Il Parlamento del Regno d'Italia/Achille Argentino
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deputato.
Nato a Sant’Angelo dei Lombardi nel Principato Ultericre, l’Argentino ha studiato matematiche ed è divenuto in breve un distinto ingegnere.
Lo slancio del suo patriottismo, l’ardore delle sue aspirazioni verso la libertà, l’odio implacabile da lui giurato contro la tirannia, avendolo reso sospetto, fu implicato nel famoso processo intentato contro la setta degli unitari.
Condannato a 19 anni di ferri, lo si imprigionò nel l’isola di Procida ove ebbe a subire inauditi trattamenti. Non contento di martirizzare gli apostoli dell’emancipazione italiana, Ferdinando II tento di avvilirli col prometter loro la grazia, basta che la domandas sero in ginocchione con le mani giunte. «Piuttosto la morte!» gridò l’Argentino, ed allora i rigori raddoppiarono contro di esso, — ma le spesse muraglie delle segrete di Nisida, non permisero che si udisse sfuggire il suono dei lamenti.
Quando finalmente le sue catene furono spezzate egli doveva esser condotto in America insieme agli Spaventa, ai Poerio e agl’Imbriani, e molte altre vittime della tirannia borbonica; ma gli esiliati sep pero comandare al capitano straniero del legno che li trasportava e riuscirono ad ottenere d’essere sbar cati in Irlanda.
Essendosi subito condotto in Piemonte, vi pubblicò un opuscolo da lui composto in prigione. Questo libro scritto col più gran fuoco è concepito benissimo, esso fa appello alla concordia e invita gl’Italiani di tutte le provincie ad aggrupparsi francamente e senza esi tanza, intorno alla dinastia di Vittorio Emanuele.
Non è forse così che si è realizzata l’intera unificazione d’Italia? Non è così che Roma e Venezia pure, saranno salve e unite per sempre alle altre metropoli sorelle, delle quali divisero un tempo la celebrità?
Ma l’Argentino non era uomo da limitarsi a servire colla penna soltanto la patria; non appena egli seppe che si preparava l’ardita spedizione capitanata da Garibaldi per aiutare la Sicilia a scuotere l’odioso giogo borbonico, che volle farne parte e dopo una navigazione che ognun sa come fosse prospera, riuscì provvidenzialmente a mettere il piede sul suolo siculo dinanzi a Marsala.
Ma non ripeteremo qui la gloriosa maniera colla quale quel pugno di eroi, riusci a penetrare nell’interno dell’isola, sgominando le numerose truppe borboniche, che si azzardavano a contender loro il passo. Quella spedizione fruttò all’Italia quelle due gemme preziosissime, che sono il Napoletano e la Sicilia.
L’Argentino faceva la campagna nella qualità di maggiore del genio, rendendo importanti servigi; dopo la caduta di Messina, egli dette la propria dimissione.
A Napoli alcuni mesi dopo si offriva all’Argentino il posto di capo divisione nel ministero dell’interno, posto che egli rifiutava per potere accettare il mandato di rappresentante al Parlamento nazionale, al quale fu eletto dal collegio di Melfi.
Nella Camera l’Argentino si è unito alla grande maggioranza cavouriana, nella quale ha votato anche dopo che il ministro Ricasoli è salito al potere, restando fedele all’onorevole barone anche dopo la caduta del ministero da esso presieduto, facendo parte in questa guisa di una frazione distinta della maggioranza stessa.
L’Argentino non è di quei deputati che prendano spesso la parola, che si può piuttosto asseverare non averla esso quasi giammai chiesta; ma è però molto laborioso, e presta negli uffici della Camera l’opera sua con molta attività,ed è spesso nominato membro d’importanti commissioni.