37 — 4 Novembre 1869.)

N.° 35.

Il Dante Popolare o la Divina Commedia in Dialetto napoletano. È un nuovo lavoro dell’egregio Cav. Domenico Jaccarino, che riuscirà non poco utile alla educazione [p. 25 modifica]morale e civile del popolo. Sebbene noi vorremmo che tutti i dialetti, ricordanza delle nostre antiche divisioni, cessassero una buona volta; tuttavia noi crediamo che fino a che hanno vita, sia profittevole giovarsi dei medesimi per istruire ed educare il popolo, traducendo, nel suo linguaggio quelle bellezze e quei veri tesori che fino ad ora gli furono tenuti nascosti. Rendere popolare il Sacro Poema è opera commendevolissimá, dappoichè, primo monumento letterario del moderno incivilimento, sarà sempre il libro ch’educherà la mente ed il cuore ad alti sensi ed a forti propositi; sarà sempre il libro in cui l’italiano imparerà a pensare ed a fare. Un bravo di cuore al Sig. Jaccarino: prosiegua la sua difficile opera; che riuscirà non inutile al suo paese.

(Il Rubicone di Cesena. — Anno I. N, 56 — 3 Novembre 1869.)

N.° 36.

Bibliografia. — È uscita in questi ultimi giorni in Napoli la prima dispensa del Dante popolare o la Divina Commedia in dialetto napoletano. È un’opera che deve aver costata immensa fatica, e lungo e assiduo lavoro al suo autore Cav. Domenico Jaccarino. A noi, se vogliamo giudicare dal primo canto che abbiamo sott’occhi ci appare una degnissima traduzione del divino Poema epperciò la raccomandiamo ai nostri lettori. Più sotto riportiamo per intero le condizioni d’associazione.

(L’Eco del Popolo di Cremona. — Anno I. N. 24 — 5 Novembre 1869.)

N.° 37.

Il giornale Il Salvatore di Napoli che era il monitore di quella Società umanitaria dei Salvatori, si è fuso nel Giambattista Vico, che fu finora il monitore del Circolo Partenopeo di egual nome, e sarà d’ora in poi delle due istituzioni.

Il Circolo Giambattista Vico, e la Società dei Salvatori sono due fondazioni del chiaro cav. prof. Domenico Jaccarino il quale con una singolare infaticabilità tiene in corso diverse pubblicazioni, e diede in luce testè la prima [p. 26 modifica]dispensa della sua traduzione della Divina Commedia in dialetto napolitano. Dal primo canto dell’inferno che si contiene in questo primo fascicolo, si può già riconoscere la felicità della traduzione che riduce il divino poema alla intelligenza popolare, vestendo la traduzione di un brio speciale. Il dialetto napolitano non è punto famigliare a chi nacque e vive nel paese appiè delle alpi, e nondimeno colla scorta del testo che sta di fronte alla traduzione si riesce perfettamente a comprendere tutti i pregi e le bellezze che il chiaro Jaccarino seppe trasfondere nel suo lavoro.

A lui le nostre sincere congratulazioni.

(La Vedetta di Novara — Anno XI, num. 45. — 6 novembre 1869).

N.° 38.

Il Dante popolare in dialetto napoletano per cura del Cav. Domenico Jaccarino.

RIVISTA BIBLIOGRAFICA

Un genere popolare di letteratura eccezionale quale è quello, onde i classici nazionali volti nei vari vernacoli si diffondono per gli ordini più bassi della popolazione, può attualmente avere immensi vantaggi. Le antiche divisioni territoriali italiche han procreato una diversità ingente di dialetti, ne’ quali si specchia il pensiero delle moltitudini non agiate fuori della Toscana specialmente sentesi la grande differenza tra la lingua scritta e la parlata, se tu metti in corso fra le plebi, gli operai, gli artieri, i mestieranti di ogni sorta, un libro popolare moderno, sia pure escito dalla penna di un Parravicini, di un Thouar, di un Bianciardi, appena te lo intendono, te lo articolano: cioè prodotto non solo dalla infanzia della istruzione elementare, dal numero favoloso dei poco amanti di lettura, quanto dalla poca nessuna diffusione della lingua nazionale, (che aspetta contatti sociali più pronunziati per estendersi sotto il livello degli studiosi); dipende anche dall’essere la lingua scritta pregna di quei vivaci modi dell’atene Etrusca, e dei paesi bene parlanti della Toscana, che altrove non s’intendono o si fraintendono. [p. 27 modifica]

Non è dunque di piccola rilevanza l’opera di quei cultori delle buone lettere e dell’insegnamento popolare, che si studiano sminuzzare in modo chiaro e facile le cognizioni scientifiche e diffondere i buoni libri tra le masse popolari.

