Il Parlamento del Regno d'Italia/Antonio Colocci
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deputato.
È nato in Jesi nel 1821 e trascorse la più infantile età fra le amorose cure dei suoi genitori, i quali si adoperarono onde non crescesse digiuno di quella coltura tanto indispensabile oggidi all’uomo che nasce in una posizione sociale alquanto elevata. Fin da quell’epoca il Colocci nutriva grande predilezione per la virile letteratura dei latini, la quale divenne la prima fonte a cui attinse l’amore per la libertà e per la gloria d’Italia.
All’età di 17 anni fece i primi passi nella vita po litica e fu ricevuto nella chiesa militante italiana, la cui opera in quel tempo (tranne ii preparativi di alcune spedizioni che mai non ebbero effetto) restringevasi alla diffusione dell’idea italiana e del catechismo politico dimorante allora fra i liberali delle nostre provincie, il quale era prettamente repubblicano.
Venuto il 1848 fece il proprio dovere di buon cittadino, militando semplice soldato fra i volontarî nel Veneto fino a che la capitolazione di Treviso lo ricondusse in patria. Nel 1849 i suoi compaesani lo elessero deputato alla costituente romana. Non è vero come fu asserito da alcuni che il Colocci fossesi astenuto dal votare nella celebre seduta del 9 febbrajo. Il Colocci votò, e la votazione fecesi per appello nominale tanto che è più che facile di persuadersi della verità di questa affermazione. Egli votò dunque accettando il famoso articolo mediante, il quale si deretava la decadenza del potere temporale dei pontefici, ma respingendo quello con cui proclamavasi la repubblica. E questo non già perchè egli repugnasse dalle forme repubblicane, ma perchè vedeva in quell’atto la rottura delle trattative iniziate per un accordo col Piemonte – il fatto provò ampiamente come il Colocci non s’ingannasse. — Soddisfatto con quel voto, il grido irresistibile della propria coscienza, egli non si ristette dal prestare di buon grado l’opera sua alla repubblica, una volta che questa fu costituita.
Non si tosto poi la città eterna fu stretta d’assedio dalle truppe Francesi il Colocci vestì l’uniforme colla sciarpa da deputato a tracolla e combattè valorosamente tra’ difensori di quelle mura monumentali come potrebbero testimoniarne i capi stessi della difesa. Caduta la repubblica, al Colocci fu forza emigrare. Trascorse cinque lunghi anni in esilio fino al momento in cui la di lui famiglia ottenne dal Governo pontificio che gli fosse concesso di restituirsi provvisoriamente in patria per assistere l’infelice sua madre colpita da morbo mortale.
Quel permesso doveva essere rinnovato ogni tre mesi e gli proibiva di allontanarsi da Iesi.
Nel 1859 si sa che Iesi fu la prima città delle Marche che si sollevò contro l’abborrito governo papale, reclamando il diritto di concorrere alla guerra nazionale. Il Colocci ebbe parte massima in quel movimento, e quindi i suoi concittadini lo chiamarono a seder membro della Giunta di governo, incaricata di reggere provvisoriamente il paese.
Uscito vano quel tentativo giacchè non fu possibile ai generosi ribelli di procacciarsi armi con cui opporsi agli svizzeri pontificî, fu forza al Colocci di ricoverarsi in Firenze ove fece parte di un comitato umbro-marchigiano istituito all’oggetto di promuovere la liberazione delle provincie romane.
Venuto il settembre del 1860 il nostro protagonista tolse anche una volta la carabina del volontario e fu tra gli oppugnatori di Urbino, da dove si distaccò quasi subito una volta messi in fuga i pontifici per recarsi in Iesi, ove istituitosi nuovamente un governo provvisorio il Colocci venne chiamato a farne parte.
Invitato poco tempo dopo dal commissario generale Valerio ad assumersi l’ufficio di vice-commissario in Osimo, declinò l’incarico perchè nella sua modestia lo stimò superiore alle proprie forze. Nominato quindi maggiore della guardia nazionale, fu membro della commissione legislativa presso il Consiglio di Stato ed eletto nella propria assenza a deputato al Parlamento nazionale. Inutile dire che fu decorato dell’ordine mauriziano, ma utilissimo constatare che questo favore contro l’ordinario venne questa volta meritamente accordato.
Il Colocci non ha potuto intervenire alla Camera così spesso come lo avrebbe desiderato; non è a far gliene colpa perchè egli fu malato e neanche adesso in cui dettiamo queste linee è ben ristabilito in salute.
Ogni volta però che gli è stato concesso di assistere ai lavori parlamentari ha compiuto coscienziosamente il proprio dovere, e si può esser sicuro che ha votato senza spirito di partito. Domandare ad un uomo ed a un deputato di più sarebbe mostrarsi in vero troppo esigenti.