Io per soverchia età piedi ho mal pronti

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Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Letteratura Intestazione 4 luglio 2023 75% Da definire

Melpomene, di fior sparsa le gote (1834) Poichè gli abissi di pregar fu lasso
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni eroiche di Gabriello Chiabrera


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LXIII


PER CINZIO VENANZIO DA CAGLI

Vincitore ne’ giuochi del pallone celebrati in
Firenze l’estate dell’anno 1619.

Io per soverchia età piedi ho mal pronti
     Sull’Alpe a far cammino:
     Tu muovi, Euterpe, e d’Apennin su’monti
     Ritrova il vago Urbino,
     5Ed ivi narra, come
     Un bramoso d’onor germe di Cagli
     In bel teatro di gentil travagli
     S’inghirlandò le chiome;
     E fe’ sull’Arno rimaner pentita
     10Ogni possanza a contrastarlo ardita.
Altri usci di Venezia, altero albergo
     Dell’aurea libertade;
     Altri per qui venir lasciossi a tergo
     Milan dall’ampie strade.
     15Ebbe il desire istesso
     Nobile gioventù d’Osmo e d’Ancona.
     E ne mandasti tu cara Verona,
     Di Marte e di Permesso,
     E con sembiante a rimirar sereno
     20Firenze mia ben gli raccolse in seno.
Gente quadrata, e che nervoso il braccio,
     I piè quasi ha di piume,
     E se corre Aquilon, padre del ghiaccio,
     Sprezzarlo ha per costume:
     25Ma se dall’alto rugge
     11 Leon di Nemea ne’ caldi mesi
     Va per le piagge aperte, e i lampi accesi
     Fra selve ella non fugge;
     E pure di valor Cintio la vinse,
     30E dell’Acero illustre il crin si cinse,
Deh che fa rimirarlo arso la pelle,
     E dimagrato il busto
     Portar sul campo le vestigia snelle, Vir
     Indomito, robusto?
     35E nel fervor del giorno
     Dar legge al volo delle grosse palle,
     E tutto rimbombar l’aereo calle
     Alle percosse intorno;
     Qual se Giove talor fulmini avventa,
     40E squarcia i nembi, e i peccator sgomenta.
Qual uomo i vezzi di Ciprigna ha cari,
     Tratti dadi malvagi;
     Ma chi diletto ha ne’ guerrieri affanni
     Non paventi i disagi:
     45Costui con aspro legno
     Rivesta il braccio, e di sudor trabocchi,
     E del popolo folto a’ cupid’occhi
     Divenga altero segno,
     Se rinforzando negli assalti duri,
     50E minaccia di febbre egli non curi.
Cintio, sentier di desiata gloria
     Ha passi gravi e forti:
     Ma pena di virtù, siati in memoria,
     Non è senza conforti;
     55E tu se ’l corpo lasso
     Lavar desii, e rinfrescar le vene,
     Non ricercar quaggiù fonti terrene,
     Figlie d’alpestre sasso;
     Che a ristorar delle fatiche oneste
     60Altrui versi di Pindo acqua celeste.
Deh che promisi? In sal formar gli accenti
     Quasi cangiò sembianti,
     Che darli alla bilancia delle genti,
     È risco a’ nuovi canti;
     65Ma sia vano il sospetto,
     In sulla cetra vo’seguir mio stile,
     Esser cosa non può, salvo gentile,
     Ove Cosmo ha diletto:
     Invidia taci, e le rie labbra serra:
     70Il re dell’Arno in suo piacer non erra.