Il Novellino/Parte quarta/Novella XL

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Novella XL - Genefra catalano ama una donna e con
lei gode, il marito ingannato li la conduce in nave, e se la mena in Catalogna

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Novella XL - Genefra catalano ama una donna e con
lei gode, il marito ingannato li la conduce in nave, e se la mena in Catalogna
Parte quarta - Novella XXXIX Parte quinta
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NOVELLA XL.




ARGOMENTO.


Genefra catalano ama una donna, e per lo poco senno del geloso marito consegue sua intenzione, e con un sottilissimo tratto induce el marito a conducergli la moglie per scambio d’un altro in nave, e ne la mena in Catalogna: e lui in vano s’accorge del fatto, e dolesi de la malvagità e tratti catalani.


A LO EXCELLENTE SIGNORE JOANNI DE SANSEVERINO CONTE DE TURSI.1


ESORDIO.


Avendome tu, excellente e virtuoso signore mio, de unicamente amarte data potissima cagione, son costretto di quelle facultà che in me sono, e secondo el mio extremo potere, farte alcuno presentino, e ciò sarà el presente cestarello mal pieno di mie non limate lettere, le quali sì come penso adesso al tuo bisogno proposito alcuno non rendono, pur gioveranno a fare col tempo il tuo dignissimo nome con [p. 416 modifica]altre toe singulari parti insieme con eterna memoria celebrare.


NARRAZIONE.