Quando poi si tratti di scrittori la cui intelligenza resta difficile agli intendenti medesimi, quanto più ardua ne è allora la diffusione tra i popolani e quanto più meritori. Per facilitare quest’impresa moralizzatrice istruttiva un’egregio compatriotta il sig. Cav. Domenico Jaccarino di Napoli socio di molte Accademie ed Istituti scientifici e letterari, Direttore del noto periodico Giambattista Vico, ha posto opera alla versione in dialetto napoletano di quel Classico italiano che sopra gli altri come Aquila vola, di quelle divine cantiche, che dalla tragedia infernale ti rapiscono fino alla letizia soave delle beatifiche sfere ove tutto è luce ed armonia. Questo lavoro dal lato della fedeltà presenta tutti i possibili pregi e ben dimostra come fosse ogni argomento adoperato dal quale potesse ripromettersi l’effetto migliore. Il dialetto napoletano è riportato con grande verità, e spesso la versione ha vinto con sveltezza degli ostacoli che parevano insuperabili.

Prima per altro di passare al travestiemento a lengua Napolitana del canto primmo de lo Nfierno, ( versione con il testo italiano a fronte e colle note di G. Biagioli.) l’autore ha fatto precedere nel primo fascicolo in quest’anno pubblicato, e che presentemente abbiamo sott’occhio, una prefazione ed una Vita di Dante, pur esse dettate nel Vernacolo Partenopeo, in cui vuolsi notare molta franchezza, molta erudizione, molta sagacia ed ottimo intendimento. Fra gli altri passi riportiamo i due seguenti messi in idioma italiano, per dimostrare come abbia saputo l’autore comunicare al popolo notizie interessanti leggiadramente svolte con modi tutti propri di questo genere speciale di letterari componimenti.

Dopo aver nominato con fina ironia alquanti critici dice «In Francia fra cento male lingue la pazzia o la ingenuità delle quali, è degna più presto di compassione che di gastigo, Dante è stato criticato da quel grande uomo di Voltaire e dal sig. La Harpe. Al primo (innanzi al merito del quale mi levo il cappello) mancava la conoscenza della bella lingua Italiana, e per questo leggendola all’uso Francese ha sbagliato la critica sua in genere numero e [p. 28 modifica]caso: quanto al secondo la critica a Dante non era pane per i suoi denti. Se esso voleva parlare a forza di Dante si doveva levare la cispa dagli occhi e specchiarsi nei dotti d’Italia, non già dando retta a Bettinelli e compagnia.» Più sotto: «In quei tempi i Guelfi stavano divisi tra i Bianchi e Neri e volendo Dante mettere pace e concordia fra loro si ritirò dalla amministrazione della Repubblica, ma forzato dai suoi parenti si dovè porre un’altra volta in quella sedia che aveva lasciata per disperazione. Intanto sentite quel che successe: i capi popolo del partito dei Neri vedendo che i Bianchi montavano loro sul capo si ritirarono tutti nella chiesa S. Trinità, dove dopo un sacco di chiacchiere, fracasso, contrasti e rivolte si concluse di domandare al Papa d’allora che si chiamava Bonifazio, che mandasse una persona di sangue reale a quella città per governarla.» Di poi l’autore in un breve articoletto intitolato, che vuol dire l’argomento del primo canto dell’Inferno, date alcune nozioni generali utilissime sopra gl’intendimenti del poema, sopra alcune circostanze del simbolico viaggio, passa ad un’altro capitolo ove tratta della forma e della misura dell’inferno.

In questo pure non difettano tutte quelle cognizioni, che sono necessarie alla intelligenza dell’intero Poema. La vivacità poi dello stile grandemente campeggia, non che quella sicurezza che nasce dalla conoscenza esatta e coscienziosa dello stupendo volume del fiero ghibellino e dei suoi migliori interpreti ed amatori.

Questo primo fascicolo del Dante popolare, di cui ci occupiamo, rende così ottime speranze di sè per l’avvenire che noi non possiamo a meno che incoraggiare il detto scrittore e raccomandare caldamente quest’opera che esce dal comune, per singolarissimi pregi, e che tante fatiche deve esser costata al traduttore.

