Il buon cuore - Anno XI, n. 10 - 9 marzo 1912/Religione

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Vangelo della terza domenica di Quaresima


Testo del Vangelo.

Diceva il Signore Gesù a’ quei Giudei, che avevano creduto in lui. Sarete veramente miei discepoli, se persevererete ne’ miei insegnamenti: e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi. Gli risposero essi: Siamo discendenti di Abramo, e non siamo mai stati servi di nessuno: come dunque dici tu: Sarete liberi? Rispose loro Gesù: In verità, in verità vi dico, che chiunque fa il peccato, è servo del peccato. Ora il servo non istà per sempre nella casa: il figliuolo sta per sempre nella casa. Per la qual cosa, se il figliuolo vi libererà sarete veramente liberi. So, che siete figliuoli di Abramo: ma cercate di uccidermi, perché non cape in voi la mia parola. Io dico quello, che ho veduto appresso al Padre mio; e voi parimenti fate quello, che avete imparato appresso al vostro padre. Gli risposero, e dissero: Il Padre nostro è Abramo. Disse loro Gesù: Se siete figliuoli di Abramo, fate le opere di Abramo. Ma adesso cercate di uccider me, uomo, che vi ho detto la verità la quale ho udito da Dio: simil cosa già non fece Abramo. Voi fate quello, che fece il padre vostro. Gli risposero essi pertanto: Noi non siamo di razza di fornicatori: abbiamo un solo padre, Dio. Ma Gesù disse loro: Se Dio fosse il vostro padre, certamente amereste me: imperocchè da Dio sono uscito, e sono venuto; dappoichè non sono venuto da me stesso, ma egli mi ha mandato. Per qual cagione non intendete voi il mio linguaggio? Perché non potete soffrire le mie parole? Voi avete per padre il diavolo, e volete soddisfare ai desideri del padre vostro; quegli fu omicida fin da principio e non perseverò nella verità, conciossiachè verità non è in lui: quando parla con bugia, parla da suo pari; perché egli è bugiardo e padre della bugia. A me poi non credete, perché vi dico la verità. Chi di voi mi convincerà di peccato? Se vi dico la verità, per qual cagione non mi credete? Chi è da Dio, le parole di Dio ascolta. Voi per questo non le ascoltate, perché non siete da Dio. Gli risposero però i Giudei e dissero: Non diciamo noi con ragione, che tu sei un Samaritano e un indemoniato? Rispose Gesù: Io non sono indemoniato: ma onoro il Padre mio, e voi mi avete vituperato. Ma io non prendo pensiero della mia gloria: v’ha chi cura ne prende, e faranne vendetta. In verità, in verità vi dico: chi custodirà i miei insegnamenti non vedrà morte in eterno. Gli dissero pertanto i Giudei: Adesso riconosciamo, che tu sei un indemoniato. Abramo morì e i profeti: e tu dici: Chi custodirà i miei insegnamenti, non gusterà morte in eterno. Sei tu forse da più del padre nostro Abramo, il quale morì? E i Profeti morirono. Chi pretendi tu di essere? Rispose Gesù: Se io glorifico me stesso la mia gloria è un niente: è il Padre mio quello mi glorifica, il quale voi dite che è vostro Dio. Ma non l’avete conosciuto: io sì che lo conosco, e se dicessi, che nol conosco, sarei bugiardo come voi: ma lo conosco, e osservo le sue parole. Abramo il padre vostro sospirò di vedere questo mio giorno, lo vide e ne tripudiò. Gli dissero però i Giudei: Tu non hai ancora cinquant’anni e hai veduto Abramo? Disse loro Gesù: In verità, in verità vi dico: prima che fosse fatto Abramo, io sono. Diedero perciò di piglio a de’ sassi per trarglieli: ma Gesù si nascose, e uscì dal tempio.

S. GIOVANNI, Cap. 8.


Pensieri.

Gesù Cristo promette ai Giudei che gli hanno prestato già una certa fede che saranno suoi seguaci, discepoli — simili a lui, solo titolo di vera grandezza! — se rimarranno alle sue parole!