Nel tempo che fra Napoli e le castelle fieramente si guerreggiava, in Salerno più che in niun’altra parte del reame usavano mercanti di ogni nazione; ove tra gli altri essendoci recapitato un ricchissimo catalano chiamato Piero Genefra vi facea de gran traffichi e per mare e per terra, come de’ mercanti è già usanza. Costui dunque essendo giovene e tutto disposto ad amore, domesticandosi con più de’ nostri gentiluomini, accadde che se innamorò de una bellissima giovene chiamata Andriana, moglie de uno argentieri amalfitano, il quale o per la soverchia bellezza de la moglie, o per lo essere d’Amalfi, che de natura sogliono essere pusillanimi dove la gelosia volentieri estende le soe radici, senza la moglie averne data cagione, era de lei pur de novo fieramente geloso devenuto. Genefra inteso de la gelosia de colui, ancora che la giovene d’alcuna piacevole natura il favoreggiasse, pure cognoscendo con quanta vigilantia son le guardie de’ gelosi, estimò con contrarii venti se avere in tale mare da navigare; e se cominciò a domesticar col marito, che Cosmo avea nome, facendoli fare alcune operette del suo maestiero2, e più che el dovere pagatolo, e oltre ciò delle delicature de Catalonia molto spesso el presentava; per la cui cagione l’argentieri facìa gran caso avere tale amico acquistato. E in tanto se cominciò astrenger la cosa che Cosmo o per amore, o pur per dubbio, [p. 417 modifica]ancora che la moglie non fosse gravida, a divenirgli compare il richiese: dove Genefra lietissimo gli disse contentarse, parendoli che lui medesimo con la sua fortuna insieme li apressero la serrata strata donde avesse con arbitrio colorato possuto caminare; e per fede e per bacio detteli quella fè torta che tra gli sciocchi se usa, e credesi tra loro el comparatico confirmato. Questo dunque gli fu cagione farlo molto spesso a le soe spese da la cara comare convitare; el che non passarono molti dì che il catalano avendovi posto el piede, vi se buttò dentro in maniera che del suo volere seguì intero effetto. E ancora che da alcuni nostri Salernitani, come a poco nelle loro faccende occupati, Cosmo fosse stato provisto che de pratiche e tratti catalani se guardasse, nondimeno confidando del bon compare e del suo provedimento, d’ogni dire d’altrui se facea beffe, e li amanti senza sospetto godeano. Dove avvenne che per faccende de grande importanza Genefra fu costretto ritornarse in Catalonia, e a l’andare del tutto deliberato, propose con un tratto piacevole e alquanto pericoloso, se la giovene volesse, seco con la nave che al porto era per partirsi ne la menare: e a lei chiarita tale soa intentione, essa come a giovene che vaga e innamorata era de Genefra catalano, assai poco la natura avea bisogno3, senz’altra consideratione respose, e all’andar via e a ogni altro suo volere essere apparecchiata. Per el che Genefra chiamato il caro compare gli disse: Avendo respetto [p. 418 modifica]a la tua perfetta amicizia, de niuna mia nè piccola nè grande occurrentia non saperei di altro che di te e meritamente me fidare; e volesse Dio che el tempo e parte de le facultà che io ho con certi gentilotti qui consumate le avessi solo con teco dispese; ma spero col tempo s’acconciarà ogni malefatto. El modo è, compare mio, che io per mezzo de un gentiluomo, quale te dirò, ho goduto pur assai con la moglie del tale marinaro, de la quale, a dirte lo vero, non meno per unicamente amarme, che per la sua soperchia bellezza io ne sono devenuto mezzo matto, e in maniera che dovendome, come tu sai, domane a sera col volere de Dio partire, el cuor non me paterìa per modo alcuno qui in preda di altrui lassarla, attento massime che lei me ha chiaramente detto che el gentiluomo mio tanto caro compagno più volte l’ave de battaglia rechiesta; e per quello ho deliberato in tutti casi meco con la nave menarla, e lei essendo contentissima, cercaria de farlo con ordine tale che el mio ritornar qui non me fosse interdetto. E perchè bisogna che el marito sia tenuto in tempo fore de casa fin che la nave è per levarse, te priego che tu domani el richiedi che la sera a tardi, pagando molto bene, te conduca con la sua barca in nave per farme insino a l’ultimo partir compagnia; e in questo io mandarò Galzarano mio famiglio, come ho già con lei ordinato, che travestita in omo la conduca in barca, e tutti de brigata ne andaremo in nave, e dipoi te ne potrai con lui retornare: e tale tuo operare non voglio che vada dei tutto irremunerato, però ch’io intendo che infino al mio ritorno la commare se goda da mia parte una gonnella de finissima grana. Cosmo udendo questa [p. 419 modifica]sì bene composta e ordinata favola, non solo el crese, ma appena ebbe con4 lui la sua lunga diceria fornita, che cominciò a mormorare contro de’ gentiìuomini con dire: Questo e peggio te sta bene, che mi pare un miracolo come non te hanno robato e offeso de persona, che io so molto bene li frutti che le loro pratiche rendono; avvisandote che alcuni de loro invidiosi e poco contenti de nostra amicizia sotto colore de carità me aveno5 ditto mille mali de’ fatti toi, e posto in sospetto de mia moglie con tutto el nostro comparatico; e io che in tutto non persi il tempo col mio maestro li ho lassati redir con la lor roba. Ma al fatto tornando io sono acconcio per servirti: il marinaro è mio molto amico, e condurrollo dove e come hai detto; ed oltre ciò essendo noi tutti insieme, lui né a te né a me potrà sospettare, anzi tenerà per fermo che con altri se ne sia fuggita, attento che in verità lei é molto vana e leggiera. E con tale ordine ognuno contento de l’altro si departì. La venente sera la nave levate le ancore, Genefra avendo de tutto Andriana pienamente informata, quando ora gli parve chiamò il compare e disse: Andiamo in casa che io vo’ togliere de la commare licenza, e dopo attenderemo a dare recapito al fatto nostro. El che lui con gran piacere pigliatolo per mano, e itine a casa, dopo una leggiera colazione e altri piacevoli ragionamenti, e venticinque ducati per la promessa fatta a la commare donati, e da lei tolto l’ultimo finto commiato, Cosmo a la moglie rivolto disse: Abbrazza e basa teneramente el nostro bon compare, dopo che la Dio [p. 420 modifica]mercè lui si è pur partito senza la sua pratica avere il mio onore offeso, come alcuni spiriti diabolici teneano il contrario per fermo. De che loro che con fatica teneano le rise, se abbracciaro; e ditto addio se partì, e con Cosmo a la marina se ne vennero, dove trovato il marinaro con la barca in ordene, sì come per Cosmo da la matina gli era stato ordinato, gli dissero che aspettavano doi famigli con certe robe, e se posero passeggiando per lo lito. El che Galzarano andò spacciatamente in casa de Cosmo, e travestita Andriana in omo, con un manto avvolta e un paro de bùgie in spalla, lui ingannando che il compagno se credea ingannare, in barca se condussero, dove tutti de brigata saliti, dati de’ remi in acqua verso la nave s’avviano. Andriana che lievemente si era mossa vedendo il marito che lui medesimo con tanta innocentia l'accompagnava, come a femina e giovene li venne certa debile compassione, e cominciò pianamente a piangere e rammaricarse de la fortuna che a così avverso caso aveva condotto el suo marito. De che Cosmo che più presso le stava disse: Deh cattivella, de che piangi? forse te duole vedendo qui tuo marito de lassarlo? certo tu me fai de te maravigliare, tu hai la tua condizione in cento doppii avanzata; e non dubitare, dove povera e mal servita eri, adesso signora de tanti beni diventerai. Io so l'amore che el mio compare te porta, e renditi sicura che lui te tenera sempre per donna de la persona e de le facoltà soe, chè non sono omini al mondo che sappiano amare e ben trattare le donne se non Catalani: e oltra ciò potria essere tanto tua ventura che tuo marito se moresse, che de certo lui te se piglierà per moglie. E con simili parole la [p. 421 modifica]confortò in maniera che quel poco pentimento che le andava per el suo lieve cervello del tutto se fuggì via; e come leggieramente avea pianto, pensando a le parole e a chi gliele dicea, così senza altramente rispondere cominciò a fare le maggiori risa che mai facesse6. E in questo gionsero in nave, dove Genefra col caro compare abbracciato e baciato, con Andriana e il famiglio montarono in nave, che già fatta vela diede la proda al suo camino. E Cosmo verso ferra col marinaro ritornandosi venea fra sé godendo per lo pensare a la recevuta beffa del compagno, e de quello che avea a dire quando gionto a casa non trovava la moglie. E come furono in terra, ognuno se n’andò contento a casa, e Cosmo a la sua arrivato, e non trovata la moglie, e per più manifesti segni cognosciuto come el fatto era andato, tardi de sé medesimo, della malvagia femina, e del cattivo compare se dolse, e la sua bestiagine lungamente pianse.