Noi crediamo intanto opportuno notare come questo lavoro meritasse di esser ricordato dal professore Zahn alla reale Accademia di Berlino con parole di lode e come l’autore avesse dall’ex-ministro della Pubblica Istruzione comm. Coppino la superiore approvazione del R. Governo per la istituzione in Napoli di una Scuola Dantesca popolare.

Nè vuolsi passare sotto silenzio che nella traduzione l’autore stesso darà delle note proprie anch’esse in [p. 29 modifica]dialetto Napoletano con apposite spiegazioni degli inesauribili tesori di cui è si ricco il poema che ha dato fondo all’Universo, e pubblicherà altresì a piccoli brani le biografie dei nominati da Dante.

Con sì dovizioso corredo non potrà certo venir meno una impresa dalla quale si attende la diffusione di quel patriottico libro, in cui mentre fu cantata la rigenerazione morale della umanità, fu pure celebrato il risorgimento italico sotto una forte autorità, (simboleggiata nell’idea ghibellina), che oggi sarebbe stata voluta nazionale dallo stesso Alighieri (come appunto è) colla caduta del triregno, con Roma non più vedova dolente ma sposa felice.

Z.


(La Rivista Indipendente di Firenze — Anno II. N. 336 Novembre 1869.)

N.° 39.

Il Cavaliere Domenico Jaccarino direttore dei giornali Il Salvatore, Giambattista Vico e Le Sauveteur, ha impreso la pubblicazione del Dante popolare o la Divina Commedia in dialetto Napolitano.

Noi abbiamo ricevuto il primo fascicolo di questa opera del chiarissimo Signore Jaccarino e la raccomandiamo agli amatori del bello e del buono, avendola trovata utilissima, come quella che farà conoscere ai Napolitani le bellezze del poema sublime dell’Alighieri, nel loro naturale linguaggio.

(La Lucerna di Livorno — Anno II. N. 74 — 7 Novembre 1869.)

N.° 40.

La Divina Commedia in dialetto napolitano pel cav. Domenico Jaccarino, Napoli, Tipografia dell’Unione, strada nuova, Pizzofalcone, 2.

Dopo molti anni di durate fatiche, il traduttore è al caso di mettere definitivamente alle stampe la Divina Commedia in vernacolo napolitano; lavoro che meritò di essere ricordato dal professor Zahn alla reale Accademia di [p. 30 modifica]Berlino con parole di lode, e che si ebbe dall’ex-Ministro della pubblica istruzione comm. Coppino la superiore approvazione del real Governo per lo impianto in Napoli di una scuola dantesca popolare; documenti che verranno pubblicati insieme agli altri, ed agli articoli della stampa italiana ed estera allla fine dell’opera.

Il Dante popolare si pubblica col testo italiano a fronte, sicchè il lettore può averne sott’occhio la traduzione, e con le note, confrontarla col testo originale; dette note saranno quelle di G. Biagioli. Il traduttore metterà anche le sue note in dialetto napolitano nella traduzione, e spiegherà al popolo, per quanto più gli sarà possibile, gl’inesauribili tesori che sono racchiusi nel divino poema, pubblicando altresì a piccoli brani le biografie dei nominati da Dante.

L’opera verrà pubblicata a dispense, ciascuna di due fogli di stampa e covertura, per 50 centesimi.

Dalle Provincie gli associati debbono far pervenire al signor Domenico Jaccarino, in Napoli, n. 38, Ponte di Ghiaia L. 2 per quattro dispense anticipate, e così di mano in mano, sino alla completa pubblicazione dell’opera.

Si pubblicano due dispense al mese.

Essendo molti i richiedenti per un numero di copie superiore al tiraggio in edizione popolare a prezzo tanto discreto, anticipare sollecitamente le domande di associazione al Dante Popolare con vaglia postale in lettera franca allo indirizzo accennato. Non si terrà conto delle domande di associazione che non saranno accompagnate dal relativo importo delle quattro dispense anticipate.

La Riforma si onora di mandare una parola di lode al degno e benemerito autore di un così utile e pregiato lavoro, per mezzo del quale il popolo di Napoli, senza distinzione di età e di condizione, è ammesso ad intendere e gustare le sovrane bellezze del Divino Poema.

(La Riforma delle Scuole Elementari di Torino — Anno IV. N. 22 10 Novembre 1869.)

N.° 41.

