Il crepuscolo degli idoli/Coloro che vogliono rendere l'umanità migliore

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Coloro che vogliono rendere l'umanità migliore

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Friedrich Nietzsche - Il crepuscolo degli idoli (1889)
Traduzione dal tedesco di Anonimo (1924)
Coloro che vogliono rendere l'umanità migliore
I quattro grandi errori Ciò che i tedeschi sono in procinto di perdere
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COLORO CHE VOGLIONO RENDERE
L’UMANITÀ MIGLIORE.


1.


Si sa cosa io esigo dal filosofo: di porsi al di là del bene e del male, di porre al disotto di sè l’illusione del giudizio morale. Questa esigenza è il risultato di un esame che io ho formulato per la prima volta: io sono arrivato alla conclusione che non esistono affatto fatti morali. Il giudizio morale ha questo di comune col giudizio religioso, di credere a delle realtà che non esistono. La morale non è che una interpretazione di certi fenomeni, ma una interpretazione falsa. Il giudizio morale appartiene, proprio come il giudizio religioso, ad un grado dell’ignoranza in cui la nozione della realtà, la distinzione tra il reale e l’immaginario, ancora neanche esistono: in modo che, su di un simile grado, la «verità» non fa che designare delle cose che noi oggi chiamiamo «immaginazione». Ecco perchè il giudizio morale non deve mai esser preso alla lettera: come tale sarebbe sempre un controsenso. Ma come semiotica rimane inapprezzabile: rivela, almeno per chi sa, le realtà le più preziose [p. 95 modifica]sulle culture e i genî interiori che non sapevano abbastanza per «comprendersi» essi stessi. La morale non è che il linguaggio dei segni, una sintomatologia: bisogna già sapere di cosa si tratta per poter trarne profitto.


2.


Ecco provvisoriamente un primo esempio. In ogni tempo si è voluto «migliorare» gli uomini: è stato questo, innanzi tutto, che si è chiamato morale. Ma sotto questa stessa parola «morale» si nascondono le tendenze più differenti. L’addomesticamento della bestia umana, proprio altrettanto quanto l’allevamento di una determinata specie di uomini, è un «miglioramento»: questi termini zoologici esprimono soltanto delle realtà, — ma sono queste delle realtà delle quali il miglioratore-tipo, il prete, non sa assolutamente niente, — di cui non vuol saper niente... Chiamare «miglioramento» l’addomesticamento di un animale, è per le nostre orecchie quasi uno scherzo. Chissà cosa avviene nei serragli, ma io dubito molto che la bestia vi venga «migliorata». La s’indebolisce, la si rende meno pericolosa, con il sentimento depressivo del timore, con il dolore e le ferite si rende la bestia malata. Non avviene altrimenti con l’uomo addomesticato che il prete ha reso «migliore». Nei primi tempi del Medioevo, quando la chiesa era innanzitutto un serraglio, si faceva dovunque la caccia ai begli esemplari della «bestia bionda», — si «miglioravano» per [p. 96 modifica]esempio i nobili Germani. Ma quale era dopo ciò l’aspetto di uno di quei Germani reso «migliore» ed attirato in un convento? Egli aveva l’aria di una caricatura dell’uomo, di un aborto: se ne era fatto un «peccatore», era in gabbia, lo si era rinchiuso in mezzo a delle idee fra le più spaventevoli... Rannicchiato, malato, miserabile, egli ora rimproverava sè stesso; era pieno d’odio contro gli istinti della vita, pieno di diffidenza verso tutto ciò che era ancor forte e felice. In una parola, egli era «cristiano»... — Per parlare fisiologicamente: nella lotta con la bestia, rendere malato è forse il solo mezzo d’indebolire. È ciò che ha compreso la Chiesa: essa ha pervertito l’uomo, essa l’ha indebolito, — ma ha rivendicato il vantaggio di averlo reso «migliore».


3.