MASUCCIO.


Etsi Trifone oste come amalfitano fu da salernitano con tanta arte ingannato, e trattato da forestiero nel pagare el dazio de la mercanzia che solo per suo uso l'avea qui tra noi recata; non è da dubitare che non fosse stata maggiore e più perpetua la beffa e il danno del nostro Cosmo per essergli robata a un tratto tutta la mercanzia che lui medesimo avea e come a sensale e come a mercante e contrattata, e fundicata7, e anco pagato lo nolo al [p. 422 modifica]marinaro che in nave gliel’avea condotta. E se così é, me pare che gli Amalfitani se possano poco più che nulla de nostra vicinità lodare: ma perché lui medesimo confessa esserne stato da salernitani provisto,8 de lui e non de altri se abbia e meritamente da biasmare. Nondimeno giudico che el poveretto sia in alcuna parte da escusare, attento che le pratiche de Catalani in tali tempi non erano sì note per lo nostro regno come sono oggi, le quali sono in maniera cognosciute e ventilate che non solo chi vuole se ne sa e può guardare, ma offenderli con vergogna e danno, sì come ogni dì le esperientie ne rendono testimonio. E io a questa quarta parte ponendo fine, a l’altra che ultima sarà, piacendo a Dio pervenerò.

  1. Così si trova questo indirizzo nell’Indice che è nelle edizioni dei 1483 e del 1492. In capo a la novella nelle stesse edizioni, e in quella della gatta è scritto cosi: A lo excellente Signore Io. Sansono. E quel Sansono è un’abbreviatura di Sanseverino. Però io ho messo qui l’indirizzo che è nell’Indice. Il Porzio, lib. I. c. XV, pone il Conte di Tursi fra quei baroni che si congregarono a Melfi.
  2. ecco l’origine della parola mestiero, che è maestiero, e maesterio.
  3. Assai poco la natura avea bisogno. Queste parole stanno così per aria: forse vanno chiuse in parentesi, e forse vogliono significare che la donna di sua natura avea bisogno di poche persuasioni. E forse anche, poco da natura ec.
  4. Mi pare che questo con sia soverchio.
  5. aveno, hanno.
  6. Questo riso dopo quel pianto è una pennellala maestra, che rileva il carattere de la donna vana e leggiera.
  7. 'fundicata, o messa in fondaco, o sfondacata.
  8. Provisto, avvisato prima.