Leggesi nella Gazzetta del popolo di Torino:

Viene da Napoli il primo fascicolo di una pubblicazione meritevole di attenzione. È il Dante popolare, ossia [p. 31 modifica]Divina Commedia ridotta in dialetto napoletano dal cav. prof. Domenico Jaccarino, scrittore filantropo infaticabile. Rendere popolare il divino poema, portandolo all’intelligenza di tutti è una impresa assai difficile, ma ad un tempo un atto di vero patriottismo, perchè insegna a scuotere il giogo papalino, che pesa ancora abbastanza sulla coscienza delle classi meno istruite; ed eccita e solleva il popolo a penetrarsi del concetto nazionale che non sempre si trova compreso da tutti, malgrado diversi anni di statuto. Gustavo Modena prima, ed Ernesto Rossi dopo, sono i due più chiari e migliori commentatori che io mi abbia conosciuto di Dante, perchè un canto della Divina Commedia da loro declamato mi era più evidentemente chiaro e meglio interpretato, che non leggendone i moltiplici commenti degli annotatori.

Il chiaro Jaccarino si rende pei napoletani il più felice interprete pel divino poema, e per tal modo si rende in alto grado benemerito del popolo che istruisce, e del paese al quale somministra un nuovo mezzo di progresso e di civiltà.

(Il Caserta di Caserta. — Anno VI, num. 31. — 10 novembre 1869.)

N.° 42.

È sortita la prima dispensa del Dante Popolare, o la Divina Commedia in dialetto napoletano, del cav. Domenico Jaccarino, con note del sig. G. Biagioli — Il traduttore metterà anche le sue note in dialetto napoletano nella traduzione, e spiegherà al popolo, per quanto gli sarà possibile, gli inesauribili tesori che sono racchiusi nel Divino Poema, pubblicando altresì a piccoli brani le biografie dei nominati da Dante — Lavoro che meritò di essere ricordato del professore Zhan alla Reale Accademia di Berlino con parole di lode, e si ebbe la superiore approvazione del Real Governo per rimpianto in Napoli di una scuola Dantesca Popolare.

(Il Demonietto di Monza. — Anno I, num. 7, — 14 novembre 1869.) [p. 32 modifica]

N.° 43.

Il chiarissimo sig. cav. Domenico Jaccarino benemerito fondatore della Società dei Salvatori in Napoli e direttore del giornale Il Salvatore c’invia la prima dispensa della sua opera Il Dante Popolare o la Divina Commedia in dialetto Napoletano. — Questo si pubblica col testo italiano a fronte con note di G. Biagioli. L’opera vien divisa in dispense ciascuna di 2 fogli di stampa per 50 cent. Ogni mese se ne pubblicano due.

Dalle Provincie gli associati facciano pervenire L. 2 per 4 dispense anticipate e così di mano in mano sino ad opera finita, al sig. cav. Domenico Jaccarino, Napoli 38, Ponte di Ghiaia.

Non si terrà conto delle domande di associazione non accompagnate dal relativo importo di cui sopra.

(La Melodia di Padova. — Anno I. num, 10.— 15 novembre 1869.)

N.° 44.

In Napoli sono usciti alla luce due nuovi giornali, e con buoni intendimenti per l’educazione del popolo. Il Dante Popolare o la Divina Commedia in dialetto napoletano pel cav. Domenico Jaccarino, ed il Gazzettino del Popolo. Auguriamo ai nuovi compagni prospere le sorti.

(Il Natisone di Cividale. — Anno I. num. 25. — 20 novembre 1869.)

N.° 45.

Il Dante Popolare o la Divina Commedia in dialetto napoletano pel cav. Domenico Jaccarino, è tale pubblicazione che vuole essere ricordata a titolo d’encomio per l’indefesso, dotto ed ingegnoso traduttore, il quale spese molti anni nel suo difficile còmpito, all’intento di far conoscere al popolo della più bella parte d’Italia il poema

A cui posero mano e cielo e terra.

La traduzione, asseverano giudici competenti, è diligentissima, e chiarisce in modo semplice e spedito le parti più [p. 33 modifica]malagevoli a comprendersi, ed è avvalorata da note e brani biografici, pure in dialetto, che spiegano ai lettori gli inesauribili tesori racchiusi nel divino volume. «Questo lavoro meritò (dice il prospetto) di essere ricordato dal professore Zhan alla R. Accademia di Berlino con parole di lode, ed ebbe dall’ex ministro della pubblica istruzione commendatore Coppino la superiore approvazione del Governo per l’impianto in Napoli di una Scuola Dantesca Popolare.» Divisamento che tornerebbe non solo lodevole, ma utile in sommo al popolo, che si accenderebbe per quelle vie maggiormente di generosa emulazione nell'imitare il popolo del passato, grande anch’esso al pari degli uomini più illustri e famosi per quell'intenso amore della libertà, che è sì cara, dice il Poeta,

Come sa chi per lei vita rifiuta,

ed oggi da corruttori implacabili è così miseramente avvilita.