Via! alle parole, ad un discorso, ad un programma si piega l’orecchio, si china agli argomenti ed alla luce del vero l’intelligenza, ma il rimanere — effetti di libera scelta — in un programma più o meno non è effetto immediato dell’intelligenza, ma ciò fluisce e ci deriva assai più da un atto della volontà. È la volontà che elegge, che sceglie, non la facoltà dell’intelletto.

Eppure Cristo promette la gloria della sua sequela, promette il vantaggio della libertà a chi eleggerà e starà fedele alle sue parole. Ma come? ma perchè?...

Dice ancora che allora — in seguito all’atto buono della loro libera elezione — essi conosceranno quella verità che li farà liberi.

Più ancora a loro che agitano la bandiera onorata del seme purissimo d’Abramo, Cristo non dà peso alcuno, ma subito soggiunse — all’infuori dei titoli della schiatta d’origine — che non ci fa Abramo alcunchè, ma che colui che fa il peccato per questo rimane servo, schiavo del peccato e perde quella libertà che è solo e puro premio della verità, della sua parola, della sua fede, del suo pensiero religioso.

Per questo Gesù promette allora le grazie ed il dono della sua fede non al più intelligente, ma al più buono, alla volontà che più a Dio s’inchina. Allora la fede la troveremo non già nei più saputi, ma nei cuori più docili... allora la fede, meglio Gesù vivente l’avremo [p. 79 modifica] più che nelle dotte disquisizioni dei sapienti, nell’anima semplice, ingenua dei santi, degli umili.... allora ci spieghiamo come rigettata e rifiutata dalle cattedre della scienza superba d’un mondo in contrasto con Dio, come la fede ami e predilige ricoverarsi nei semplici abituri dei poveri, degli indigenti, ami e predilige sedersi regina indisturbata e rispettata nelle case, nelle famiglie tranquille, pie, aliene dal fasto e dal rumor mondano..., come la fede parli forte possente nei cuori caritatevoli... come venga intesa forma delicata pei sofferenti, per gli angosciati... come sollevi chi gema... come conforta chi lotta d’angustia, come sorrida al generoso, come sfugge all’egoismo, alla follia del piacere... come muta si stia là dove — dorato o meno — s’adora il vizio, la carne, l’oro, le passioni più basse e volgari!...

Disse Pascal... «Sgombrate il cuore dalle passioni, troverete la fede!».

Vantano gli Giudei la loro discendenza d’Abramo.

Gesù pare non calcoli molto le ragioni avversarie. Chi ci nobilita, chi ci da il vero titolo di gloria non sono le circostanze esteriori, fortuite: sono invece l’opere nostre; la virtù è il premio dello sforzo e del sacrificio individuale.

Le grandi, secolari tradizioni di fede non contano per quel giovane che tiene una condotta ben in opposizione alle vantate glorie della famiglia. Più che un merito, sono esse per lui un’aggravante, per lui che tanto ha tralignato Nè basta alla bisogna di nostra vita la scienza — anche la più profonda — di religione. Non è un arido sistema filosofico che s’accontenti dell’intelletto, no! essa è un sistema di vita pratica, reale, quotidiana per ciascun individuo, per la società, per tutti i luoghi e tempi. Tanto è vero che nè uomini, nè tempi, nè luoghi mai l’hanno esaurita.

Meno ancora la religione è un complesso di sterili forme esterne, vuote, morte, convenienza più che altro. No! Una tale religione è una bestemmia, è un insulto al Dio che Cristo disse da adorarsi in ispirito e verità!

La vera religione è l’armonia dell’intelletto e del cuore, luce celeste che fra le scorie umane ritrovò l’oro purissimo della virtù; grazia e dolcissima mozione alla volontà che inorridisce ai pascoli della terra per deliziarsi delle margarite celesti: forza che lavora «fortiter et suaviter» la vita di quaggiù per ordinarla ed adattarla alla vita di luce e grazia nel cielo.

B. R.