Il continente misterioso/17. Le prime tracce di Herrera

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17. Le prime tracce di Herrera

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16. Le praterie velenose 18. Prigionieri nel tronco d'un albero

17.

LE PRIME TRACCE DI HERRERA


Il mastro, rimasto miracolosamente illeso per la troppa precipitazione del traditore, il quale aveva scaricato i due colpi di rivoltella a casaccio, e Cardozo, senza badare ai pericoli che potevano attenderli sotto i grandi boschi, si erano precipitati sulle tracce del fuggiasco.

Invano il dottore, che temeva cadessero in qualche imboscata, aveva cercato di trattenerli. I due marinai, furiosi pel tentato assassinio di quel miserabile, che ormai si era interamente svelato con quelle sue ultime parole, l'uno col coltello in pugno, l'altro collo snider che aveva rapidamente caricato, si gettarono sotto la vicina boscaglia vomitando un torrente d'imprecazioni all'indirizzo del traditore.

— Se lo raggiungo, lo faccio a pezzetti! — urlava il mastro, furibondo. — Ah! brutta scimmia!... Tu ci tradivi!... Bel paese!... Anche i servi diventano furfanti!... Corri, Cardozo, che voglio raggiungere quel birbante di Coco!...

— Sta' attento se vedi lo stregone — rispondeva Cardozo. — Bisognerebbe prenderli tutti e due.

— Sì, Cardozo, tutti e due. Canaglia d'uno stregone! Ah!... Tu vuoi vendicarti del mio pugno?... Te ne darò mille, diecimila se riesco a prenderti!...

— Zitto!...

— Cosa vedi?...

— Non odo più Coco a fuggire.

— Si sarà nascosto dietro a qualche albero.

— Bada che non ci scarichi addosso le altre quattro palle della sua rivoltella.

— Aspetta, figliuol mio.

Si sdraiò e appoggiò un orecchio al suolo ascoltando con profonda attenzione.

— Nulla? — chiese Cardozo.

— Non odo più nulla.

— Che si sia nascosto in qualche luogo?

— Lo sospetto, Cardozo.

— O che abbia trovato lo stregone?

— Ma l'hai veduto tu?

— No, ma quel segnale...

— Era proprio un segnale?...

— Sì, Diego, sono certissimo di non essermi ingannato.

— Che quei birbanti cerchino di sorprendere il dottore, che l'abbiamo lasciato solo?

— Mi metti in sospetto, Diego. Ritorniamo prima che il dottore corra qualche grave pericolo. Forse lo stregone ha preparato un agguato ed ha radunato qui dei selvaggi.

— Ritorniamo, figliuol mio. Con questa oscurità sarà difficile raggiungere Coco; lo troveremo più tardi.

La prudenza consigliava la ritirata. Quel bosco poteva celare un agguato preparato dallo stregone e da un istante all'altro poteva piombare sul dray qualche orda di australiani. Se Niro-Warranga aveva aspettato quella notte per immobilizzare il carro avvelenando tutti gli animali e per fare quel colpo che per poco non costava la vita al bravo mastro, aveva dovuto avere i suoi motivi. I due marinai strisciarono senza far rumore, fuori dal bosco e raggiunsero la prateria. Respirarono liberamente, quando scorsero il dottore ritto presso il fuoco dell'accampamento col fucile in mano.

— Cominciavo a temere — disse Diego. — Affrettiamoci, Cardozo.

Attraversarono correndo la prateria e raggiunsero il dottore, che li attendeva in preda ad una viva inquietudine.

— Avete veduto nessuno, signore? — gli chiese il mastro.

— No. — rispose Alvaro. — E voi avete raggiunto Niro-Warranga?

— No, il brigante è scomparso, ma lo ritroveremo, dottore, ve lo giuro.

— Ma quali intenzioni attribuite a quel Coco, dottore? — chiese Cardozo.

— Ho compreso tutto, amici miei, — disse Alvaro — Niro-Warranga si è accordato col kerredais per saccheggiarci. Egli disprezza i nostri viveri e i nostri liquori, ma arde dal desiderio di impadronirsi delle nostre armi, colle quali egli può diventare invincibile.

"Questo selvaggio è diventato ambizioso, dopo il contatto cogli uomini bianchi. Chissà, forse sogna di farsi creare capo della sua tribù e di conquistare le regioni vicine, colla potenza delle nostre armi.

"Sì, amici, ora comprendo tutto. È stato lui che ci ha gettato addosso la tribù dei monti Bagot; è lui che ha cercato di rubare l'otturatore della mitragliatrice, per privarci della nostra maggior difesa; è lui che ha fatto fare dallo stregone i segnali di guerra sugli alberi, per lasciar tempo alla tribù di raggiungerci; fallito quel piano, egli ci ha lasciati venire fino qui per immobilizzarci, avvelenandoci gli animali e sarà qui che egli ci darà battaglia."