L’opera è pubblicata in Napoli dall’autore (Ponte di Ghiaia 38) al prezzo di cent. 50 per dispensa, e ne escono due al mese.

P. Cominazzi.

(La Fama di Milano. — Anno 1869, num. 47 — 23 novembre.)

N.° 46.

Il sig. cav. Domenico Jaccarino ci ha rimesso il primo fascicolo del suo pregiabile lavoro — Il Dante Popolare, o la Divina Commedia in dialetto napoletano.

Senza entrare nel merito filologico dalla fatica del detto egregio scrittore, essendo stata obietto di varie letterarie accademie, la consideriamo dal lato dell'utilità che essa è per arrecare, quale è quella di rendere popolare ad una gran parte degli Italiani la immortale trilogia a cui hanno messo mano e cielo e terra, vestendola delle forme del dialetto napoletano e chiarendola con note nei punti più oscuri; e desideriamo che ogni famiglia nella regione napoletana ne abbia una copia, per apprendervi i precetti della vera vita civile illustrati dagli esempi della patria storia sì bene dal divino poeta esposti — unitamente al diletto che gustasi seguitando i voli sublimi della fantasia inarrivabile di quello. [p. 34 modifica]

Il Dante Popolare si pubblica col testo italiano a fronte, sicchè il lettore può averne sotto occhio la traduzione, e colle note, confrontarla col testo originale; dette note saranno quelle di G. Biagioli. Il traduttore metterà anche le sue note in dialetto napoletano nella traduzione, e spiegherà al popolo, per quanto più gli sarà possibile gl’inesauribili tesori che sono racchiusi nel Divino Poema, pubblicando altresì a piccoli brani le biografie dei nominati da Dante.

(L’Invariabile di Arcidosso Anno I. num. 42. — 28 novembre 1869.)

N.° 47.

Abbiamo ricevuto la prima dispensa del Dante Popolare, ossia La Divina Commedia in dialetto napoletano del cav. Domenico Jaccarino. È un bello opuscolo in bella edizione pei Tipi dell’Unione di Napoli — È un gentile pensiero quello che mosse il Jaccarino, benemerito per diversi titoli alla Nazione, ad assumere il ben difficile compito della traduzione in dialetto del nostro Divino Poeta, intorno a cui spese molti anni di durate fatighe. Se l’Italia avesse il Dante volgarizzato nella maggior parte dei suoi dialetti, reso cosi comune alla intelligenza delle masse, si sarebbe di botto trasformata.

Ma il nostro autore vi aggiunse alla traduzione del testo, quella delle note del Biagioli; oltre ad altre molte sue in lingua, ed in dialetto; ed alle biografie dei nominati da Dante.

È un’opera in fine, che non lascia niente a desiderare, e noi rendendo le dovute lodi, al distinto autore, la raccomandiamo a quanti sono cultori delle lettere, ed amanti del progresso delle masse in Italia.

(La Scintilla di Reggio di Calabria. — Anno I. n. 26. — 30 novembre 1869.)

N.° 48.

Riceviamo da Napoli la prima dispensa del Dante popolare, o la Divina Commedia in dialetto napoletano pel cav. Domenico Jaccarino. [p. 35 modifica]

Dopo molti anni di durate fatiche il traduttore è al caso di mettere definitivamente alle stampe la Divina Commedia in vernacolo napoletano, lavoro che meritò di essere ricordato dal prof. Zahn alla reale accademia di Berlino con parole di lode, e che si ebbe dall’ex ministro della pubblica istruzione comm. Coppino la superiore approvazione del Real Governo per lo impianto in Napoli di una scuola dantesca popolare.

Il Dante Popolare si pubblica col testo italiano a fronte, sicchè il lettore può averne sottocchio la traduzione, e colle note, confrontarla col testo originale; dette note saranno quelle di G. Biagioli. Il traduttore metterà anche le sue note in dialetto napoletano nella traduzione, e spiegherà al popolo, per quanto più gli sarà possibile, gl’inesauribili tesori che sono racchiusi nel divino poema, pubblicando altresì a piccoli brani le biografie de’ nominati da Dante.

