Il giornalino di Gian Burrasca/7 ottobre

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7 ottobre

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7 ottobre.


Finalmente stamani ho avuto il permesso di alzarmi... Ma era possibile che un ragazzo come me potesse star fermo su una poltrona, con una coperta di lana sulle gambe? C’era da morire di noia; così mentre Caterina era andata giù un momento a prendermi un bicchiere di acqua inzuccherata, lesto lesto, butto via ogni cosa, e me ne vo in camera di Luisa a guardare tutte quelle fotografie che tiene dentro la cassetta della sua scrivania. Le mie sorelle erano in salotto con un’amica, la signorina Rossi. Caterina, appena tornata col bicchiere e lo zucchero, mi cerca dappertutto, inutilmente... Sfido!... Mi ero nascosto dentro l’armadio...

Che risate matte ho fatto, con quei ritratti!... Su uno c’era scritto: Un vero imbecille!... Su un altro: Oh, carino davvero!... Su un altro: Mi ha chiesto, ma... fossi minchiona! E in altri: Simpaticone!!!... oppure: Che bocca!... In uno poi c’era scritto: Ritratto di un ciuco!...

In tutti c’era una frase di questo genere. Io mi sono impossessato di circa una dozzina di fotografie delle persone che conosco, per fare qualche burletta innocente, appena uscirò di casa; poi ho richiuso per benino la cassetta, in modo che Luisa non si accorgerà di nulla...

Ma io non avevo voglia di ritornare nella mia stanzaccia tutta sporca e in disordine; non avevo voglia di annoiarmi. «Se mi mascherassi da donna?» ho pensato a un tratto.

Ho trovato un busto vecchio di Ada, una sottana bianca inamidata con lo strascico, ho preso dall’armadio il vestito di batista color di rosa di Luisa a tramezzi di trina, e ho cominciato a vestirmi. La gonnella era un po’ stretta alla vita e ho dovuto appuntarla con gli spilli. Mi sono bene unto le gote con una pomata color di rosa di un vasettino, e mi sono guardato allo specchio... Misericordia!... non ero più io... Che bella signorina ero diventato!...

- Che invidia, che invidia, avranno di me le mie sorelle! - ho esclamato, al colmo della contentezza.

E così dicendo, ero arrivato in fondo alle scale proprio quando la signorina Rossi stava per andarsene. Che chiasso!

- Il mio vestito di batista rosa! - ha urlato Luisa, facendosi smorta in viso dalla stizza.

La signorina Bice mi ha preso per un braccio rivolgendomi alla luce, e: - Come mai ti sono venute quelle belle gote rosse, eh, Giannino? - mi ha detto in aria di canzonatura.

Luisa mi ha fatto cenno che non parlassi; ma io, facendo finta di non vederla, ho risposto: - Ho trovato una pomata in una cassetta... - E quella signorina ha cominciato a ridere in un modo così malizioso, che non so quello che le avrei fatto.

Mia sorella, dopo, ha detto che Bice Rossi è una pettegola, che non le parrà vero di andare a raccontare a tutti che mia sorella si tinge la faccia: e questo poi non è vero, e io lo potrei giurare, perché quella pasta serve a colorire i fiori di seta che Luisa sa fare tanto bene per guarnire i cappelli.

Stavo per ritornare in camera alla svelta, allorché mi sono fermato davanti a Luisa e, guardandola fissa, le ho strappato una gala in fondo al vestito. Non l’avessi mai fatto!... È diventata una furia, e mi ha dato uno schiaffo... «Ah, signorina!...» ho detto fra me e me. «Se sapesse che le ho preso i ritratti!».

Le sorelle credono che le gote dei ragazzi sieno fatte apposta per essere schiaffeggiate... Se sapessero, invece, i pensieri tetri e disperati che ci vengono in mente quando fanno così!... Sono stato zitto, ma... a domani.