— Mille milioni di fulmini! — esclamò il mastro, dandosi un pugno sul capo. — Ed io l'ho lasciato fuggire senza avergli prima stretto quel collo di scimmia!... Chi avrebbe detto che quel brutto pappagallo urlante ci avrebbe menato pel naso per tanto tempo?... Ah! Ma, mio caro Coco, la nostra pelle è più dura di quello che tu credi e avrò sempre una palla per te.

— Ma udiamo, dottore — disse Cardozo. — Da dove viene quel Niro-Warranga?

— Dall'interno del continente. Al pari di tanti altri suoi compatrioti, aveva lasciato la sua tribù per recarsi nelle opulenti città del sud e si era stabilito a Melbourne. Io so che ha preso parte alla spedizione dell'infelice Burke assieme al Comandante Wright e che non aveva dato motivo ad alcun lagno, almeno così mi dissero.

— E voi proprio credete che egli abbia tramato un piano infernale contro di noi?

— I fatti lo dimostrano.

— Che la sua tribù, si trovi presso questo lago?

— Lo sospetto, Cardozo. Lo stregone deve aver avvertito i compatrioti di Niro-Warranga del nostro avvicinarsi, avrà detto a loro che portiamo con noi delle botti di liquori e una grande quantità di viveri e fra poco noi li avremo tutti addosso.

— Saremo pronti a riceverli — disse Diego.

— E se invece abbandonassimo il dray, che ormai per noi è perduto e continuassimo la marcia — disse Cardozo.

— E come troveremo le tracce di Herrera? — chiese il dottore. — Io non abbandonerò questo lago, prima di aver avuto qualche certezza del suo passaggio e della sua direzione.

— Avete ragione, dottore — rispose Cardozo. — Allora fortifichiamo il campo e più tardi cominceremo le ricerche.

— Al lavoro — disse Diego. — Prima di mezzodì, il nostro campo sarà reso inespugnabile.

Senza perdere tempo, si misero tutti e tre febbrilmente al lavoro, temendo di venire assaliti da un momento all'altro. Il dray offriva un buon riparo contro le lancie e i boomerang dei selvaggi, ma essendo basso non poteva impedire una scalata; bisognava, per renderlo inespugnabile, difenderlo da ogni lato con una solida ed alta palizzata.

Diego, che se ne intendeva di barricate e di trincee, armò i suoi compagni di scuri e si diresse verso il bosco che era lontano poche diecine di passi, scegliendo una ventina di giovani alberi, ma dal fusto abbastanza grosso e resistente.

— Tagliamo — disse poi. — Questi basteranno per la nostra trincea.

Si misero tutti e tre ad abbattere quelle piante, maneggiando le scuri con vigore sovrumano. Bastarono due ore per gettare a terra quei vegetali, e privarli dei loro rami.

Terminato quel primo e più difficile lavoro, trascinarono quei pali all'accampamento, li spezzarono a metà e si misero a piantarli attorno al dray, dopo di aver scavato delle profonde buche. Non era necessario che turassero accuratamente le fessure, non possedendo gli australiani armi da fuoco, pure inchiodarono qua e là dei grossi rami, per impedire il passaggio alle lancie. Alle due del pomeriggio, la trincea era terminata. Il dray era interamente circondato da una robusta palizzata alta quattro metri, difficile a scalarsi e facile a difendersi. Fu lasciata una larga apertura sul dinanzi del carro, ma colà fu collocata la mitragliatrice, la quale poteva facilmente sbarazzare il terreno dagli assalitori, per quanto numerosi fossero. Diego però credette opportuno di aprire qua e là alcune strette feritoie per poter sparare in tutte le direzioni e di costruire, sul tronco più alto, una specie di osservatorio per le guardie notturne e poter scoprire per tempo l'avvicinarsi degli australiani.

— Quel furfante di Coco rimarrà sorpreso nel trovarsi dinanzi questo fortino — disse Diego. — Te le darò sul capo, brutta scimmia, le nostre armi!... Ora, dottore, se ci permettete, io e Cardozo faremo una trottata fino sulle rive del lago e cominceremo le nostre ricerche. Al primo segnale di pericolo, scaricherete il vostro fucile e noi torneremo subito.

— Ma siete infaticabili, amici.

— Bah! Siamo abituati, dottore.

— Vi lascio liberi, ma siate prudenti e non allontanatevi troppo, per ora.

— Ve lo promettiamo.

I due marinai presero i loro fucili, si munirono d'una rivoltella e d'una scure, si riempirono le tasche di cartucce e si slanciarono attraverso alla prateria, mentre il dottore saliva sull'osservatorio a fumare un sigaro, ma portando con sé due snider.

I due arditi esploratori, attraversato il bosco, si diressero verso il lago che era lontano poche centinaia di metri e si arrestarono sulle sue sponde fugando, colla loro presenza, innumerevoli bande di bemicle jubate, uccelli acquatici grossi quanto un colombo, dall'aspetto brutto, col collo estremamente magro, e le penne bianche variegate di nero, bande di ardee dalle gambe smisurate e il capo adorno d'un ciuffo, di sule fosche e di cigni neri. Il lago, fin dove giungeva lo sguardo, appariva deserto. Solamente qua e là si scorgevano delle immense distese di canne sopra le quali volteggiavano, schiamazzando, grossi stormi di uccelli acquatici.