L’opera verrà pubblicata a dispense, ciascuna di due fogli di stampa e copertina per 50 cent.

Si pubblicano due dispense al mese.

(Il Litorale di Trieste. — Anno I. num. 8 e 9. — novembre e dicembre 1869.)

N.° 49.

Il Dante popolare o la Divina Commedia in dialetto napoletano, pel cav. Domenico Jaccarino. Napoli, 1869; Tip. dell’Unione, strada nuova Pizzofalcone, 14. Edizione in-8 grande.

Condizioni di associazione

Il Dante popolare si pubblica col testo italiano, annotato dal Biagioli e con note del traduttore in dialetto napoletano alla versione.

L’opera sarà pubblicata a dispense di due fogli di stampa, ossia 16 pagine, ciascuna con copertina, a cent. 50. Se ne pubblicano due dispense al mese. I pagamenti si fanno anticipati per ogni quattro dispense, il cui prezzo L. 2,00 si farà pervenire al sig. Domenico Jaccarino, in Napoli, 38, Ponte di Ghiaia.

Ne abbiamo ricevuto due dispense, ossia 32 pagine, le cui prime 16 contengono la prefazione in dialetto [p. 36 modifica]napoletano, le altre 16, in ugual proporzione, un’introduzione, pure in dialetto, all’inferno Dantesco e il primo canto con quattro o cinque delle 26 note italiane, ivi indicate.

Non ispiacerà, speriamo ai lettori nostri, anche non napoletani un piccolo saggio di questo travestemiento a lengua (?) napoletana de la Devina Commedia de Dante Alighiere, come dice l’autore nella prefazione. Ecco il principio della prima cantica:

               A meza strata de la vita mia
          Io mme trovaie ntra na boscaglia scura,
          Ch’avea sperduta la deritta via.
               Ah! quanto a dì comm’era è cosa addura
          Sta voscaglia sarvaggia, e aspra, e forte,
          Che mme torna a la mente la paura!
               È tanto amara che pò dirse morte;
          Ma lo bene pe dì che nce trovaje,
          Dirraggio cose che non songo storte.
               Non saccio manco di comme passaje.
          Tanto comm’a stonato m’addormette,
          Quanno la vera strata io llà lassaje.
               Ma pò ch’io na collina llà vedette,
          Addò chella campagna se feneva,
          Che’ncore la paura me mettette;
               Guardaie pe l’aria, e arreto llà vedeva
          Li ragge de lo luceto chianeta,
          Che dritte fa sorcà li figlie d’Eva.

Se avessimo a fare qualche osservazione questa sarebbe sul primo verso e sull’ultimo dei citati. Se nel dialetto napoletano mia non è sinonimo di nostra, noi preferiamo che Dante dica che era «A meza strata de la vita nostra» che della sua quella nè era la metà, nè quando fosse pur stata, egli poteva saperlo. In quando poi all’ultimo verso lascio al signor Jaccarino, che avrà avuto sue buone ragioni di così fare, se la sua versione renda il pensiero Dantesco «Che mena dritto altrui per ogni calle». Del resto, per quello che possiamo giudicarne, il lavoro del Jaccarino ne par degno di molto encomio, siccome quello che mette le masse popolari in grado di poter dire con orgoglio: «Anche noi leggiamo e intendiamo il più grande poeta che Dio abbia dato all’Italia». Vorremmo anzi [p. 37 modifica]che i figli di Gianduia e di Meneghino potessero avere il loro Dante come lo ha Pulcinella.

(Il Baretti di Torino. — Anno I. num. 5. — 2 dicembre 1869.)

N.° 50.

Il Dante Popolare o la Divina Commedia in dialetto napolitano pel cav. Domenico Jaccarino.