Prendiamo l’altro caso di ciò che si chiama la morale, il caso dell’allevamento di una certa specie. L’esempio più grandioso è dato dalla morale indiana, dalla «legge di Manu» la quale riceve la sanzione di una religione. Qui si pone il problema di non elevare meno di quattro razze alla volta. Una razza sacerdotale, una razza guerriera, una razza di mercanti e di agricoltori, e infine una razza di servitori, i Sudra. È visibile che qui non siamo più in mezzo a domatori di animali: una specie di uomini cento volte più dolce e più ragionevole è la condizione prima per arrivare a concepire il piano di un simile allevamento. Si [p. 97 modifica]respira più liberamente allorchè si passa dall’atmosfera cristiana, atmosfera da ospedale e da prigione, in quel mondo più sano, più alto e più largo. Come è povero il Nuovo Testamento di fianco a Manu, e che cattivo odore! — Ma questa organizzazione, essa pure, aveva bisogno di essere terribile, questa volta non nella lotta con la bestia, ma con l’idea contraria della bestia, con l’uomo che non si lascia allevare, l’uomo del miscuglio incoerente, lo Ciandala. E ancora essa non ha trovato altro mezzo per disarmarlo e per indebolirlo, che di renderlo malato, — era la lotta con il «più gran numero». Forse non c’è niente che sia così contrario al nostro sentimento, quanto questa misura di sicurezza della morale indiana. Per esempio il terzo editto (Avadana-Sastra I), quello dei «legumi impuri», ordina che la sola nutrizione permessa ai Ciandala sia l’aglio e la cipolla, attesochè la santa scrittura proibisce di dar loro del grano e dei frutti che contengono dei grani, e che essa li priva di acqua e di fuoco. Lo stesso editto dichiara che l’acqua di cui essi hanno bisogno non può essere presa nè dai fiumi nè dalle sorgenti, nè dagli stagni, ma solamente ai bordi dei pantani e delle buche lasciate nel suolo dalle impronte dei piedi degli animali. È pure loro interdetto di lavare la propria biancheria, e di lavarsi essi stessi, perchè l’acqua che è loro concessa per grazia, non può servire che ad estinguere la loro sete. Infine esisteva ancora una proibizione alle donne Sudra, di assistere le donne Ciandala nei dolori del parto, e, per queste ultime, di assistersi mutualmente... Il risultato di una simile polizia sanitaria non doveva mancare di manifestarsi: [p. 98 modifica]epidemie mortali, malattie sessuali spaventevoli, e, come resultato, daccapo la «legge del coltello», ordinante la circoncisione per i fanciulli maschi, e l’ablazione delle piccole labbra per i bambini femmine. — Manu stesso diceva: «I Ciandala sono il frutto dell’adulterio, dell’incesto e del delitto (è questa la necessaria conseguenza dell’idea di allevamento). Essi non devono avere per vestito che gli stracci tolti ai cadaveri, per vasellame dei cocci, per ornamento delle vecchie terraglie, e i cattivi spiriti per oggetti del loro culto; essi devono poi errare da un luogo all’altro, senza riposo. È proibito loro di scrivere da sinistra a destra e di servirsi della mano destra per scrivere, l’uso della mano destra e della scrittura da sinistra a destra essendo riservate alla gente virtuosa, alla gente di razza».


4.


Queste prescrizioni sono assai istruttive: noi vediamo in esse l’umanità ariana assolutamente pura, assolutamente primitiva, — noi vediamo che l’idea di «puro sangue» è il contrario di un’idea inoffensiva. D’altra parte s’intravvede chiaramente in qual popolo essa è diventata religione, è divenuta genio... Considerati da questo punto di vista, gli Evangeli sono un documento di primo ordine, e più ancora il libro di Enoc. Il cristianesimo, nato dalle radici giudaiche, intelligibile solamente come una pianta di quel suolo, rappresenta il movimento di opposizione contro ogni morale di allevamento, della razza e del privilegio: — esso è la [p. 99 modifica]religione antiariana per eccellenza: il cristianesimo, la trasmutazione di tutti i valori ariani, la vittoria delle valutazioni Ciandala, l’evangelo dei poveri e degli umili proclamato, l’insurrezione generale di tutti gli oppressi, dei mancati, dei diseredati, la loro insurrezione contro la «razza», — l’immortale vendetta dei Ciandala diventa religione dell’amore...


5.


La morale dell’allevamento e la morale dell’addomesticamento si valgono assolutamente per i mezzi di cui esse si servono per arrivare ai loro fini: noi possiamo stabilire per prima regola che per fare della morale, bisogna assolutamente avere la volontà del contrario. È questo il grande, l’inquietante problema che ho perseguito più lungamente: la psicologia di coloro che vogliono rendere l’umanità «migliore».

Un piccolo fatto in fondo assai modesto, quello della pia fraus, mi aprì la prima porta verso questo problema: la pia fraus fu l’eredità di tutti i filosofi, di tutti i preti che vollero rendere l’umanità «migliore». Nè Manu, nè Platone, nè Confucio, nè i maestri ebrei e cristiani hanno mai dubitato del loro diritto alla menzogna. Essi non hanno neppure dubitato di altri diritti ancora... Se si volesse esprimersi in formula, si potrebbe dire: tutti i mezzi con i quali fino ad ora l’umanità dovrebbe essere resa più morale erano fondamentalmente immorali.