Diego e Cardozo guardarono attentamente le rive, sperando di scoprire qualche abitazione o di vedersi alzare qualche colonna di fumo, ma invano. Quelle rive pareva che non fossero state mai abitate da alcun essere umano.

— Se accampasse qualche tribù, si scorgerebbe del fumo in qualche luogo — disse Cardozo. — Io credo che Coco si sia allontanato.

— Hum! — fe' il mastro, dimenando il capo. — Io non credo alla sua lontananza, Cardozo. Forse egli ci spia e faremo bene ad aprire per bene gli occhi, per non ricevere qualche palla nelle costole.

— Dove andiamo, marinaio?

— Seguiremo le sponde. Se il nostro scienziato si è accampato qui, troveremo qualche traccia del suo passaggio.

— E cercheremo di abbattere qualche capo di selvaggina per la cena, marinaio. Qui i kanguri devono essere numerosi e così pure gli struzzi.

Si misero i fucili sotto il braccio per averli a portata della mano e si spinsero verso settentrione costeggiando, a sinistra il lago e a destra un bosco di redgum alti almeno ottanta metri, ma coperti da una rete inestricabile di marras. Avevano percorso circa due chilometri senza nulla incontrare, quando Cardozo si curvò bruscamente, raccogliendo un oggetto.

— Cos'hai trovato, figliuol mio? — chiese il mastro, avvicinandoglisi.

— Un oggetto prezioso, marinaio — rispose il giovanotto con una certa emozione.

— Un sacco d'oro, forse?

— No, una caviglia di ferro.

— Una caviglia!... Qui, in un paese selvaggio!... Oh!... Guarda!...

Il mastro afferrò l'oggetto trovato: era proprio una caviglia di ferro, coperta di ruggine e smussata.

— Questa deve essere uscita dalla ruota di un dray — disse. — Che appartenga al signor Herrera?

— Io lo sospetto, Diego.

— Toh... Cos'è che scorgo fra quelle erbe?

— Una cassa sfondata — rispose Cardozo precipitandosi verso quell'oggetto.

— E questo è il bossolo di una cartuccia — disse il mastro, raccogliendo quel terzo oggetto, che per loro doveva essere di grande importanza.

— Il nostro compatriota è passato adunque per di qua — disse Cardozo.

— Porta nessun nome la cassa?

— Nessuno, Diego. E il bossolo?...

— Aspetta... vedo un nome coperto di ruggine... è impossibile rilevarlo e...

Strofinò vigorosamente il bossolo, prima col palmo calloso della mano, poi con un po' di sabbia e tosto vide apparire delle lettere.

— B. Weddington, Sidney — lesse.

— Sarà la marca del fabbricante — disse Cardozo.

— Lo credo anch'io, ma dal dottore sapremo se il signor Herrera è partito da Sidney o da qualche altra città della costa. Mettiamo in tasca questo bossolo e continuiamo l'esplorazione.

Si rimisero in cammino seguendo sempre le rive del lago e il bosco, cogli orecchi tesi e gli occhi ben aperti, diffidando sempre di Coco che poteva trovarsi ancora nei dintorni e sorprenderli a tradimento, e giunsero sul limite di una piccola prateria dove si fermarono emettendo due grida di sorpresa e di orrore. Colà, proprio nel mezzo, due grandi drays, privi delle ruote, semifracassati, colle tavole schiantate, le ferramenta contorte e in gran parte strappate, giacevano rovesciati e tutto all'intorno si scorgevano scheletri umani in grande numero, casse e barili sventrati, bottiglie spezzate, lancie, scuri di pietra scheggiate, lembi di vesti, bossoli di cartucce e parecchi altri oggetti. Dieci o dodici falchi, che sonnecchiavano fra quei lugubri avanzi, s'involarono mandando strida rauche.

— Ma qui è accaduto un furioso combattimento! — esclamò Cardozo.

— E i difensori dei drays sono stati oppressi dal numero degli assalitori — disse il mastro. — Che questi carri abbiano appartenuto al signor Herrera?...

— Lo sapremo, Cardozo — rispose il mastro.

Si avanzarono in mezzo a quegli scheletri e a quegli oggetti e s'avvicinarono ai due carri.

Pareva che quelle due fortezze avessero sostenuto un terribile assalto, poiché le loro tavole erano irte di punte di lancie e crivellate da colpi di scure. Guardarono sotto e sopra sperando di scoprire qualche nome che rivelasse a loro la provenienza degli uomini bianchi che guidavano i due drays, ma senza alcun frutto. Esaminarono gli oggetti dispersi pel suolo, ma non videro che un nome impresso su di un barile e questo era quello della città di Sidney.

— Chi saranno stati i proprietari di questi carri? — si chiese il mastro, pensieroso. — E quale sorte subirono quei disgraziati? Sono stati tutti uccisi o sono prigionieri. Triste paese!...

— Guarda, marinaio!... — esclamò in quell'istante Cardozo.

— Cosa vedi?...

— La nostra cena che fugge!