Eccellente proposito, felice idea quella di rendere popolare in purgato dialetto napoletano la Divina Commedia. Il nazionale concetto, il patrio sentimento sono accompagnati da forma leggiadra e severamente robusta. Ciò che noi avremmo creduto difficilissimo, per non dir impossibile, lo veggiamo superato dall’ingegno dell’autore, avvezzo a combattere contro le difficoltà del verseggiare. Tradurre a strofe obbligate un poema, immedesimarsi delle idee altrui non è compito di lieve momento. Eppure vi è riuscito mirabilmente con versi chiari, ordinati, ricchi di quel magisterio di sintesi che ne fa risaltare le idee prette e ne disegna con geometriche linee, direbbesi, il profilo ed il nerbo. Noi non siamo di quegli Ostrogoti o Vandali, che scomunicano la poesia e vorrebbero dalla terra veder sbandita quell'arte divina. Concordando appieno nelle premesse del traduttore, non sappiamo però renderci ragione come Pace, Fede e Virtù, in cui s'è specchiato Dante, debbano ricercarsi nella Religione Cattolica, ch'è la chiù bella e la chiù cara de tutte le Religiune de lu munno!!! Poichè giustificato per fede, abbiamo pace appo Iddio, per Gesù Cristo Nostro Signore. S. Paolo ai Rom. V. I. Dante ne direbbe egli altrimenti? — I grandi poeti di tutti i tempi e di tutte le nazioni studiarono diligentemente la Bibbia. Dopo aver letto la Bibbia Vittorio Alfieri si senti come invasato dall'estro poetico e dettò in pochi giorni il Saul. — A parte questa disparità d’idee, il lavoro in se è commendevolissimo e ne agogniamo il prospero successo.

(La Guida del Maestro Elementare Evangelico di Napoli. — Anno I. num. 4. — dicembre 1869.) [p. 38 modifica]

N. 51°.

La Divina Commedia in dialetto napoletano pel cav. Domenico Jaccarino. Napoli, Tip. dell’Unione, strada nuova Pizzofalcone, 14.

L'Avvenire si onora di mandare una parola di lode al degno e benemerito autore di un così utile e pregiato lavoro, per mezzo del quale il popolo di Napoli, senza distinzione di età e di condizione, è ammesso ad intendere e gustare le sovrane bellezze del divino poema.

(L’Avvenire dell’Istruzione di Milano. — Anno III. num. 16. — 15 dicembre 1869.)

N.° 52.

Il Dante Popolare o la Divina Commedia in dialetto napoletano pel cav. Domenico Jaccarino, Napoli, tipografia dell’Unione, 1869. — Saggio è stato il divisamento del cav. Jaccarino di tradurre in dialetto napoletano il divino poema di Dante Alighieri. Noi non siamo dell’avviso di coloro i quali credono sia una profanazione della letteratura metter le mani sopra un’opera di un classico, e tradurla in qualsiasi lingua, in qual si voglia dialetto: queste opere, essi dicono, sono intraducibili, esse debbono esser tenute come tante reliquie, e chi pon mano ad esse, non può che arrecare sfregio all’autore. — Cotestoro s’ingannano a partito, conciossiacchè per noi è altrettanto onore e venerazione, è un vero apostolato quando si cerca di render popolare, d’infondere nelle masse i sani principii d’un’opera classica. E tanto questo merito è maggiore per quanto più grande e più sublime è l’opera. Ora qual più bel mezzo per conseguire un siffatto scopo v’ha di quello di voltare in vernacolo l’opera di Dante va debitore della gloria che non verrà mai meno, se pria l’universo non si dissolve?

Noi ci congratuliamo col signor Jaccarino il quale, da quel poeta partenopeo ch’egli è, ha saputo bellamente trovare nella lingua di Masaniello, ove abbonda la robustezza e l’eleganza di dire dei latini, e la erudizione e perspicacia dei greci, quelle parole che sono l’esatto rivestimento dei sublimi pensieri del divino poeta. — Noi [p. 39 modifica]abbiamo letto solo il primo canto, e lo abbiamo trovato bellamente tradotto, e leggendolo ci siamo maggiormente soffermati nella nostra opinione, essere cioè il dialetto napoletano il migliore per esprimere i sentimenti dell’animo, gli affetti, le passioni, e qualunque idea che potesse umana mente concepire. Avremmo però considerato che in questo colossale lavorìo lo Jaccarino non si fosse mostrato parco nella spiegazione e nei commenti della Divina Commedia; nè avesse fatto menzione di una certa ombra comparsa in sogno. Le son cose codeste, volgari ed insussistenti, da lasciarle agli ascetici. Del resto il lavoro dello Jaccarino ha ancora un altro pregio, quello della filologia della lingua; poichè a dire di Melchiorre Cesarotti lo studio di tutti i dialetti nazionali è necessario per possedere pienamente la lingua italiana. Speriamo che questo lavoro fosse di non poca utilità; e che l’opera del traduttore riceva quegli apprezzamenti degni del suo merito e del suo ingegno.

(La Scena di Venezia. — Anno VII. num. 30. — 23 dicembre 1869.)

N.° 53.

Ricevo da Napoli il primo fascicolo del Dante Popolare opera della divina Commedia tradotta in dialetto napoletano dall’egregio cav. Domenico Jaccarino. Da questo saggio che contiene il primo canto dell’Inferno si comprende che il Jaccarino fa opera molto utile rendendo popolare il divino poema, mantenendone l'altezza del concetto.

(Il Monitore degl’Impiegati di Milano. — Anno VI. num. 44. — 27 dicembre 1869.)

N.° 54.

Agli adagi del popolo noi abbiam sempre tenuto, ed ora ne cade in acconcio ricordarne uno che va magnificamente al proposito.

«Dimmi con chi tratti; io ti dirò chi sei».

Se, alla nostra volta, ci si desse una picciola permissione, noi ne metteremmo un altro sulla bocca, e nel [p. 40 modifica]cuore di quei popolani che cominciano a leggere, e scriver benino.

«Dimmi qual libro leggi; io ti dirò che impari».

L’è brutta cosaccia, ma perciò non men vera! Appena una giovinetta è capace di leggere, ed intendere, subito te la vedi con un romanzo (e Dio sa quale) in mano. Come un operaio comincia a uscir dal guscio, ve’ che presto corre in cerca dei Regali di Francia, e di qualche cosa di simile.

Ma Dio buono! E perchè avvelenarsi prima, diremmo, di cominciar a vivere la vita dell’intelletto?

Non mancano buoni libri, e specialmente quelli contenenti l’ammaestramento di altri tempi, e di altri uomini.

Tra questi, possiamo ben annoverare a caratteri distinti il Dante popolare del cav. Domenico Jaccarino di Napoli.

Il Divino poeta, ridotto a lingua Napolitana è un lavoro degno dei nostri tempi — è un gran libro pel popolo.

Ivi la storia — la causa principale dei nostri guai — la ragione che combatte la prepotenza — l’esilio che purifica l’anima — la virtù dell’amicizia che sfida il veleno ed il pugnale — la schietta fisonomia italiana, ivi tutto è bello.

Il caro Jaccarino merita d’essere incoraggiato: il suo libro merita d’essere diffuso. Può avvantaggiarsene il popolo, e addivenir migliore: come potrebbero approfittarne gl’intelligenti e bandire per sempre la discordia dalla sacra terra italiana.

(La Capitanata di Foggia. — Anno IV. num. 6. — 20 gennaio 1870.)

N.° 55.

I giornali badino al loro decoro in lodare il Dante tradotto in dialetto, sia napoletano, milanesie, o veneziano. Ma non è già un dileggio annunziare che il padre della lingua italiana venga gittato, se ciò potesse essere, nell’abbiezione di un dialetto? Ciò mi ricorda il Codice civile tradotto in versi!

(L’Omnibus di Napoli. — Anno 38, num. 10. — 22 gennaio 1870.) [p. 41 modifica]

Annunziarono ancora la traduzione del Dante i seguenti giornali Italiani.

Lo Annunciatore di Fano del 27 Ottobre 1869 — Anno 7.° N. 3

Il Cittadino Vogherese di Voghera del 29 Ottobre 1869 — Anno 2. N. 44

L’Aterno di Chieti del 28 Ottobre 1869 — Anno 1.° N. 85

L’Internazionale di Napoli del 23 Ottobre 1869 — Anno 1.° N. 43

L’Eco Irpina di Avellino del 28 Ottobre 1869 — Anno 4.° N. 177

L’Aterno di Chieti del 31 Ottobre 1869 — Anno 1.° N. 86

La Sveglia di Catania del 30 Ottobre 1869 — Anno 2.° N 43

La Luce di Palermo del 26 Ottobre 1869 — Anno 1.° N. 153

Il Giovane Cattolico di Brescia del 23 Ottobre 1869 — Anno 2.° N. 17

L’Arpa di Bologna del 25 Ottobre 1869 — Anno 17.° N. 10.

Note

  1. Direttore l’Amico del sig. Jaccarino, del Principe Gonzaga, del Barone Guiscardi, il Cav. giuseppe pietro giustini, che fu poi Nemico di tutti, e poi nuovamente Amico!!... È buono qui si sappia non essere il giustini Socio della Scuola Dantesca Napolitana, nè degli altri sodalizii da me fondati in Napoli.

    D. Jaccarino.